Anan ha rilasciato una lunga e articolata dichiarazione spontanea pronunciando un j’accuse nei confronti del carattere squisitamente politico dell’indagine. In particolare, ha raccontato la condizione di oppressione e violenza subita dal popolo palestinese sottoposto al giogo militare israeliano nell’indifferenza della comunità internazionale. Ha raccontato la sua storia di giovane palestinese, l’uccisione della sua fidanzata ad opera dell’esercito israeliano mentre andavano a scuola, le mani sporche del sangue della ragazza, il tentato omicidio di cui è stato vittima nel 2006 ad opera di soldati israeliani, gli 11 colpi di arma da fuoco da cui è stato raggiunto, l’orrore provato dalla madre alla vista del suo ferimento e del conseguente ictus da cui la stessa fu raggiunta perdendo per sempre le capacità cognitive, i suoi amici uccisi dall’esercito.
Ha affermato di rifiutare lo stigma del terrorista per sé e per il suo popolo, ha ricordato che tutti i popoli hanno diritto a lottare per la loro libertà contro l’esercito invasore, ha paragonato la lotta palestinese a quella dell’Italia durante la resistenza, e ha sottolineato che, piuttosto, nessun Paese occidentale ha mai tentennato nel sostenere l’Ucraina, che fino ad oggi è anche stata armata dello stesso occidente. Ha ricordato l’orrore della guerra di Gaza e i 30 mila morti palestinesi di cui oltre due terzi donne e bambini, e retoricamente chiesto chi sono i terroristi.
Ha ricordato inoltre che la lotta per la Palestina si gioca nei territori occupati e non altrove, riferendosi con ciò agli articoli di giornali che paventavano il pericolo di atti di violenza in Italia. Ha concluso dicendo di volere soltanto la pace e la libertà per il proprio popolo.
Comitato per la liberazione di Anan Yaeesh
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