C.so di porta vittoria - Milano
Il regime detentivo applicato con
l'art. 41bis dell'ordinamento penitenziario è il punto più rigido della scala
del trattamento differenziato che regola il sistema carcerario italiano.
Cos'altro può dirsi di un regime che dispone:
-
l'isolamento per 23 ore al giorno
(soltanto nell’ora d’aria è possibile incontrare altri prigionieri, comunque al
massimo tre);
-
un'ora sola di
colloquio al mese con soltanto i familiari diretti, che impedisce per mezzo di
vetri, telecamere e citofoni ogni contatto diretto;
-
l'esclusione a
priori dall’accesso ai “benefici”;
-
l'utilizzo dei Gruppi Operativi Mobili
(GOM), il gruppo speciale della polizia penitenziaria, ben noto per i pestaggi
nelle carceri e per i massacri compiuti a Genova nel 2001;
-
il “processo in videoconferenza” in
cui l’imputato/a detenuto/a segue il processo da solo/a in una cella attrezzata
del carcere, tramite un collegamento video gestito a discrezione da giudici, pm
e forze dell’ordine, quindi privato/a della possibilità di essere in aula con
tutte le limitazioni che ciò implica sul piano della solidarietà, della
visibilità del processo, della comunicazione (tra coimputati, con amici e
familiari, con il “pubblico”) e della difesa legale che ne risulta fortemente
compromessa;
-
la
censura-restringimento nella consegna di posta, stampe e libri dei quali è
possibile tenerne in cella soltanto tre.
Le motivazioni accampate per la
detenzione al 41bis sono sempre pretestuose. L’esigenza di evitare il perdurare
dei legami con l’associazione è secondario rispetto al fine ultimo di estorcere
informazioni che portino a nuove accuse, a nuove incarcerazioni. Più di
vent'anni di 41bis non hanno di certo arginato la cosiddetta criminalità
organizzata che invece dilaga insieme alla corruzione degli apparati
istituzionali.
Così la “lotta alla mafia”, al pari di quella al “terrorismo”, risultano
essere soltanto strumenti per generalizzare forme di controllo, coercizione e
deterrenza necessari a governare una fase storica segnata dalla recessione
globale e dall'apertura di nuovi e preoccupanti fronti di guerra.
Di esempio è la recente legge
antiterrorismo (17 aprile 2015, n. 43)
che da una parte crea nuove fattispecie di reato tanto generiche e arbitrarie
quanto lo è il concetto di terrorismo mentre, dall'altra, rifinanzia decine di
missioni militari italiane all'estero per diverse centinaia di milioni di
euro.
Con il passare del tempo, le leggi e
le norme di natura emergenziale si estendono cosicché ogni restrizione adottata
nelle sezioni a 41bis prima o poi, con nomi e forme diverse, penetra nelle
sezioni dell’Alta Sicurezza e in quelle “comuni”, specialmente contro chi osa
alzare la testa.
In particolare, da alcuni mesi chi è
sottoposto al regime del 41bis non può più ricevere libri, né qualsiasi altra
forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti che
con avvocati: i libri e la stampa in genere si possono solo acquistare tramite
autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), il
dipartimento del ministero della Giustizia preposto al governo delle carceri
italiane.
Nel novembre 2011 una circolare del DAP impose questa restrizione ma fu
bloccata da reclami accolti nelle
ordinanze di alcuni giudici di sorveglianza. I ricorsi
opposti da almeno tre pubblici ministeri contro queste ordinanze furono
confermati in Cassazione. Infine una sentenza della suprema Corte del 16 ottobre
2014 ha dato ragione al DAP, rendendo così definitiva questa nuova odiosa
restrizione.
La campagna “Pagine contro la tortura”
riprende il percorso ormai decennale delle mobilitazioni contro il 41bis che
oggi più di prima è lo strumento assassino su cui si regge l'intero assetto
carcerario. L'occasione dei ricorsi fatti da una compagna e da due compagni
oltre che da altri prigionieri contro la circolare del DAP ci ha spinto ad
appoggiare questa lotta e darle forza.
Una società che sottostà al ricatto
della perenne emergenza, alimentata da banalizzazioni ed allarmismi, si rende
complice delle vessazioni e delle torture di cui il blocco dei libri è solo
l’ultimo, più recente tassello.
L'appello e i contributi alla campagna
sono contenuti nel blog
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