Bonus 80 euro: il grande flop certificato pure dal Tesoro.
Da il “Fatto
quotidiano” del 14/01/2015 – firmato da Stefano Feltri
Se non ci fosse stato l’eccidio di Parigi, le prime pagine dei giornali in questi giorni sarebbero andate al flop degli 80 euro, ora definitivamente certificato dall’Istat e ammesso dal ministero del Tesoro. Il 9 gennaio l’Istituto di statistica ha pubblicato il documento “Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società”. La parte importante è questa: tra il secondo e il terzo trimestre 2014 (cioè luglio-settembre confrontato con aprile-giugno) il reddito lordo delle famiglie è aumentato dell’1,8 per cento. Grazie ai prezzi stabili o in calo, il potere d’acquisto (cioè il reddito al netto dell’inflazione) è salito addirittura dell’1,9. Il merito è del bonus da 80 euro che Renzi ha fatto trovare in busta paga ai lavoratori dipendenti a reddito medio-basso da maggio. Di quanto è aumentata la spesa per consumi finali, cioè la cosiddetta “domanda interna”? Zero. Anzi: “0,0”. C’è un piccolo aumento dello 0,4 per cento tra terzo trimestre 2014 e terzo 2013, ma per definire un successo la scelta del governo l’aumento doveva essere rispetto ai mesi precedenti.
Qualche settimana fa, in un’intervista al Fatto, lo psicologo Paolo Legrenzi aveva spiegato bene il problema: in questa crisi gli italiani hanno visto ridursi i risparmi (crolli di Borsa), intaccati anche per compensare il calo dei redditi dovuti alla perdita di lavoro, e perfino le case hanno iniziato a scendere di valore. Le ricerche sulla psicologia degli investitori dimostrano che le perdite sono percepite molto più dei guadagni. Appena possibile, gli italiani hanno cercato di ricostruire quel cuscinetto di risparmi che considerano prioritario rispetto all’aumento dei consumi. Il Tesoro, con un comunicato, non solo ammette questo meccanismo, ma specifica che “non sorprende”. Si legge che “il ministro Padoan ha più volte sostenuto che le famiglie tendono a ricostruire lo stock di risparmio intaccato durante la crisi prima di riprendere il livello adeguato di consumi e investimenti”. Ma se Padoan lo sapeva, perché ha avallato una misura che costa 10 miliardi all’anno e il cui unico scopo (a parte far vincere le europee al Pd) è stimolare i consumi interni?
L’ex ministro Enrico Giovannini ha spiegato che con la somma spesa per il bonus da 80 euro si sarebbe potuta azzerare la povertà assoluta in Italia (la soglia varia dagli 820 euro per una persona nelle grandi città ai 549 del Sud), cioè permettere un livello di consumi dignitoso a chi oggi non può affrontarlo. Magari l’impatto politico sarebbe stato minore, ma quello economico superiore: i poveri, per definizione, non possono risparmiare. Renzi però ha scelto un’altra strada e Padoan, pur sapendo evidentemente che era sbagliata, ha applicato la scelta.
Se non ci fosse stato l’eccidio di Parigi, le prime pagine dei giornali in questi giorni sarebbero andate al flop degli 80 euro, ora definitivamente certificato dall’Istat e ammesso dal ministero del Tesoro. Il 9 gennaio l’Istituto di statistica ha pubblicato il documento “Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società”. La parte importante è questa: tra il secondo e il terzo trimestre 2014 (cioè luglio-settembre confrontato con aprile-giugno) il reddito lordo delle famiglie è aumentato dell’1,8 per cento. Grazie ai prezzi stabili o in calo, il potere d’acquisto (cioè il reddito al netto dell’inflazione) è salito addirittura dell’1,9. Il merito è del bonus da 80 euro che Renzi ha fatto trovare in busta paga ai lavoratori dipendenti a reddito medio-basso da maggio. Di quanto è aumentata la spesa per consumi finali, cioè la cosiddetta “domanda interna”? Zero. Anzi: “0,0”. C’è un piccolo aumento dello 0,4 per cento tra terzo trimestre 2014 e terzo 2013, ma per definire un successo la scelta del governo l’aumento doveva essere rispetto ai mesi precedenti.
Qualche settimana fa, in un’intervista al Fatto, lo psicologo Paolo Legrenzi aveva spiegato bene il problema: in questa crisi gli italiani hanno visto ridursi i risparmi (crolli di Borsa), intaccati anche per compensare il calo dei redditi dovuti alla perdita di lavoro, e perfino le case hanno iniziato a scendere di valore. Le ricerche sulla psicologia degli investitori dimostrano che le perdite sono percepite molto più dei guadagni. Appena possibile, gli italiani hanno cercato di ricostruire quel cuscinetto di risparmi che considerano prioritario rispetto all’aumento dei consumi. Il Tesoro, con un comunicato, non solo ammette questo meccanismo, ma specifica che “non sorprende”. Si legge che “il ministro Padoan ha più volte sostenuto che le famiglie tendono a ricostruire lo stock di risparmio intaccato durante la crisi prima di riprendere il livello adeguato di consumi e investimenti”. Ma se Padoan lo sapeva, perché ha avallato una misura che costa 10 miliardi all’anno e il cui unico scopo (a parte far vincere le europee al Pd) è stimolare i consumi interni?
L’ex ministro Enrico Giovannini ha spiegato che con la somma spesa per il bonus da 80 euro si sarebbe potuta azzerare la povertà assoluta in Italia (la soglia varia dagli 820 euro per una persona nelle grandi città ai 549 del Sud), cioè permettere un livello di consumi dignitoso a chi oggi non può affrontarlo. Magari l’impatto politico sarebbe stato minore, ma quello economico superiore: i poveri, per definizione, non possono risparmiare. Renzi però ha scelto un’altra strada e Padoan, pur sapendo evidentemente che era sbagliata, ha applicato la scelta.
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