Fiat 1969 – un altro passo avanti: lo sciopero a singhiozzo o a
scacchiera
Il mese di settembre stava per finire e le
trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici
languivano. Gli scioperi esterni avevano bloccato nei giorni
prestabiliti la produzione alla Fiat, le adesioni dei lavoratori
erano state elevate ma la direzione dell’azienda pareva aver
sopportato benissimo quei colpi e prospettive immediate di chiusura
del contratto non se ne vedevano. Occorreva cercare altre forme di
lotta, più incisive, capaci di “colpire di più il padrone”
danneggiando meno gli operai, questa l’idea che cominciava a
trovare sempre più consenso tra i lavoratori del gruppo torinese.
Voleva dire, in pratica, riportare lo sciopero dentro le officine
mediante fermate improvvise, di poche ore, articolate per reparti.
Non scioperare tutti assieme, ma scioperare a scacchiera, bloccando
la produzione ora in questa ora in quell’officina.
In questo modo si creavano ingorghi produttivi. I sindacati torinesi guardavano con diffidenza perché era ancora vivo il il timore che si ripetesse
In questo modo si creavano ingorghi produttivi. I sindacati torinesi guardavano con diffidenza perché era ancora vivo il il timore che si ripetesse
- l’esperienza delle lotte di primavera, quando quei tipi di scioperi per officina, improvvisi e articolati, erano risultati incontrollabili per loro. I sindacati sapevano che lo scontro sarebbe diventato più duro, la lotta dei lavoratori avrebbe conosciuto momenti di maggiore tensione che poteva sfociare in denunce, sospensioni, richiesta di cassa integrazione; un po’ come era avvenuto in occasione della lotta all’Officina 32.
Sul finire di settembre nelle Officine 26, 27, 52, 53, 54, 55
di Mirafiori presero il via una serie di scioperi spontanei,
autonomi, proclamati dai lavoratori sul luogo di lavoro. Il 1°
ottobre si verificarono altre fermate spontanee contro gli
straordinari all’Officina 54. Il 2 ottobre si
fermarono altri reparti di Mirafiori, mentre lo sciopero a
scacchiera si estendeva anche allo stabilimento Lancia, per
protestare contro la richiesta di straordinari e all’Officina 73
di Rivalta. Stavolta i sindacati torinesi non corsero ai
cancelli a condannare quelle forme di lotta non indette da loro, anzi
li legittimarono coinvolgendo nell’organizzazione di essi anche i
delegati, eletti un mese prima. Il 3 ottobre, 300 delegati di
reparto si riunirono in assemblea alla Camera del lavoro e, assieme
ai rappresentanti dei sindacati, decidevano, nel corso di una
vivacissima discussione, di passare a forme di lotta articolata.
Il 5
ottobre questa decisione veniva avallata dalle segreterie
nazionali dei sindacati metalmeccanici, con forti divergenze interne,
che decidevano di estendere a tutte le fabbriche italiane forme
articolate di astensione dal lavoro. L’8 ottobre i quattro
sindacati, Fiom, Fim, Uilm, Sida proclamarono il primo sciopero
articolato di 4 ore per ogni turno. Il volantino distribuito giorni
prima, oltre le ragioni dello sciopero, invitava a utilizzare le 4
ore per “assemblee nei refettori” dentro i vari reparti, per
decidere forme di lotta sempre “più incisive”, per
approfondire le rivendicazioni della piattaforma contrattuale ed
eleggere in ogni reparto di tutte le officine i delegati come era
avvenuto nello sciopero dell’8 ottobre. Il primo turno a Mirafiori
iniziava alle 6 di mattina; immediatamente si formavano cortei
interni da un’Officina all’altra, con assemblee volanti. Sono
circa 10.000 a sfilare, alla testa bandiere rosse, cartelli e
fischietti insieme a tute blu e marroni degli operai, ai grembiuli
neri e alle tute candide dei magazzinieri e dei collaudatori, ma
anche colletti bianchi di tecnici e impiegati e tailleur delle
impiegate. Il corteo si dirige verso la Palazzina degli uffici di
fronte alla quale è schierata una doppia fila di guardie Fiat. Urla
“fuori, fuori!”, sassate alla vetrate che vanno in frantumi.
Fuori dai cancelli vicequestore e l’ufficio politico alla testa di
un folto schieramento di polizia, osservavano impotenti, dalla
palazzina escono impiegati e funzionari costretti a passare in mezzo
al corridoio ricavato nel corteo, ricevendo monetine, sputi, urla di
“crumiri”. Questo subbuglio continua fino alle 15,00 ora di
inizio del secondo turno, ma molti del primo non se ne sono andati a
casa, sono rimasti. Riprendono i cortei interni e alle 16 la
Palazzina è circondata. Stavolta entrano forze di polizia per far
sgombrare il piazzale. Lo scontro è all’interno e all’esterno,
un giovane operaio viene arrestato e rinchiuso in un cellulare, che
viene assaltato da gruppi di operai e studenti fino a liberarlo e
portarlo dentro la fabbrica protetto da migliaia di operai. Alle
18,30 gli operai rientravano in fabbrica e si dirigevano verso il
refettorio al grido di “Assemblea, Assemblea” e “Fiat
occupata”, si decideva di continuare lo sciopero e l’occupazione
fino alle 23,00. I quattro sindacati, per non perdere i contatti
operai denunciavano la polizia di essersi mossa su indicazione della
Fiat sconfitta dagli scioperi, ma allo stesso tempo attaccano i
gruppi di estrema sinistra, in particolare “Lotta Continua” (si
riferiva alla sigla con cui venivano intestati i volantini
dell’Assemblea operai studenti, il giornale si formerà a
novembre 1969) per i loro atteggiamenti che “collimano con gli
intendimenti provocatori della Fiat, devono essere isolati e respinti
con la massima decisione”.
Lo stesso giorno alla Pininfarina gli
operai avevano imposto l’uscita dei crumiri e degli impiegati, ma
anche alla Fausto Corello; alle Fonderie Westinghouse
gli operai avevano invaso il cortile interno; stessa cosa a Settimo
Torinese alla Fram; alla Easton Livia di Rivarolo la
direzione faceva uscire i lavoratori per impedire che invadessero la
fabbrica; alla Olivetti di Ivrea il palazzo degli uffici
veniva circondato e impedito l’ingresso; stessi episodi alla Spa
Stura, a Rivalta e alla Lancia. Il quotidiano La
Stampa Sera del 10 ottobre 1969 portava un comunicato
dell’Unione Industriale nel quale denunciava i gravi incidenti
avvenuti nelle fabbriche e le pesanti violenze, accusava la polizia
di passività e minacciava la serrata nel caso simili episodi si
fossero nuovamente verificati. Il frutto di queste giornate fu la
produzione, a livello operaio, di un grande entusiasmo e
partecipazione, ma anche una polemica dentro l’Assemblea Operai
Studenti proprio sul fatto che una parte si era appropriata della
testata dei volantini dell’Assemblea: “Lotta Continua”, per
fare un giornale di una parte dell’Assemblea, non di tutta.
Si riparte con uno sciopero nazionale il 17
ottobre …..
Quelli che arrivavano dal meridione, portavano
una freschezza di autonomia che si era andata affievolendo nel
vecchio tradizionale corpo operaio torinese in parte deluso,
sconfitto e perseguitato nel corso dei decenni precedenti. [Gianni
Alasia, un esercito
di “terun” invase Torino]
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