L’articolo si aggiunge ad altre analisi utilizzanti argomentazioni scientifiche e materialiste volte a indagare le cause dell’apparizione dell’attuale virus Covid-19 dimostrando che non siamo davanti a nessun complotto e che l’attuale crisi non cade dal cielo bensì affonda le proprie radici nell’attuale sistema e modo di produzione capitalistico.
Nel suo svolgimento lo scritto mette anche in luce alcune contraddizioni interne alla principale potenza imperialista mondiale, gli USA, e in particolare del suo sistema sanitario che ad esempio, sviluppandosi in maniera diseguale tra le diverse regioni e Stati federati ha dato vita ad una concorrenza interna/nazionale tra ospedali palesandosi con maggiore evidenza nell’attuale crisi:
“Negli USA il picco della pandemia dovrebbe arrivare a maggio, ma già adesso gli operatori sanitari e i pazienti sono in corsa per l’accaparramento dei dispositivi di protezione individuale. Gli infermieri, ai quali i Centri per il Controllo e la Protezione dalle Malattie (CDC) hanno spaventosamente raccomandato di usare bandane e sciarpe come alternativa alle mascherine, hanno già dichiarato che ‘il sistema è condannato al collasso.”
Inoltre, continua l’articolo:
“Nel frattempo, l’amministrazione USA continua a rifiutarsi di acquistare gli equipaggiamenti medici per gli Stati, lasciando un totale vuoto nel sistema di controllo centrale della pandemia. Di contro, Trump ha però annunciato un maggiore controllo alle frontiere come misura di salute pubblica mentre il virus infuria all’interno del paese.”
Come interpretare tali scelte politiche dell’amministrazione Trump?
Sotto il velo ideologico moderno fascista vi è una condizione strutturale del capitale legata a ciò che una società (la sua classe dominante) reputa più o meno essenziale. La società americana dominata dal sistema capitalista, così come in tutti i paesi del mondo, venendosi
a trovare nel mezzo di questa crisi cerca di limitare i danni dal proprio punto di vista (salvaguardia del profitto) ed evidentemente l’acquisto di stock necessario di equipaggiamenti medici per rifornire sufficientemente tutti gli ospedali del paese entra in contraddizione con questo principio. Al contrario, in una fase di crisi, la classe dominante eleva ancor più a criterio fondamentale quello della “sicurezza” per auto conservarsi.
In questo contesto nella specifica società americana, secondo il V emendamento, è la società civile che prevede alla propria sicurezza e non lo Stato federale (da qui la corsa agli armamenti di individui e famiglia in un contesto percepito come “pericoloso) allo stesso tempo però, gli USA di Trump hanno relativamente aumentato l’interventismo dello Stato sia in economia (guerra dei dazi) che nel senso securitario/razzista/xenofobo/anti migranti (chiusura delle frontiere).
Più avanti Wallace entra in critica sia con gli studi dell’Imperial College (che ha proposto una ferrea quarantena ma “a singhiozzo”, alternata da periodi di aperture in base alla capacità ricettiva del sistema sanitario e per venire incontro “all’economia”, cioè all’interesse di estrazione di plusvalore dei padroni) che con quelli del team di Nassim Talib (che è più per un blocco totale radicale alla cinese) riportando invece la discussione sulle cause strutturali della pandemia; l’articolo prosegue prospettando alcuni tipi di intervento:
“Dobbiamo nazionalizzare gli ospedali come ha fatto la Spagna in risposta all’esplosione del virus.
Dobbiamo potenziare i test come ha fatto il Senegal.
Dobbiamo socializzare i prodotti farmaceutici.
Dobbiamo applicare le massime protezioni per il personale medico per rallentare che il personale si ammali.
Dobbiamo garantire il diritto alla riparazione di ventilatori e altri macchinari medici.
Dobbiamo iniziare a produrre in serie cocktail di antivirali e qualsiasi altro farmaco che appaia promettente, mentre conduciamo test clinici.
Un sistema di pianificazione dovrebbe essere implementato per (1) forzare le aziende a produrre i ventilatori necessari e le attrezzature di protezione personale richieste dagli operatori sanitari e (2) dare priorità all’assegnazione dei beni necessari li dove ce n’è più bisogno.
Dobbiamo stabilire un massiccio piano di intervento e di manodopera sanitaria pronta a rispondere all’impatto del virus. Fare in modo che il carico di lavoro, e la disponibilità di attrezzature e letti necessari sia adeguato alle necessità.
Dobbiamo assumere abbastanza persone per identificare COVID-19 casa per casa in questo momento e dotare i malati delle attrezzature di protezione necessarie, come le mascherine. E dobbiamo attuare una politica di esproprio, per fare in modo che tutte le persone possano sopravvivere nel modo adeguato.
Fino a quando un tale programma non verrà attuato, la popolazione sarà in pericolo”
Tali parole d’ordine vanno bene per una piattaforma rivendicativa immediata/tattica ma se non sono al servizio di una strategia più ampia rivoluzionaria, organizzare il proletariato e in particolare la classe operaia per la costruzione dei tre strumenti della Rivoluzione (Partito, Fronte Unito e Forza Combattente) scadrebbero inevitabilmente nel riformismo/massimalismo/lotta movimentista.
Subito dopo infatti l’articolo afferma:
“Anche se lo Stato deve essere richiamato alle sue responsabilità, le persone comuni dovrebbero unirsi ai gruppi di mutuo soccorso e alle brigate di quartiere.”
Gli autori sembrano quindi fiutare il pericolo sottolineando l’importanza della mobilitazione dal basso anche se lo fanno in forme troppo vaghe sia per quanto riguarda la soggettività agente (“le persone comuni”, scompaiono le classi, pericolo di interclassismo ed egemonia della piccola borghesia) sia in merito alle modalità indicate prettamente “sindacali” (usiamo qui questo termine in senso largo, loose).
Ritornando però all’analisi del fenomeno, l’articolo insiste sul fatto che non basta ricercare i focolai nelle aree ultra sfruttate dal capitale (Cina, India, Indonesia, Africa e America Latina), ciò oltre che a indurre a strumentalizzazioni razziste, non comprende che è invece necessario cogliere il processo nel suo sviluppo dinamico e rintracciare le “reti del capitale” (vengono citate Hong Kong, Londra, New York, a cui potremmo aggiungere Bergamo/Milano ecc.)
L’articolo sottolinea quanto siano importanti le relazioni tra il tempo e lo spazio: il modo di produzione capitalistico contemporaneo ha dato vita a “Città/campagne “meticce” (paesaggi di nuova urbanizzazione, secondo alcuni di questi autori) o che potremmo chiamare “zone intermedie di sviluppo” con caratteristiche a cavallo tra quelle dei centri di produzione urbani e quelle degli spazi agricoli da cui si ricavano le materie prime. Ormai il mondo è pieno di questi “interstizi produttivi” città/campagne che si frappongono tra le città in senso stretto e la campagna in senso stretto (che come tale non esiste praticamente più), a ciò si deve aggiungere la velocità con cui avvengono gli scambi nel sistema economico mondiale con gli attuali mezzi di trasporto delle merci. Per inciso una conseguenza di ciò è anche la mutata struttura nei Paesi oppressi dall’imperialismo con una crescita esponenziale della classe operaia.
Dopo che gli autori con molti più dettagli scientifici spiegano tale andamentoe propongono una sintesi del loro modello:
“La nostra teoria generale riguardante la comparsa di emergenze sanitarie, Cina compresa, combina:
circuiti globali di capitale;
diffusione del suddetto capitale che distrugge la complessità ambientale regionale e che mantiene la crescita virulenta dei patogeni;
il conseguente aumento delle aliquote e la larghezza tassonomica di eventi di fuoriuscita;
l’espansione dei circuiti periurbani delle materie prime e il relativo trasporto di questi nuovi agenti patogeni nel bestiame e nel lavoro, dall’entroterra più profondo alle città;
i viaggi globali in crescita (e il commercio di bestiame): reti che trasportano gli agenti patogeni da dette città al resto del mondo in tempi record;
i modi in cui queste reti abbassano le difficoltà di trasmissione, selezionando per l’evoluzione di un agente patogeno dalla maggiore letalità sia nel bestiame sia nelle persone;
la scarsità di riproduzione in loco nel bestiame industriale, eliminando la selezione naturale come un servizio ecosistemico che fornisce in tempo reale la protezione delle malattie.”
Potremmo riassumere con una semplice formula il fatto che l’attuale modo di sfruttamento predatorio imperialista delle risorse ed il suo attuale modo di produzione ha funto da detonatore per la nascita e diffusione dell’epidemia: (monocoltura+ allevamento intensivo+ deforestazione) x velocità scambi economici = detonatore virale.
Infine gli autori spiegano che la crisi pandemica nasca dal rapporto specifico tra capitale (sistema di produzione sociale attuale) e natura:
“la causa del COVID-19 e di altri agenti patogeni non si trova solo nell’oggetto di un agente infettivo o nel suo andamento clinico, ma anche nel campo delle relazioni ecosistemiche che il capitale e altre cause strutturali hanno sfruttato a proprio vantaggio.” Qui è necessario rimandare a l’AntiDhuring di Engels, e concludono:
“Tuttavia, l’economicismo, la convinzione che tutte le cause siano solo economiche, non sarà sufficiente per la liberazione. Il capitalismo globale è un’idra a più teste, che appropria, interiorizza e ordina molteplici strati della relazione sociale. Il capitalismo opera su terreni complessi e interconnessi di razza, classe e genere nel corso della realizzazione di regimi di valore regionale da luogo in luogo. […] Lungo la strada, dobbiamo uscire dalle espansive riappropriazioni del capitale attraverso materialismi produttivi, sociali e simbolici”.
Enunciare tale complessità è un’indicazione utile per come organizzare una parte della lotta globale al servizio della rivoluzione proletaria e dei suoi tre strumenti, ciò che gli autori chiamano “materialismi produttivi, sociali e simbolici” dovrebbero essere la bussola che guidi l’azione del Partito.
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