sabato 5 ottobre 2019

pc 5 ottobre - DI MAIO COME SALVINI - DOPO IL FUMO DEL "CAMBIO PASSO" DEL PATTO DI MALTA, LA REALTA'

Di Maio: "Non credo che la soluzione sia dire 'accogliamoli tutti' - "La soluzione è il blocco delle partenze" - "se arrivano i barchini sulle nostre coste, noi velocemente ve li rimandiamo indietro"Nuovo decreto ministeriale per il rimpatrio entro 4 mesi dei migranti - I Decreti sicurezza non si toccano! 
E questa sarebbe la cosiddetta svolta anti salviniana...? Ma solo nel senso che Di Maio, e gli altri Ministri (dell'Interno e Giustizia), si sostituiscono a Salvini e sulle espulsioni dei migranti fanno anche più rapidamente; neanche Salvini era ancora riuscito a fare un simile decreto. 
I paesi "sicuri" a cui rimandare indietro i migranti sono, a parte la Libia, quelli indicati dal precedente governo - in primis la Tunisia - e che sono "sicuri" solo di morte, carcere, repressione per i migranti che ritornano.
Ma, per i capitali e il governo Conte sono soprattutto i paesi con cui vi sono o si devono fare accordi commerciali e si fanno affari.
I giornali, in primis la cosiddetta "sinistra" nei mass media si erano entusiasmati per l'accordo di Malta che avrebbe dato diritti a tutti i migranti, anche a quelli "economici". Ma la realtà è più forte delle comode illusioni... 

Questo blog aveva subito analizzato e denunciato il "patto di Malta", come niente affatto in controtendenza alla linea fascio-razzista del precedente governo Conte. 
OGGI RIPORTIAMO QUEL DOCUMENTO
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La stampa borghese, con esclusione di quella al carro di Salvini e del centro destra, amplifica e sostiene il “patto di Malta”, le misure decise a livello europeo sui migranti. Ma presenta queste misure come innovative per dare un’immagine dei risultati del governo che non corrispondono affatto alla verità delle cose e meno che mai a una nuova politica dell’accoglienza, dell’asilo, della libertà di circolazione dei migranti.

Il governo per bocca di Conte e Di Maio come socio di maggioranza amplifica i risultati di questo accordo che nella sostanza prosegue lungo le linee dei precedenti governi, quelli imperniati su Minniti e quelli imperniati su Salvini.

Vediamo però innanzitutto senza pregiudizi cosa prevede l’accordo, poi commentiamo le parole dette da Conte.
Innanzitutto la premessa, in esso si scrive: “questo meccanismo temporaneo non dovrebbe aprire nuovi percorsi irregolari verso le coste europee e deve evitare la creazione di nuovi fattori di attrazione”. Detto in parole semplici, viene ribadito il contrasto a quelli che vengono definiti “percorsi regolari” che poi vuol dire la totalità dei migranti che arrivano alle coste italiane e in generale in Europa; cosicché si vuole evitare assolutamente misure di alleggerimento possano significare un incentivo all’arrivo dei migranti. Questo, come si vedrà, vuol dire un irrigidimento di tutti i fattori di respingimento dissuasivo sia nelle coste libiche sia in tutto il tragitto delle navi.

Da questo discende uno stemperamento delle novità che il patto contiene, prima tra tutte quella che le
navi che effettuano operazioni di soccorso avranno assegnato in tempi rapidi un porto sicuro e viene stabilito che non restano nel paese del primo approdo ma verranno redistribuiti negli altri stati membri che aderiranno all’accordo. Come si è visto in epoca Salvini, una distribuzione volontaria è dettata solo da un’emergenza umanitaria conclamata, come quella dei giorni di Salvini e giù in quella occasione stabilire il meccanismo di redistribuzione è risultato complicato e difficile e ha prodotto la permanenza in mare delle navi e dei risultati nettamente inferiori al quadro generale dei paesi europei.

Ora in realtà si parte da una base ancora peggiore, perché questa bozza d’accordo è solo firmata da Francia, Germania, Malta, Finlandia, Italia; e tutti dicono che una bozza che dovrà passare al vaglio della riunione generale del Consiglio degli Affari interni prevista l’8 ottobre a Lussemburgo. Riunione che innanzitutto non farà passare questo accordo se non con ulteriori emendamenti peggiorativi. Accordo comunque temporaneo, di durata di 6 mesi. E quindi continuamente messo in discussione, rivisto, in un quadro di paesi che tuttora non è definibile e su cui pesa l’opposizione dell’ampio gruppo cosiddetto di “Visegrad” e parte dei paesi del nord Europa che opereranno continuamente per ridimensionarlo e renderlo vano.

L’altra novità che viene presentata come positiva è la definizione dei migranti che verranno ricollocati. In questa occasione si parla di migranti a prescindere dalla nazionalità o dalle ragioni da cui arrivano, che è un’apertura all’accoglienza dei migranti economici.

Occorre dire che uno dei firmatari dell’accordo, Macron, è stato fino a ieri sostenitore del respingimento dei migranti economici, politica ancora in corso in questi giorni. Questa linea di redistribuzione riguarda esclusivamente le navi umanitarie e militari, oltre che commerciali, del Mediterraneo settentrionale che facciano operazioni di soccorso. Attualmente fermo restando l’opposizione alla campagna ONG , bisogna tener conto che la maggioranza dei migranti che sta arrivando in Italia, non è con queste navi che sta arrivando. AD esempio quest’anno 5mila su 6.500 migranti sono arrivati con i cosiddetti “barchini” che sono radicalmente esclusi dai processi di accoglienza e redistribuzione.

Altra questione estremamente ambigua è quella dei porti assegnati alle navi, dove si gioca con le parole, perché si parla di “rotazione dei porti” e riguarda solo obiettivamente Italia e Malta, peraltro volontaria e quindi non esclude affatto il “balletto” dei porti. Francia e Germania apparentemente indicano nel patto la possibilità di altri porti ma l’accordo ha dentro il disinnesco, perchè primo conferma il porto sicuro più vicino come opzione principale, e crica altri porti si parla di opzione volontaria possibile per navi che sono in condizione di affrontare una tratta più lunga prima di sbarcare.
Tutta la vicenda recente del possibile sbarco in altri porti italiani, che non siano quelli siciliani, e in Spagna hanno ampiamente dimostrato che questa soluzione è destinata ad essere largamente inevasa.

L’altra novità ulteriore riguarda i tempi della redistribuzione. Qui si parla di 4 settimane di permanenza prima che vengano redistribuiti, a questo si aggiunge un’effettiva novità che stabilisce, in deroga al regolamento di Dublino, che i migranti che vengono distribuiti in paesi diversi dall’Italia vengono cancellati dal database italiano e iscritti in quello del paese che se ne fa carico. Questa misura se applicata è positiva perché finora l’iscrizione obbligatoria nel database italiano ha permesso effettivamente a Francia e Germania di rimandare in Italia quando volevano, perfino con mezzi violenti e illegali, migranti che erano arrivati nei loro paesi. C’è da dire però che fermo restando il regolamento di Dublino l’applicazione di questa misura resta vincolata all’accettazione da parte dei paesi di redistribuzione di un unico criterio di accoglienza, altrimenti esso è destinato ad essere non applicato o applicato in maniera assai discrezionale.
Circa poi i paesi che si ripartiranno i migranti, mancando il vincolo dell’obbligatorietà e della sanzione, si rende complicata la redistribuzione, compreso il fatto che essa si fonda sul numero definito in base alla superficie, alla popolazione e al Pil del paese. Quest’ultimo dato è facile pensare che sarà un fattore di contesa permanente .

Detto questo, si tratta di un accordo che finora è sulla carta e che, come tutti sono costretti a dire, “al momento non è dunque applicabile e il percorso è ancora lungo”.

L'intervista a Conte
Conte ha valorizzato immediatamente l’accordo con interviste e dichiarazioni che dal punto di vista degli effetti sulla situazione dei migranti dimostrano che questo accordo è molto peggiore di quanto dicono.

Egli parte, in un’intervista a Repubblica, da una affermazione netta anti Ong: “Non saranno ammissibili comportamenti anomali e useremo il decreto sicurezza dopo averlo corretto”. Sappiamo bene che tutta la solfa di comportamenti giudicati “anomali” dalle Ong, se non fossero dalle Ong praticati, in generale sarebbe molto difficile il soccorso e l’approdo ai porti. Inoltre le correzioni che si vogliono fare al Decreto sicurezza su questi, alla fine si riducono ad una riduzione delle m,ulte; e sappiamo bene invece che la persecuzione delle Ong riguarda l’effettiva attività di soccorso, riguarda i sequestri delle imbarcazioni e riguarda gli ostacoli frapposti agli approdi.

Alla domanda di quali sarebbero gli altri porti disponibili nel quadro degli accordi di Malta, Conte non risponde, fa intendere, ma l’unica cosa che ci tiene a dire è che l’atteggiamento costruttivo avrebbe portato più risultati dell’atteggiamento litigioso e provocatorio di Salvini. Ma è ben chiaro che senza fatti effettivi questo accordo sarà utilizzato proprio da Salvini che potrà rilanciare la sua odiosa campagna a buon mercato.

Alla domanda se questo accordo può portare ad un aumento degli sbarchi, Conte afferma che c’è una piena determinazione ad evitarlo “con un atteggiamento di estremo rigore”; ma ancora peggiore è la risposta che viene data alla domanda: “Ma come concretamente?”, Conte risponde: “lavorando sulla cooperazione dei paesi di origine e transito, e con la Libia per rafforzare la Guardia costiera”. Sappiamo bene che la Libia e la Guardia costiera sono il male di questa vicenda, con in suoi campi lager, con il ruolo corrotto e servile della Guardia costiera che è una prima trincea anti migranti. Invece Conte sostiene che il presidio delle coste sta funzionando, che è esattamente quello che dice Salvini e che Salvini considera un merito della sua azione.

Subito dopo Conte dice che i rimpatri saranno più efficienti. Rimpatri siognifica respingimenti, espulsioni, convincere con la violenza tanti migranti che riescono ad approdare ad essere rispediti a casa per essere riconsegnati ai campi di tortura libici o ai regimi da cui scappano. Non essere riusciti a fare i respingimenti è stato considerato, naturalmente da destra, un limite di Salvini; dire che si faranno più riompatri vuol dire fare peggio di Salvini.

Di fronte alla domanda diretta che i migranti espulsi finiscono nei centri lager in Libia, Conte non risponde altro che, in puro stile ipocrita, “Al segretario generale dell’Onu Guterres chiederò di potenziare l’intervento perché questi centri di protezione internazionale siano sempre migliori”.

Sappiamo bene che la guerra in corso in Libia delle varie fazioni foraggiate dai paesi imperialisti e la natura delle forze in Libia rende impossibile una diversa gestione dei centro lager ne che questa gestione è parte di questa guerra e di questi accordi con la potenze imperialiste che sono direttamente responsabili, Italia in testa, di quello che avviene nei centri lager.ù

Che la politica di sostanza dai tempi di Salvini non sia cambiata per niente è dimostrata da come Conte tratta la questione Carola Rackete, il linguaggio è meno becero della bestia Salvini ma la sostanza è la stessa “La Rackete di turno deve assoggettarsi alle regole italiane. Non è perché c’è un clamore mediatico a livello internazionale, possiamo creare un trattamento di favore”. Carola Rackete è stata insultata, criminalizzata e ora è sotto processo, ricevendo un trattamento che nel mondo ha fatto scalpore per il carattere odioso e disumano e perché attraverso lei si è voluto colpire la solidarietà e il soccorso in mare. Come può Conte parlare di “trattamento di favore”. Perfino il giornalista che lo intervista ne viene colpito e domanda: “Presidente, perché questo accanimento sulle Ong?”, e la risposta è totalmente salviniana: “abbiamo un decreto sicurezza che non dismettiamo… Si entra alle condizioni che diciamo noi, quando e come decidiamo noi”. Il tono è tale che il giornalista è costretto ad insistere: “insomma, se succede un comportamento giudicato anomalo, fate entrare la nave o la lasciate fuori per settimane?”. La risposta di Conte se non esplicita è ‘la si lascia fuori’, perché egli risponde: “E’ chiaro che la disciplina di rigore si può applicare subito e non dopo un mese”.
Inutile dire che Di Maio ha tradotto in lingua brutale, ai limiti del salvinismo, le dichiarazioni più soft di Conte.

Nella stessa intervista, senza fare una domanda diretta, il giornalista dice “sembra la dottrina Minniti”. Ed è proprio così.
E in un’altra intervista su Il Fatto quotidiano è Minniti stesso che lo dice “un buon primo passo… La ministra Lamorgese ha fatto un eccellente esordio… Ci sarà ancora da lavorare verso una strategia italiana del governo dei flussi con l’obiettivo di una strategia comune dell’Europa”; poi anche Minniti fa una critica da destra alla politica muscolare di Salvini, dicendo che “gli sbarchi nel nostro paese non si sono mai fermati. Il 90% degli arrivi è gestito dagli scafisti, e quindi è trionfata l’illegalità”. Quindi, secondo Minniti non è Salvini la bestia illegale che ha usato, in spregio alla Costituzione e ai diritti internazionali, ma i migranti che sono arrivati comunque sulle coste. Così Minniti continua criticando che non si è fatto nulla sui rimpatri, lamentandosi di fatto che Salvini non è riuscito a rimpatriare le 5/600mila persone che aveva promesso.

Circa l’accordo di Malta, il Fatto quotidiano nella sua intervista dice: “non è che questo accordo è merito di Salvini?” . L’unico distinguo che pone nella sua risposta Minniti è che il Ministro degli Interni aveva contrapposto sicurezza e umanità, ma non smentisce affatto che la dialettica di questo accordo è frutto della pressione esercitata da Salvini e dell’interesse europeo ad evitare che lui ne fosse il beneficiario, concedendo al governo Conte quelle modifiche e coperture che possano indebolire le posizione, come dice Minniti, nazional populista di Salvini.

Minniti però approfitta per guardare più a fondo il quadro in cui è inserito l’accordo: la sicurezza del Mediterraneo. E qui mette in rilievo come la “Missione Sofia” era ormai depotenziata e “va ripristinata interamente e contrastati gli arrivi diretti”. Minniti mette in rilievo che verso l’Africa l’investimento UE è basso rispetto ai 6 miliardi nella rotta balcanica e allarga il quadro della tensione ben oltre la Libia, tirando in ballo la Tunisia, l’Algeria, l’Egitto, attraversati da movimenti di protesta interni.

Se pensiamo che il nuovo governo Conte ha sostituito Salvini con Minniti di fatto attraverso una sua collaboratrice, quando lui era ministro, l’attuale Min. Lamorgese, è facile pensare come la mistura PD/5stelle in materia di politica di immigrazione è in grado di andare sulla stessa strada di Salvini facendo peggio.

L’accordo di Malta smaschera anche il ruolo di Repubblica che era stata una voce molto incalzante rispetto al salvinismo e in particolare sulla questione migranti. Lo si voglia o no, nella sostanza, dopo questa accordo di Malta la posizione sta cambiando, ed è diventata “Salvini ha imboccato sistematicamente la strada della propaganda anziché quella pragmatica ma faticosa delle effettive risoluzioni… sbattere i pungi sul tavolo quando ci si trova in una situazione di debolezza o minorità non è mai conveniente”. Secondo, quindi, l’editorialista di Repubblica, la critica a Salvini si riduce all’atteggiamento ma non alla sostanza della politica razzista e imperialista anti migranti.

Il piano in preparazione - prima di tutto la Tunisia
Nei giorni successivi all’accordo il governo si è mosso subito per blindarlo a livello internazionale e tradurlo in fatti. Di Maio fa delle dichiarazioni “misteriose” della cui gravità non c’è forse consapevolezza “A giorni arriveranno delle novità epocali sui rimpatri”. Ci si prepara ad un rimpatrio di massa, che poi è una cacciata di massa, dei migranti dal nostro paese? Si aggiunge che esisterebbe un piano, l’ampliamento del numero dei porti considerati sicuri. Alludendo qui non certo ad altri porti d’approdo d’Europa – ipocrita favola nera contenuta nell’accordo di Malta – bensì nell’aumentare le pressioni, l’uso della forza economico e militare e individuare altri porti sicuri nel Mediterraneo oltre la Libia, è sotto osservazione la Tunisia; così fa parte del piano l’applicazione rigida dei Decreti sicurezza in materia di diritto d’asilo, in cui viene data all’Italia la possibilità di stabilire quali sarebbero i porti sicuri. Questo da un lato fa rientrare dalla finestra quello che si pretende di aver fatto uscire dalla porta, l’accoglienza dei migranti economici, consistente quindi nel definire paesi ‘non a rischio’ praticamente tutti i paesi della costa nord africana. Questo vuol dire applicare in maniera più rigida ciò che già hanno stabilito altri 16 Stati europei che è alla base del rifiuto di massa di questi Stati di accogliere la maggioranza dei migranti ritenuti provenienti da ‘paesi sicuri’, sicurezza da cui è esclusa la materia economica, che sappiamo tutti essere alla base della migrazione di massa. E questo si intenderebbe fare con un nuovo decreto legge.

Questa impostazione apre una nuova guerra alle Ong. Nei mesi scorsi tutte le Ong impegnate nel soccorso in mare hanno contestato le alternative di approdo all’Italia e Malta perchè considerate non sicure. In particolare, il paese sotto osservazione è la Tunisia. Inciso: noi da tempo abbiamo denunciato e anticipato questo, tanto è vero che abbiamo stretto rapporti con in compagni tunisini per un’azione comune contro l’imperialismo italiano e contro il governo tunisino che attraverso le convulsioni della sua classe dominante sta scivolando progressivamente in un atteggiamento ultra servile verso l’imperialismo, e ora verso l’imperialismo italiano. 2 giorni fa Di Maio incontra il suo omologo tunisino e cerca di spingere avanti questo rapporto, promettendo di assicurare investimenti da molti zero sul territorio in cambio del fatto la Tunisia consideri in suoi porti i famosi “porti sicuri” dove ricacciare e spingere i migranti, contrastando con la forza la stessa posizione delle navi Ong. La Tunisia è il primo e principale paese verso cui è indirizzata questa azione, ma sotto la coperta della presenza all’Onu di questi giorni Conte ha incontrato per le stesse ragioni Al Sise, proprio nel momento in cui il dittatore boia è alle prese con una nuova fase della rivolta interna. A questa attività già in corso seguirà analoga attività verso Algeria, Mali e Cista D’Avorio.

Qui, non è tanto in campo il problema dei ‘porti sicuri’ ma quello del blocco delle partenze.

Il primo passo operativo, però, è quello della Tunisia e Il Messaggero nel suo articolo del 25 settembre chiarisce che qui il bersaglio dell’azione del governo sono le Ong che si sono riofiutate finora di far sbarcare lì i migranti. La pressione sulla Tunisia accentua il carattere imperialista dell’azione dell’Italia perché la Tunisia è un paese dove manca una legge che consenta di presentare una richiesta di protezione umanitaria. Questo vuol dire che la Tunisia nelle condizioni attuali non può, se accetta il piano italiano, che aprire centri di detenzione.

Sul fronte dei paesi sicuri l’accordo di Malta rischia di essere il cavallo di Troia non tanto di omologazione, di coinvolgimento degli altri paesi europei nella trattazione del problema ma quanto dell’omologazione di alcuni aspetti della legislazione a norme peggiori di quelle che l’Italia ha oggi. Ad esempio, alcuni paesi europei considerano non solo la Tunisia, ma anche la Nigeria, l’Eritrea, il Sudan paesi sicuri per i quali non viene accettata alcuna richiesta d’asilo.

La linea Conte/Di Maio va inevitabilmente in questa direzione, di allargamento dei paesi da cui non si può accogliere la richiesta d’asilo. L’articolo de Il Messaggero non esita a spiegare chiaramente che proprio questa è la linea scelta dall’Italia, vale a dire: rendere più difficile di quanto siano le leggi odierne già esistenti, l’ottenimento di una protezione internazionale e dello status di rifugiati.

Scrive il giornale: “In termini pratici vorrà dire potere escludere dall’ottenimento di una protezione tutti coloro che hanno provenienze certe e non a rischio guerre o persecuzioni; e quindi velocizzare di molto i tempi per il rimpatrio”. Si aggiunge: “La legge 132/2018 modifica anche le procedure di frontiera, e il risultato più probabile è che le domande di protezione internazionale vengano esaminate in via prioritaria direttamente nei luoghi di sbarco e di ingresso nei territori. L’esame della richiesta sarà prioritario e accelerato. Ricevuti i documenti le commissioni territoriali avranno 5 giorni di tempo per la decisione. Questa procedura – dice lo stesso giornale – comporterà l’impossibilità di dimostrare di non appartenere ad un paese di origine sicura”.

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