Erri De Luca, addio
- Redazione di Contropiano
Questo è un addio, è un addio a Erri De Luca. Lo scrittore
che abbiamo difeso quando è finito sotto processo a Torino per le sue
dichiarazioni a sostegno della lotta contro la Tav in Val di Susa, con
il quale si sono incrociate le piazze quando era un dirigente di Lotta
Continua, o quando ha preso parola contro la criminalizzazione dei
movimenti negli anni '70.
Erri De Luca, anche lui e non solo lui, non è riuscito a sottrarsi a una “maledizione” da cui sembrava immune, quella che ha colpito i dirigenti di Lotta Continua e li ha visti uno dopo l'altro arruolarsi dentro gli apparati ideologici di Stato, dal rampante Psi degli anni Ottanta fino ai giorni nostri.
E' un addio a Erri De Luca, perchè tre indecenze in quattro mesi sono troppe per chiunque, anche per chi come noi aveva sempre provato a tenere sul piatto della bilancia le cose positive e le cose negative accumulatesi nel tempo.
Già ad agosto di quest'anno, nell'articolo “Erri perchè lo hai fatto?”, segnalavamo l'inopportunità di concedere una intervista ad una pubblicazione online dei servizi segreti e le inaccettabili conclusioni della sua intervista quando affermava che: “In Italia in passato si è parlato di Servizi segreti deviati che intralciavano indagini. Ne eravamo diventati diffidenti. Ora non è più così: i Servizi sono percepiti come un sistema di sicurezza che serve a difendere tutti, come dimostra la lotta al terrorismo internazionale. La raccolta di informazioni è vitale per un Paese”.
Ma Erri era ancora atteso al varco da un processo istituito sulle sue parole, relative alla legittimità del sabotaggio contro la Tav in Val di Susa. Prevalse dunque lo spirito di solidarietà con chi deve andare a misurarsi in un luogo e una posizione scomoda come l'aula di un Tribunale. Siamo stati contenti della sua assoluzione, perchè una sentenza di condanna non avrebbe colpito e tacitato soltanto lui.
Ma il tradimento della comunità intellettuale italiana, che ha lasciato Erri De Luca molto solo in quell'aula, deve aver pesato non poco. Non appena si è liberato del fardello lo scrittore è tornato a scrivere indecenze inascoltabili a gran parte di noi e probabilmente dei nostri lettori. Per esempio è tornato sulla questione che già avevo reso ruvide molte valutazioni su di lui: l'occupazione della Palestina. Le sue parole su Gaza e contro una vignetta di Apicella, su Liberazione, gli avevano già regalato la simpatia degli apparati ideologici di stato israeliani e l'inimicizia – spesso incredula – di tanti suoi estimatori, che mantengono il “difetto” di saper distinguere oppressi e oppressori, in Israele e Palestina, e di essere dunque solidali con gli oppressi di oggi – i palestinesi – vittime di quella che giustamente Tano D'Amico definisce la “cicatrice impresentabile a cavallo degli ultimi due secoli”.
L'empatia con i perseguitati di ieri, mal rappresentati oggi da uno Stato oppressore come è Israele, non assolve De Luca nè i pensatori tuttora disposti a perdonare tutto agli israeliani in quanto figli o nipoti degli ebrei europei del secolo scorso.
La poesia che Erri De Luca ha scritto in ebraico come omaggio a una Gerusalemme alle prese con la rivolta disperata, ma pienamente legittima dei giovani palestinesi contro la pulizia etnica israeliana, è stata pubblicata con enfasi dal giornale israeliano Yedioth Aharonot. Parole destinate a criminalizzare i giovani palestinesi e ad assolvere chi li ha costretti a gesti disperati e suicidi, che continuano però a insanguinare la “cicatrice impresentabile” senza che le democrazie occidentali muovano un dito. O pronuncino una parola.
Infine, ma non per importanza, il processo per cui De Luca è stato assolto è diventato un macigno dentro la sua contraddizione. Richiesto di commentare la giornata bolognese di lotta contro la manifestazione di Salvini e dei trogloleghisti, Erri ha voluto dire la sua sul sabotaggio che nella notte tra sabato e domenica aveva danneggiato la Tav nei pressi di Bologna. Riferendosi a quanto già detto da Salvini, ha affermato: "Certo che ha ragione (Salvini, ndr), quelli di sabato che hanno danneggiato la linea Milano-Bologna non hanno niente a che vedere con il movimento di resistenza più che ventennale in Valsusa. Quello era un danneggiamento che non andava da nessuna parte, tranne che danneggiare il trasporto di persone che ne avevano bisogno. Se ti metti a scassare delle cose poi le paghi".
Eppure Erri De Luca pochi mesi fa aveva affermato: “Il verbo sabotare è nobile ha un significato molto più ampio dello scassamento di qualcosa. Lo usava anche Gandhi. Io sostengo che la Tav vada sabotata”. E ancora prima, con le parole che gli erano costate la denuncia e poi il processo, aveva detto: “Ho partecipato ai blocchi dell’autostrada insieme a maestri elementari, vigili urbani, madri di famiglia. Il blocco stradale è certamente un atto di ostruzionismo. Diciamo che è una forma di sabotaggio alla libera circolazione. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa. Resto convinto che il Tav sia un’opera inutile e continuo a pensare che sia giusto sabotare quest’opera”.
Ora, anche secondo il vocabolario dell'enciclopedia Treccani, sabotaggio significa testualmente:
Non è un mistero che il passare del tempo e degli eventi possano portare ogni essere umano a cambiamenti di pensiero e opinione, magari a scapito della coerenza; é nell'ordine delle persone in carne ed ossa. Cambiamenti così repentini difficilmente possono però essere ascritti a forti ripensamenti interiori, a quel fare i conti con se stessi che può mutare la visione delle cose.
Ma in questi quattro mesi, dall'intervista di agosto alla rivista Intelligonews, alle parole indicibili contro la rivolta dei giovani palestinesi e infine alle parole contro chi ha “sabotato” la Tav - non in Val di Susa ma in Val Padana - Erri De Luca ha inanellato tre espressioni del suo pensiero che meritano un addio senza alcuna presunzione: il nostro.
Erri De Luca, anche lui e non solo lui, non è riuscito a sottrarsi a una “maledizione” da cui sembrava immune, quella che ha colpito i dirigenti di Lotta Continua e li ha visti uno dopo l'altro arruolarsi dentro gli apparati ideologici di Stato, dal rampante Psi degli anni Ottanta fino ai giorni nostri.
E' un addio a Erri De Luca, perchè tre indecenze in quattro mesi sono troppe per chiunque, anche per chi come noi aveva sempre provato a tenere sul piatto della bilancia le cose positive e le cose negative accumulatesi nel tempo.
Già ad agosto di quest'anno, nell'articolo “Erri perchè lo hai fatto?”, segnalavamo l'inopportunità di concedere una intervista ad una pubblicazione online dei servizi segreti e le inaccettabili conclusioni della sua intervista quando affermava che: “In Italia in passato si è parlato di Servizi segreti deviati che intralciavano indagini. Ne eravamo diventati diffidenti. Ora non è più così: i Servizi sono percepiti come un sistema di sicurezza che serve a difendere tutti, come dimostra la lotta al terrorismo internazionale. La raccolta di informazioni è vitale per un Paese”.
Ma Erri era ancora atteso al varco da un processo istituito sulle sue parole, relative alla legittimità del sabotaggio contro la Tav in Val di Susa. Prevalse dunque lo spirito di solidarietà con chi deve andare a misurarsi in un luogo e una posizione scomoda come l'aula di un Tribunale. Siamo stati contenti della sua assoluzione, perchè una sentenza di condanna non avrebbe colpito e tacitato soltanto lui.
Ma il tradimento della comunità intellettuale italiana, che ha lasciato Erri De Luca molto solo in quell'aula, deve aver pesato non poco. Non appena si è liberato del fardello lo scrittore è tornato a scrivere indecenze inascoltabili a gran parte di noi e probabilmente dei nostri lettori. Per esempio è tornato sulla questione che già avevo reso ruvide molte valutazioni su di lui: l'occupazione della Palestina. Le sue parole su Gaza e contro una vignetta di Apicella, su Liberazione, gli avevano già regalato la simpatia degli apparati ideologici di stato israeliani e l'inimicizia – spesso incredula – di tanti suoi estimatori, che mantengono il “difetto” di saper distinguere oppressi e oppressori, in Israele e Palestina, e di essere dunque solidali con gli oppressi di oggi – i palestinesi – vittime di quella che giustamente Tano D'Amico definisce la “cicatrice impresentabile a cavallo degli ultimi due secoli”.
L'empatia con i perseguitati di ieri, mal rappresentati oggi da uno Stato oppressore come è Israele, non assolve De Luca nè i pensatori tuttora disposti a perdonare tutto agli israeliani in quanto figli o nipoti degli ebrei europei del secolo scorso.
La poesia che Erri De Luca ha scritto in ebraico come omaggio a una Gerusalemme alle prese con la rivolta disperata, ma pienamente legittima dei giovani palestinesi contro la pulizia etnica israeliana, è stata pubblicata con enfasi dal giornale israeliano Yedioth Aharonot. Parole destinate a criminalizzare i giovani palestinesi e ad assolvere chi li ha costretti a gesti disperati e suicidi, che continuano però a insanguinare la “cicatrice impresentabile” senza che le democrazie occidentali muovano un dito. O pronuncino una parola.
Infine, ma non per importanza, il processo per cui De Luca è stato assolto è diventato un macigno dentro la sua contraddizione. Richiesto di commentare la giornata bolognese di lotta contro la manifestazione di Salvini e dei trogloleghisti, Erri ha voluto dire la sua sul sabotaggio che nella notte tra sabato e domenica aveva danneggiato la Tav nei pressi di Bologna. Riferendosi a quanto già detto da Salvini, ha affermato: "Certo che ha ragione (Salvini, ndr), quelli di sabato che hanno danneggiato la linea Milano-Bologna non hanno niente a che vedere con il movimento di resistenza più che ventennale in Valsusa. Quello era un danneggiamento che non andava da nessuna parte, tranne che danneggiare il trasporto di persone che ne avevano bisogno. Se ti metti a scassare delle cose poi le paghi".
Eppure Erri De Luca pochi mesi fa aveva affermato: “Il verbo sabotare è nobile ha un significato molto più ampio dello scassamento di qualcosa. Lo usava anche Gandhi. Io sostengo che la Tav vada sabotata”. E ancora prima, con le parole che gli erano costate la denuncia e poi il processo, aveva detto: “Ho partecipato ai blocchi dell’autostrada insieme a maestri elementari, vigili urbani, madri di famiglia. Il blocco stradale è certamente un atto di ostruzionismo. Diciamo che è una forma di sabotaggio alla libera circolazione. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l’unica alternativa. Resto convinto che il Tav sia un’opera inutile e continuo a pensare che sia giusto sabotare quest’opera”.
Ora, anche secondo il vocabolario dell'enciclopedia Treccani, sabotaggio significa testualmente:
1. Compiere atti di sabotaggio; distruggere o deteriorare gravemente edifici e impianti, opere e servizî militari, intralciare gli spostamenti e i rifornimenti di truppe nemiche, impedire o limitare il funzionamento di servizî pubblici, come azione di lotta o di rappresaglia economica, politica o militareChe De Luca possa non concordare con il sabotaggio avvenuto alla vigilia della provocazione di Salvini e delle destre a Bologna è più che legittimo. Che lo scrittore invochi la galera per i responsabili, invece, proprio non è accettabile.
2. fig. Intralciare la realizzazione di qualche cosa, o fare in modo che un disegno, un progetto altrui non abbia successo.
Non è un mistero che il passare del tempo e degli eventi possano portare ogni essere umano a cambiamenti di pensiero e opinione, magari a scapito della coerenza; é nell'ordine delle persone in carne ed ossa. Cambiamenti così repentini difficilmente possono però essere ascritti a forti ripensamenti interiori, a quel fare i conti con se stessi che può mutare la visione delle cose.
Ma in questi quattro mesi, dall'intervista di agosto alla rivista Intelligonews, alle parole indicibili contro la rivolta dei giovani palestinesi e infine alle parole contro chi ha “sabotato” la Tav - non in Val di Susa ma in Val Padana - Erri De Luca ha inanellato tre espressioni del suo pensiero che meritano un addio senza alcuna presunzione: il nostro.
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