Israele aiuta l'Ucraina dietro le quinte
Secondo il Wall Street Journal, dietro agli attacchi all'Iran ci sarebbe Israele. Teheran, a livello ufficiale, non attribuisce la responsabilità allo Stato ebraico. In Siria droni israeliani contro convoglio d'armi delle milizie del regime ad alBukamal
L'attacco a Isfahan è avvenuto meno di una settimana dopo un'importante esercitazione militare USA-Israele nella prospettiva dello scontro contro Teheran.
Secondo agenzia Nova i raid sono avvenuti in sei diverse città iraniane e più volte è entrata in funzione la contraerea iraniana. L’ISW riferisce che esplosioni sono state sentite a Karaj, nella provincia di Alborz; Dezfoul, provincia del Khuzestan; e Hamedan City, provincia di Hamedan, nelle ore successive all’attacco dei droni.
Inoltre "Iran e Israele sono impegnati da anni in una guerra ombra su terra, mare, aria e nel cyberspazio con Israele che ha effettuato attacchi contro strutture militari e nucleari iraniane, ha compiuto omicidi mirati con robot telecomandati, colpendo scienziati e persino un alto funzionario militare, il colonnello
Savad Khodayee, a capo di un’unità segreta delle Guardie Rivoluzionarie. Oltre a lui, due colonnelli sono rimasti uccisi in incidenti. È quella che Naftali Bennett, primo ministro “a rotazione” fino al luglio 2022, aveva definito “la dottrina del polpo”: colpire non più i «tentacoli» del regime iraniano nella regione ma «andare dritti alla testa». Una strategia che l’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, tornato in carica da appena un mese, potrebbe non voler abbandonare" (da eastjournal).amwaj.media: Tuttavia, parlando a condizione di anonimato, una fonte politica di alto rango nella capitale iraniana ha indicato ad Amwaj.media che l'Ucraina è stata citata tra i potenziali colpevoli. Facendo eco a questa linea, l'affiliata mediatica del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale iraniana (SNSC) ha avvertito di "pesanti conseguenze" a meno che il governo ucraino non prenda le distanze dall'attacco. Nel frattempo, altri sostengono che anche l'Azerbaigian, la cui ambasciata a Teheran è stata recentemente chiusa a causa delle crescenti tensioni, possa aver svolto un ruolo al fianco di Israele.
Fonti con "conoscenza diretta dell'attacco" del 29 gennaio hanno detto a un corrispondente israeliano dell'outlet statunitense Axios che l'attacco è stato "specifico, chirurgico e di successo", sostenendo che "4 diverse aree dell'edificio sono state accuratamente prese di mira e l'obiettivo è stato raggiunto”.
Poche ore prima degli attacchi in Iran, l'ambasciatore di Israele a Berlino ha rilasciato questa interessante intervista in cui diceva, fra le altre cose:"Abbiamo i russi in Siria. Come sapete, l'esercito israeliano blocca regolarmente le spedizioni di armi dall'Iran alla Siria e al Libano. Questi includono droni e missili iraniani che la Russia sta usando in Ucraina. Quindi aiutiamo, anche se dietro le quinte e molto più di quanto si sappia. Abbiamo anche una grande comunità ebraica in Russia. Questi sono i due motivi principali per cui manteniamo un profilo basso".
eastwest 30 Gennaio 2023
Secondo fonti della stampa statunitense, l’attacco di tre droni ad una struttura militare di Isfahan avvenuto nei giorni scorsi è opera di Israele. Il Ministero della Difesa di Teheran riferisce che i danni causati sono stati limitati.
Non è la prima volta che Israele colpisce strutture militari della Repubblica Islamica, ma le tempistiche dell’attacco, con droni, avvenuto nei giorni scorsi lascia intendere un chiaro messaggio rivolto da Tel Aviv a Teheran sull’approccio che lo Stato Ebraico intende perseguire nei confronti del Paese sciita, evidentemente appoggiato dal suo più stretto alleato, gli Stati Uniti. È il Wall Street Journal a sostenere con certezza che dietro l’operazione rivolta ad un centro dell’esercito di Isfahan c’è la mano israeliana: con almeno 3 droni, di cui uno capace di arrivare all’obiettivo, è stato raggiunto un edificio che, per alcuni analisti, è un deposito di armi, per altri un laboratorio o un sito logistico militare.
Nella giornata odierna inizia il viaggio del Segretario Antony Blinken in Medio Oriente, dove incontrerà gli esponenti governativi di Israele, Palestina ed Egitto. Una missione a dir poco incandescente, con Tel Aviv attiva militarmente non solo in Iran ma anche in Cisgiordania, dove la tensione è alle stelle. È la prima visita del Segretario di Stato da quando l’esecutivo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu si è insediato, con Washington incapace di controllare le mosse dell’alleato israeliano, libero di operare nel contesto internazionale. La vicinanza mai negata, né raffreddata, alla Russia di Vladimir Putin si legge nel mancato invio di rifornimenti militari all’Ucraina, che ha permesso all’esercito israeliano di proseguire indisturbato con gli strike in territorio sovrano della Siria (supportata da Mosca), dove gli obiettivi sono le presenze militari iraniane.
Sono, appunto, molteplici gli intrecci legati alle sorti mediorientali, riguardando una fetta importante degli equilibri internazionali. Se si aprisse un fronte più ampio di guerra aperta, questo trascinerebbe la comunità internazionale negli inferi di un confronto militare dagli esiti inaspettati, che coinvolge anche in questo caso potenze con armi nucleari. La diplomazia sembra intorpidita in questa fase di azioni militare e violenze sui civili, con l’Unione Europea che si dice pronta a inserire le Guardie della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche nonostante il pericolo politico che questa scelta causerebbe, ovvero la fine definitiva delle trattative per il ripristino del JCPoA, l’accordo sul nucleare iraniano.
Eppure, sarebbero giunte aperture in tal senso dagli Stati Uniti, con la mediazione del Qatar. Infatti, il Ministro degli Esteri Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, in visita a Teheran, nella giornata di ieri avrebbe consegnato al Governo iraniano un messaggio di Washington. “Faremo tutto ciò che è possibile affinché si giunga ad un accordo tra l’Iran e l’Occidente, fondamentale per la stabilità regionale”, ha detto Al-Thani. Sul fronte saudita, il Ministro degli Esteri Faisal bin Farhan Al Saud si recherà nelle prossime settimane a Baghdad, ancora broker per la pace tra Riad e Teheran, proprio per incontrare il collega iraniano Hossein Amirabdollahian.
Dopo 5 round negoziali con l’obiettivo di ripristinare le piene relazioni tra i due Paesi, le parti hanno convenuto per nuovi incontri. Risulta sempre complicato interpretare le mosse dei singoli attori, regionali e non, coinvolti nella stabilità del Vicino e Medio Oriente: dalla presenza iraniana nelle nazioni confinanti con Israele all’ambiguità dell’Arabia Saudita nel rapporto con Tel Aviv, passando per il ruolo di Stati Uniti e Russia, è in ballo la stabilità delle relazioni internazionali che, a quanto pare, poggia ancora su una regione strategica a livello geopolitico.
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