C'è chi nasce cicala e chi formica... NO all'abolizione del valore legale del titolo di studio!
Mercoledì 25 Gennaio 2012 01:02 collettivo autorganizzato universitario orientale napoli .
"C’era una volta un paese in cui viveano una cicala e una formica.
La formica era solerte e lavoratrice e la cicala no, le piaceva cantare e dormire mentre la formica lavorava alacremente. Passò il tempo e la formica lavorò e lavorò tutta l’estate… risparmiò quanto potè e quando arrivò l’inverno, la cicala moriva di fame e di freddo, mentre la formica aveva di tutto…
Che figlia di puttana la formica!
La cicala bussò alla porta della formica che le disse 'cicaletta cicaletta, se tu avessi lavorato come me ora non patiresti fame e freddo' e non le aprì la porta…
Chi ha scritto questa storia?! Perchè guarda che le cose non stanno così: la formica è una gran figlia di puttana e una speculatrice! E quello che qui nn dicono è perchè c’è chi nasce cicala e chi formica! Perchè se nasci cicala sei fottuto e qui non lo dicono..capito? Non lo dicono.."
(Qui lo spezzone tratto da I lunedì al sole di Fernando León de Aranoa)
Nella cosiddetta fase due che il Governo Monti sta cercando di attuare è prevista una serie di provvedimenti economici, fra cui le liberalizzazioni, che colpiscono vari settori della società. L'università non è stata esclusa da questo processo di adeguamento agli standard economici e sociali europei. È prevista per venerdì, infatti, la discussione al Consiglio dei Ministri di una proposta per un diverso criterio di accreditamento degli atenei italiani. I punti di questa proposta sono tre: la caduta del vincolo di laurea per i concorsi pubblici, l'annullamento del voto di laurea come criterio di valutazione e il diverso accreditamento delle singole università italiane. È proprio su questo punto che ci vogliamo soffermare.
Il suo significato può essere chiarito dalla dichiarazione di Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli (Istituto privato fondato dalla FIAT e dall'Istituto Finanziario Industriale): “non tutti gli atenei sono uguali. Lo sappiamo benissimo. Di conseguenza non tutti i voti conseguiti sono uguali”. Si accentua, così, il processo di classificazione degli atenei di serie A e di serie B, cominciato dalle riforme del mondo dell’istruzione degli ultimi anni, uno degli strumenti di cui il cosiddetto “Processo di Bologna” si è dotato per fare del polo europeo un polo più competitivo sulla scena internazionale. Va vista in quest’ottica la politica di creazione di veri e propri “poli d’eccellenza”, a cui si assegnano i fondi ministeriali più sostanziosi perché considerati maggiormente produttivi. Nel luglio 2009 fu stilata, a cura del Ministero dell’Istruzione allora guidato da Gelmini, una classifica degli atenei virtuosi, che risultavano essere situati perlopiù al nord Italia. Non ci sorprende che la classifica fu usata come criterio per l’assegnazione di fondi pubblici.
Tutto questo in cosa si traduce?
Sicuramente il primo problema riguarda l’accesso all’Università. Gli studenti che provengono dalle classi subalterne, infatti, non solo difficilmente potranno accedere alle università “virtuose”, inaccessibili per le tasse elevatissime e dove i servizi per garantire il diritto allo studio – borse, mense, alloggi studenteschi – sono molto esigui; si attua di fatto una feroce selezione di classe per cui non solo incrementano gli iscritti alle cosiddette “università-parcheggio”, (peggiorando ulteriormente il servizio visto che all’aumentare degli iscritti probabilmente i fondi rimarranno invariati), e potrebbe aumentare anche il numero di giovani che non si iscrivono affatto all'università, ma aumenta anche il divario sociale condannando i laureati degli atenei di serie B a svolgere lavori dequalificati e poco inerenti al proprio percorso di studi. In questo modo, già dalla scelta (forzata) dell’Università a cui iscriversi, è possibile stabilire chi formerà la futura classe dirigente – chi ha un’estrazione sociale più elevata ed una famiglia in grado di mandare i figli alla Bocconi o alla LUISS – e chi invece formerà la massa di lavoratori dequalificati, malpagati e sfruttati da quella stessa classe dirigente che si è formata nelle aule dei poli d’eccellenza e d’élite. È introdotta, però, anche una selezione in uscita dall'università e in entrata nel mercato del lavoro, da cui si è quasi immediatamente esclusi se non si è in possesso di un titolo di studio rilasciato da un’università considerata “meritevole”, seguendo i criteri dell'ANVUR, l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca.
Anche questo tassello si inserisce nelle innumerevoli riforme che stanno interessando l’Italia in queste settimane, da quelle del sistema pensionistico agli attacchi al mondo del lavoro, che stanno creando un sistema in cui riesce a sopravvivere non chi è il più bravo, il self-made man (come loro vogliono farci credere parlando di “meritocrazia”), ma chi ha più possibilità economiche e chi è disposto ad abbassare la testa contro i soprusi e lo sfruttamento.
Il nostro futuro non è carta straccia!
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