pc 11 novembre - Livorno: Una grande giornata di lotta per tutti i lavoratori degli appalti pubblici!
(Da Clash City Workers)
I lavoratori, che operano per la maggioranza nei servizi socio-assistenziali -sanitari, da tempo denunciavano la mancata applicazione della clausola di salvaguardia sociale. In
particolare il recente rinnovo di alcuni appalti, mettendo in pericolo
la continuità occupazionale dei lavoratori, ha destato profonda
preoccupazione in centinaia se non migliaia di dipendenti delle
cooperative sociali.
Ma cos’è la clausola sociale?
La maggior parte dei servizi pubblici sono in realtà – già da tempo – privati, cioè affidati a società o cooperative che di fatto li gestiscono per trarne un profitto. Allo scadere dell’appalto, l’amministrazione pubblica di riferimento del servizio indice un’altra gara d’appalto. Molti
lavoratori pensano che se la cooperativa di cui sono dipendenti
perdesse l’appalto, anche loro perderebbero irrimediabilmente il posto
di lavoro. Questa evenienza – calcolando che generalmente le gare
d’appalto vengono
indette ogni 2/4 anni – scaglierebbe i lavoratori nel
precariato più nero, e non garantirebbe in nessun caso la continuità – e
la qualità – del servizio offerto. Le cooperative - e le pubbliche amministrazioni da cui sono foraggiate – alimentano questa convinzione,
pur di abbassare i livelli salariali e le tutele dei dipendenti e
innalzare i ritmi di lavoro. In una parola, pur di aumentare il loro
profitto. Non solo: a causa del generale disinvestimento dal servizio pubblico diretto dal Governo centrale, le pubbliche amministrazioni indicono gare d’appalto al ribasso che
– pur consentendo un guadagno alle cooperative – portano alla riduzione
della quantità di servizio erogato e, in un’ultima analisi, al licenziamento dei lavoratori e al peggioramento delle loro condizioni di lavoro.
Noi sappiamo però che contro l’evenienza del licenziamento esiste un’arma: la cosiddetta "clausola sociale occupazionale"
che, inserita all’interno del capitolato, obbliga la ditta vincitrice
ad assumere tutti i dipendenti dell’azienda o della cooperativa uscenti
ed evita così che ci siano esuberi e licenziamenti. La clausola sociale non è solo un argine all’estrema precarietà dei posti di lavoro negli appalti, ma anche contro
il peggioramento e il disinvestimento da un servizio sociale
essenziale. È in sostanza uno strumento di lotta contro coloro che
sfruttano la crisi del debito pubblico – da loro stessi creata e
inasprita – per farci sentire corresponsabili dello smantellamento del
servizio pubblico!
Cosa è successo a Livorno?
A Livorno, dopo una lunga lotta, i lavoratori delle cooperative
sociali hanno lasciato da parte le singole vertenze e si sono uniti –
anche grazie al lavoro del Coordinamento lavoratori e lavoratrici
livornesi – per pretendere l’applicazione incondizionata della clausola
sociale da parte delle pubbliche amministrazioni. Hanno obbligato il
Consiglio Comunale Livornese a convocare una Commissione consiliare per
il lavoro sul rinnovo degli appalti nel sociale! Immaginate cosa
sarebbe accaduto se una cosa del genere fosse avvenuta in una grande
città come Roma: tutti gli scandali sugli appalti del sociale che si
sono accumulati sotto il nome di “Mafia Capitale” non avrebbero avuto
modo di esistere grazie al controllo popolare che i lavoratori coinvolti avrebbero potuto effettuare sulle gare d’appalto!
Nel corso della seduta è emerso come
l’obiettivo dell’ottenimento della clausola sociale non può essere
l'unico! Ormai abbiamo abbastanza esperienza per sapere che in questi
passaggi, le cooperative e le amministrazioni pubbliche provano continuamente ad abbassare il costo del lavoro, riducendo salari e diritti. Inoltre, con l'approvazione da parte del Governo Renzi del Jobs Act, i lavoratori ad ogni cambio rischiano di sprofondare nel regime delle "tutele crescenti", perdendo così il diritto al reintegro sancito dall'art.18.
Quindi, ricapitolando, la nostra clausola sociale (che potremmo definire "rafforzata”!) deve contenere adeguate garanzie su:
- il mantenimento dei posti di lavoro e del monte orario complessivo;
- il ccnl a cui le ditte DEVONO fare riferimento;
- la salvaguardia degli scatti d’anzianità, dei livelli di inquadramento e delle indennità maturate;
- la disapplicazione del Jobs Act
La lotta oltre la clausola sociale: reinternalizzazione!
Come ci insegnano i compagni del Coordinamento di lavoratori e lavoratrici livornesi, la lotta per la clausola sociale, seppure "rafforzata", non può essere il nostro orizzonte.
In questi anni, in cui abbiamo lavorato nei servizi privatizzati dalle
amministrazioni pubbliche, abbiamo visto la qualità dei servizi
peggiorare insieme alle condizioni di lavoro. Per questo motivo ci siamo
chiesti quali fossero le reali motivazioni che hanno portato a
scegliere le esternalizzazioni.
Ci siamo posti una semplice domanda: la privatizzazione di un servizio produce risparmi per le amministrazioni pubbliche?
Per rispondere non c’è stato bisogno del Cottarelli, ma è bastato fare un confronto tra il costo annuale dell'appalto e il costo annuale di un dipendente pubblico.
In particolare, qualche anno fa, abbiamo condotto un'inchiesta sulle
condizioni dei lavoratori in appalto delle portinerie dell’Università di
Firenze e abbiamo scoperto che quest'ultima, se internalizzasse il servizio, spenderebbe circa 4.000 euro in meno a lavoratore
(e addirittura 11.000 euro se privilegiasse l'inquadramento più
basso!). Oggi i lavoratori in appalto presso l'Università sono circa
300. Basterebbe un rapido calcolo, ma lo lasciamo fare a voi. 4.000
moltiplicato per 300 è all'incirca la somma che l’Università di Firenze
risparmierebbe ogni anno se reinternalizzasse il servizio, una somma
notevole che potrebbe essere spesa per migliorare il servizio.
Altro che spending review!
Siamo dunque giunti a una conclusione: le
esternalizzazioni non servono a risparmiare, ma a far sì che il
servizio pubblico divenga un monopolio privato delle cooperative. A far sì che la gestione della cosa pubblica – proprio perché non più democratica e non più partecipata, bensì privatizzatia– risponda meglio agli interessi dei pochi: detentori del debito pubblico, grandi aziende, politici in cerca di sponsor, padroncini del sociale.
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