Presenti tante parti civili del processo Ilva: vari operai dell'Ilva e dell'appalto Ilva, lavoratori dei servizi cimiteriali, abitanti dei quartieri Tamburi e Paolo VI; presenti rappresentanti dello Slai Cobas per il sindacato di classe di altre città che nel pomeriggio terranno il coordinamento nazionale.
INTRODUZIONE
Iniziamo
con l’Ilva non perché siamo a Taranto, ma perché l’Ilva è, non
per decisione nostra ma del governo, questione saliente nazionale.
Non
a caso l'anno si è chiuso con due decreti di Renzi nella sua
"guerra" contro i lavoratori e in difesa dei padroni: il
Jobs Act e quello sull’Ilva e la città di Taranto.
Quindi
è il governo che ci porta ad affrontare insieme la questione lavoro
e la questione Ilva-Taranto. Di qui la scelta della sede di questa
riunione.
Il
JA sancisce il “contratto a tutele crescenti”, che in pratica
vuol dire che finchè lavori non avrai mai diritti pieni, mentre ai
padroni viene data libertà di licenziare – con la cancellazione
dell'art.18 - e possibilità di demansionare i lavoratori, messi alla
mercè dei padroni.
Nello
stesso tempo Renzi ha preso di punta Taranto per farne un laboratorio
di come cambiare e fare leggi a favore della difesa del profitto
padronale.
Quindi
è il governo che ci porta ad affrontare insieme la questione lavoro
e la questione Ilva-Taranto. Politica
del governo sul lavoro e decreto Ilva sono due facce della stessa
medaglie.
Di
qui la scelta della sede di questa riunione.
Ma
anche processo Ilva e decreto Ilva sono due facce del modo in cui
vogliono risolvere i problemi, sempre a favore del profitto e dei
padroni, socializzando i danni e i costi per far
ripartire i profitti.
ripartire i profitti.
Il
processo contro Riva e complici, è un processo su un immane disastro
ambientale e catena di morti per il profitto.
Ci
sono stati altri processi del genere in passato, Marghera, Eternit,
ecc. ma nessuno di queste dimensioni, questo fa del processo Ilva la
madre di tutti i processi di questo genere, e dal cui esito possono
dipendere le sorti di tante altre vicende.
Un
processo, quindi, esemplare, benchè non singolare, perché sono
decine le realtà e fatti che riproducono situazioni di morte simili
e devastanti per il popolo.
Nel
processo sono imputati, la famiglia Riva, i suoi agenti, tutte le
istituzioni, gli organi di controllo, la curia, fino al funzionario
digos, che invece che fare il suo dovere, spiava i magistrati e
informava l’azienda. Questa la rete che coinvolge questo processo,
per un disastro che ha prodotto un numero di morti incredibile,
dentro e fuori della fabbrica.
Per
questo è necessario che il processo veda partecipi migliaia di parti
civili, organizzate in quanto tali, non attraverso le tradizionali
associazioni sindacali e istituzionali, che a vario titolo sono già
o dovrebbero essere nel processo in qualità di imputati.
Questo
processo ha concluso una prima tappa con la sentenza sulle
costituzione delle parti civili.
SUL
PROCESSO
INTERVENTO
DELLA COORDINATRICE SLAI COBAS
Il
16 dicembre abbiamo vinto una battaglia: tutte
le parti civili presentate da noi sono state accettate:
operai Ilva e appalto, lavoratori del cimitero, abitanti dei tamburi
e lo stesso Slai Cobas sc. Abbiamo fatto un primo passo. Questa
vittoria non era affatto scontata, per due motivi:
primo, perché la stessa presentazione delle parti civili, all’inizio
del percorso processuale, non è stato affatto semplice, ma
complicata e ostacolata in diversi modi, ricorrendo a tutti i
pretesti.
Chi ha seguito il processo e gli antefatti sa benissimo quante e quali eccezioni erano state fatte per impedire la presentazione come parti civili dello slai cobas per il sindacato di classe e dei lavoratori e cittadini organizzati dallo slai cobas sulla linea e prassi proposta dall'Avvocato Bonetto - processo Eternit Torino - e degli avvocati tarantini Lamanna presidente camera penale, Silvestre vice presidente della camera penale, avvocato Fausto Soggia, che senza alcuno onorario prestano la loro opera al servizio dei lavoratori e cittadini danneggiati, come battaglia di civiltà in questo maxi-processo. L'avv. Lamanna, in risposta agli auguri di buon anno ha detto che lui era felice e orgoglioso di rappresentare le nostre parti civili nel processo perchè ne condivide i valori. Un lavoro di costituzione fatto di assemblee tra lavoratori e cittadini autorganizzati e avvocati, una battaglia anche di crescita e partecipazione. Per questo siamo parte civile, per proseguire questa prima battaglia vinta, una guerra che deve essere un processo popolare ai padroni assassini e ai loro complici
Siamo stati fermi
sul fatto che la
questione principale era la presentazione come parti civili di
operai, lavoratori, cittadini organizzati allo scopo,
non tanto lo slai cobas.
Solo
in seguito abbiamo deciso di presentare lo Slai cobas sc, sia per
contrastare l’indecente presentazione come parti civili dei
sindacati confederali, sia per poter materialmente essere presenti in
aula, anche per garantire il coordinamento dei nostri legali -
mettere insieme sullo stesso metodo e linea avvocati differenti era
necessario e anche su questo abbiamo vinto una prima battaglia.
E
la prima cosa che abbiamo messo in chiaro con loro: difendono le
nostre parti civili perché aderiscono a una battaglia.
Una
battaglia fatta mettendoci la faccia,
con nome e cognomi di persone, cosa difficile soprattutto in fabbrica
per il clima di paura, ricatti, pressioni che gli operai Ilva e
indotto hanno dovuto subire, rischiando discriminazioni per
presentarsi come parte civile, senza coperture sindacali di comodo;
ma anche per il fatto che altre realtà che potevano farlo – Usb,
Liberi e pensanti - non hanno raccolto gli operai ma si sono limitati
a presentare solo la loro organizzazione.
Gli
operai che si sono costituiti con lo Slai cobas sc sono, quindi, dei
coraggiosi. Tanti altri vorrebbero farlo ma la prima cosa che ci
chiedono è “che mi può succedere?”.
Nelle
prime udienze le difese degli imputati hanno detto e fatto di tutto
per impedire le nostre costituzioni, e lo stesso atteggiamento del
giudice, che dava agio e tempo alle difese mentre comprimeva
l’agibilità degli avvocati delle parti civili, non ci confortava.
In questo senso è stata in parte una sorpresa leggere nelle
motivazioni della decisione sulle parti civili quello che è la
nostra impostazione, vale a dire che si possono costituire anche
coloro che non hanno una patologia ma vivono il rischio concreto di
contrarle e riconoscendo lo stress
psicologico derivante.
Questa sentenza ribadisce che Riva ha danneggiato, comunque, tutti
gli operai, tutta la città, anche chi attualmente, per fortuna sta
bene. Come
ha detto l'Avv. Bonetto: per la prima volta in
questo grado di giudizio
si dice che non solo chi si è ammalato a causa dell'inquinamento o i
familiari di operai, cittadini deceduti possono essere parte civile,
ma anche chi è attualmente sano ma è sottoposto costantemente, a
causa dell'esposizione a più agenti altamente inquinanti, ad uno
stress psicologico da "timore di ammalarsi". Si
è riconosciuta di fatto la nostra tesi, cioè che anche il "timore
di ammalarsi", lo “stress psicologico” è un danno morale
riconosciuto dalla giurisprudenza, quale sofferenza soggettiva.
Ora
questa prima vittoria deve incoraggiare tutti.
Nell’ordinanza
del giudice inoltre si dice che i sindacati possono costituirsi parte
civile “indipendentemente dall’iscrizione del lavoratori al
sindacato…”; quindi si riconosce che il fatto di avere pochi
iscritti, effetto di un'azione di disturbo e discriminazione non può
essere motivo per un ulteriore esclusione dalla difesa dei diritti
dei lavoratori in sede di processo. Anche questa verità deve uscire
e vogliamo portare al processo.
D'altra
parte la sentenza di riconoscimento delle parti civili di fatto
estende la possibilità di presentazione, anche agli operai che hanno
lavorato per pochi anni “sotto Riva”, ai lavoratori operanti
vicino all'area Ilva (come quelli della Pasquinelli), come agli
abitanti anche di Paolo VI, borgo e Statte. Questo
ci conforta e
apre la strada alla presentazione nella
prima udienza dibattimentale di altri parti civili già
organizzate e invitiamo altri operai Ilva e appalto, lavoratori
operanti nell'area Ilva e cimitero, abitanti anche di Paolo VI,
Statte e borgo, a mettersi in contatto per essere parte civili al
processo.
Resta
forte il senso di ingiustizia
per l’accettazione delle costituzioni di CGIL, CISL, UIL e FIOM,
FIM, UILM,
dato
che questi sono pienamente corresponsabili della situazione di
attacco quotidiano alla salute e sicurezza in fabbrica e della
criminale azione dell'Ilva di inquinamento; e per il loro ruolo,
appunto sindacale, sono dal punto di vista della difesa degli operai
ancora più da condannare, perchè hanno ampiamente contribuito, ora
col silenzio (anche dei loro RLS in Ilva e nell'appalto), ora con
espliciti accordi di svendita di diritti fondamentali dei lavoratori
e di cogestione, ora con la condivisione della logica criminale
padronale di mettere la produzione e gli interessi aziendali al primo
posto, e, in generale, frenando e indebolendo la forza di opposizione
dei lavoratori, ad arrivare negli anni alla gravissima situazione di
oggi.
Ricordiamo
che a seguito di una esplicita denuncia dello slai cobas, RLS dei
sindacati confederali sono imputati per la prima volta nel processo
per la morte dell'operaio Di Leo. E tante altre denunce sono state
fatte che dimostrano esplicitamente questa costante
corresponsabilità.
Ora,
questi sindacati confederali si trovano come parti civili nel
processo Ilva, quando avrebbero dovuto stare dall'altra parte. E
dobbiamo sentire l'avvocato della Fiom-Cgil sostenerne la
costituzione dicendo nell'udienza del 16 dicembre scorso che il
sindacato ha "diritto di intervenire nelle scelte dei sistemi di
produzione...". E perchè la Fiom-Cgil, come fim e uilm, non
l'ha preteso e fatto a suo tempo? Perchè invece ha assunto una linea
di concertazione?
È
assurdo che nel processo, fra le varie questioni, da un lato si
citino 3 infortuni mortali, compreso quello di Claudio Marsella.
morto anche in conseguenza di un accordo firmato dai sindacati
confederali, e poi dall'altro vengono accettati come parti civili.
In
un incontro che avemmo col Procuratore, dicemmo chiaramente che i
sindacati avrebbero dovuto essere imputati, ci rispose: lasciate fare
questo processo, poi vedremo.
Nel
corso del processo, però avremo possibilità di indicare testi,
compresi segretari sindacali, che punteremo a trasformare in
imputati. Senza la loro incriminazione, secondo noi questo processo è
monco.
Ma
per comprendere la portata di questo processo, occorre mettere
in luce quello che è avvenuto realmente in questa grande fabbrica.
Padron
Riva ha preso a prezzo stracciato la fabbrica di Stato che già aveva
condotto, nel silenzio-assenso di Istituzioni con la collaborazione
del sindacalismo confederale, una produzione per il profitto, con una
catena infinita di morti sul lavoro, inquinamento, malati morti per
tumore dalla città.
Il
passaggio dalla fabbrica di Stato alla fabbrica di Riva ha aggravato
e accentuato questa situazione. Da un lato Riva ha innalzato la
produzione, ha intensificato lo sfruttamento, ha violato
sistematicamente le norme sulla sicurezza, ha avuto campo libero per
inquinare la città.
Abbiamo
letto e sentito più volte che “neanche gli operai sono innocenti”,
specie da parte di certo ambientalismo. Ma noi sappiamo che non è
cosi. Ci sono stati negli anni momenti di opposizione collettiva
degli operai sulle questioni della sicurezza e condizioni nocive,
come pure tante denunce individuali, ricordiamo il blocco del lavoro
al convertitore da parte dei due ex delegati Fiom (Battista e Rizzo,
attualmente uno a capo dei Liberi e pensanti e l'altro dell'USB), poi
licenziati da Riva e rientrati non per merito della Fiom ma per
intervento di Vendola, e nessun ambientalista allora li ha difesi, la
loro stessa organizzazione sindacale li ha rimossi e messi a tacere.
Ma tutto questo è stato ostacolato, frenato, impedito dai sindacati
confederali, con accordi e accettazione di organizzazione del lavoro
che ha prodotto miliardi di profitti per Riva – i miliardi nascosti
poi nei paradisi fiscali li faceva nell'Ilva di Taranto...
Quindi
non è vero che gli operai hanno subito passivamente, è
vero invece che non hanno mai trovato né nei sindacati confederali e
meno che mai nelle forze politiche degenerati e assente la sponda
necessaria per fermare la mano del padrone, difendersi. I governi di
centrodestra nazionale, Berlusconi e i suoi ministri Fitto e i
sindaci Di Bello, prima Cito, la Provincia, sono stati complici
permanenti del sistema Riva. Il cambio delle amministrazioni non ha
provocato nessun mutamento.
L'inchiesta
della Magistratura, assolutamente tardiva rispetto alle denunce che
venivano da operai, lavoratori, alcuni settori ambientalisti, è
finalmente poi partita e siamo entrati nella fase che ha portato al
processo. Qui, da un lato l'inchiesta della magistratura non ha
saputo distinguere le responsabilità dei padroni e dei suoi
effettivi complici, prima tra tutti i vertici sindacali, dalla difesa
degli operai, e ha messo effettivamente la fabbrica di fronte alla
prospettiva della chiusura, cosa che non poteva non creare una
reazione dei lavoratori che ha rischiato per alcuni mesi di creare
una contrapposizione tra operai e cittadini; dall'altro le forze che
si sono schierate con la magistratura hanno messo nello stesso sacco
operai e azienda, considerando che la fabbrica, e non il sistema
capitalista, ha creato questa situazione. Così la stessa ribellione
antisindacale dei Liberi e pensanti del 2 agosto 2012 non è riuscita
a unire intorno a sé operai e cittadini in una lotta per difendere
lavoro e salute.
Occorre
scrivere la vera storia dell’Ilva, e noi ci stiamo impegnando anche
per questo.
La
morale è in quella fabbrica c’è stata una guerra, ma i lavoratori
l’hanno persa. Questa
è la solo colpa degli operai: non aver trovato la strada per
impedire il disastro e le morti. Ma tutti gli altri, che quando gli
operai venivano colpiti, o quando lo Slai era criminalizzato ed
escluso, voltava la faccia
Lo
Slai cobas ha contrastato questa situazione in ogni momento,
schierandosi contro tutte queste posizioni e ottenendo come risultato
una campagna di isolamento, uno sforzo congiunto di isolarci,
impedirci il rafforzamento in fabbrica, negandoci da parte
dell'azienda i diritti sindacali e facendo pressione, rispetto ad
ogni sforzo che noi facevamo, sui lavoratori per allontanarli dallo
Slai cobas.
Ma
questa battaglia non è passata.
L'azienda ha dovuto riconoscere i diritti sindacali, le forze che ci
hanno contrastato sono diventate famose sui giornali ma non hanno
portato alcun risultato pratico per i lavoratori e le masse popolari.
Le
nostre parole d'ordine “Padroni
in galera e operai in fabbrica”, “nocivo è il capitale non la
fabbrica” sono
ancora e sempre più valide. Nella nostra battaglia i lavoratori sono
protagonisti e devono lottare per una fabbrica e una città risanate.
Noi
già prima dell'inchiesta avevamo fatto dell'Ilva una questione
nazionale con la Rete nazionale per la sicurezza, la formazione
dell'Associazione familiari, le vittorie in Tribunale su Palazzina
Laf, Nuova Siet, “Riva assassino”, mentre tutti gli altri che
sono usciti fuori, ambientalisti, ecc., erano assenti. Abbiamo
respinto le querele di Palombella, del segretario della Fiom, mentre
quelli che poi hanno fatto i “fenomeni” in fabbrica erano dentro
i sindacati confederali, sia pure in posizione critica. Abbiamo
organizzato una grande manifestazione nazionale a Taranto nel 2010.
Ora
il processo è cominciato. Una battaglia è stata vinta, bisogna
vincere la guerra.
Ma
questo processo deve ancora vedere la partecipazione e la forza di
tutta la città, è sconcertante che a una manifestazione in centro
partecipino in 3000 e alle udienze ci siamo solo noi.
Bisogna
imporre che questo processo dia risposte non agli avvocati e alla
legge ma ai lavoratori in carne e ossa, alle loro famiglie e tutta la
città. È una guerra che va combattuta e vinta, se non la si
affronta come tale, la perderemo e sicuramente non può che finire
come il processo Enternit, o Marlane.
La
guerra parte sin dalle prossime settimane dato che le lungaggini
processuali, gestite dagli imputati puntano a ritardarne l'effettivo
inizio della fase dibattimentale, siamo ancora all'udienza
preliminare, dobbiamo batterci perchè l'azione degli imputati venga
contrastata e respinta e si possa entro questo semestre cominciare il
processo vero.
INTERVENTI
Amedeo
Zaccaria
- Sono il padre di Francesco Zaccaria. Voglio fare una premessa: non
ho avuto modo di conoscere prima Margherita Calderazzi e posso
testimoniare che è persona squisita e così credo anche gli altri.
Nonostante
abbia perso un figlio, non sono per la chiusura dell’Ilva, la
riterrei una sconfitta per i lavoratori.
Quando
è successa la morte di mio figlio, nessuno dei sindacati si fatto
sentire.
Io
salivo e scendevo da una gru quando ancora l’ingegnere responsabile
faceva esami all’università, quindi so perfettamente che cosa è
successo.
Venti
erano le violazione esistenti sulla gru in cui lavorava Francesco:
mancava il dispositivo di sicurezza come da progetto e altri punti di
violazione delle norme. In occasione dell’ultimo incidente tutti
poi infatti mi hanno dato ragione.
Non
solo allora i sindacati non si sono fatti sentire ma anche quando è
successo l'ultimo incidente, hanno incitato gli operai a salire sulle
gru nell'attesa
che l'azienda le mettesse in sicurezza,
tanto un accordo era stato fatto per la sicurezza.
Io
ho sempre detto che non solo queste organizzazioni non si assumono la
responsabilità della difesa dei lavoratori ma mandano avanti i
lavoratori a rischiare e poi si presentano parti civili. Non è
giusto.
Tanti
infortuni e incidenti in Ilva sono stati coperti, anche grazie alla
complicità dei sindacati. E il peggio è che la magistratura chiama
questi omicidi colposi, secondo me sono assassini. La gru dove
lavorava Francesco doveva essere fermata mesi prima, secondo rapporto
arpa, chi non l’ha fermata è un assassino.
Anche
la magistratura è complice, non è vero che la legge è uguale per
tutti.
Quanto
a chi ci dice “non strumentalizzate”, fate le cose in silenzio,
vuole coprire i crimini. Se noi non “strumentalizziamo”, se non
alziamo la voce e facciamo sapere tutto a tutti, allora copriamo gli
assassini.
Ho
trovato tutto giusto e soprattutto tutto vero in quello che è stato
detto stamattina.
Io
non ho fiducia nella magistratura. Lo stesso fatto che abbiano
inserito l’assassinio di Francesco in un processo per disastro
ambientale, non mi da fiducia che non vada a finire come l’Eternit…
L’unico
modo per impedirlo è restare tutti uniti e partecipare alla
battaglia del processo.
Operaio
Ilva
– Prima lavoravo al 3° sporgente e denunciai la presenza di
amianto. L’azienda non la prese bene e mi trasferì in stabilimento
al reparto dove più intensa era la nocività nonostante la mia
patologia, documentata da tac facciale.
Andavo
spesso in infermeria e chiesi di essere spostato, ma l’azienda mi
chiese ulteriore documentazione. Feci un’altra perizia e per
risposta dopo due mesi mi hanno convocato a Bari, dove mi hanno fatto
tutte le analisi tranne quelle specifiche della mia patologia. E
infine la conclusione è stata che ero in piena salute. Dunque anche
a Bari sono collusi.
Solo
consigliavano una nuova tac facciale. L’esito è stato che la
situazione era molto peggiore che nel 2010. Occorreva un consulto
chirurgico d’urgenza. Qui documentano che l’aggravamento è
dovuto dall’esposizione al polverino e si consiglia l’immediato
trasferimento al porto, perchè solo lo iodio può farmi respirare,
l’alternativa è cortisone a vita.
Sono
tornato a parlare con l’azienda con un delegato, questo non ha
detto un parola per un’ora, e ancora lavoro allo stesso reparto.
Quando l'altro giorno durante la mensa è venuto il delegato io l'ho
attaccato davanti a tutti gli operai presenti, che mi hanno
applaudito in massa; il delegato dopo mi ha preso da parte e mi ha
detto che quelle parole avrei dovute dirgliele al massimo
direttamente, altrimenti così io gli facevo perdere gli iscritti.
Altri
operai dell'Ilva e dell'appalto
sono intervenuti per ricordare fasi, episodi (un operaio ha ricordato
anche la Palazzina Laf, la prima terribile collettiva situazione di
mobbing) che tutti dimostrano l'azione costante di aperta
collaborazione dei sindacati confederali con l'azienda e contro la
tutela dei lavoratori.
A
questo punto si è passati ad analizzare il decreto Ilva – SEGUIRA' RESOCONTO.
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