tratto dal blog semenella
Era sereno Erlantz Ibarrondo, avvocato di Alfòn, all’uscita dell’udienza del 25 Novembre.
“Non possiamo sapere che cosa accadrà però per me è risultato evidente che Alfon è innocente, perché ci sono contraddizioni evidenti, soprattutto rispetto alla catena di custodia del presunto artefatto esplosivo, chi lo ha preso, come è stato trasportato, come è stato analizzato […] non coincidono le descrizioni dell’artefatto” e ancora “un dato determinante è che stato chiesta l’analisi delle impronte digitali, e curiosamente non ci sono impronte di Alfon ma ce ne sono quattro su cui non si è mai indagato”.
Ricapitolando i fatti: Alfòn sta andando ad un picchetto informativo durante lo sciopero generale del 14 Novembre, viene arrestato per “detenzione di esplosivo”, sconta due mesi di regime Fies, duro regime di isolamento, in seguito ai quali viene finalmente rilasciato in attesa di processo.
Da subito familiari, amici, compagni e vicini del suo quartiere Vallekas, denunciano un caso di montaggio giudiziario. Alfon è un ottimo capro espiatorio per colpire il dissenso, oggi ancor di più nella Spagna della Ley Mordaza e dell’Operaciòn Pandora.
Alfon è stato fermato e poi arrestato da agenti in borghese della Brigata Provinciale d’Informazione, una sorta di polizia politica e su di lui c’era un fascicolo aperto sin dal 2009, sebbene non fosse accusato di nessun reato. La BPI ha sostenuto che stavano raccogliendo informazioni su tifoserie potenzialmente pericolose, come quella, appunto, dei Bukaneros, di cui fa parte Alfon.
Infatti, la giustizia spagnola non si smentisce. E sì che siamo in occidente, e sì che c’abbiamo i diritti umani fondamentali ma non per questo non ci concediamo queste meraviglie del diritto. Nelle testimonianze delle forze dell’ordine non c’è accordo sul luogo in cui è avvenuta la detenzione di Alfon, ci sono molte imprecisioni e contraddizioni sul presunto artefatto esplosivo, tanto che non sono nemmeno stati chiamati gli artificieri per metterlo in sicurezza ma è stato trasportato così com’era, in una busta di plastica. “Abbiamo visto una miccia, e abbiamo pensato che se non si accendeva non c’era pericolo e così l’abbiamo portata via noi. Oggi come oggi, sapendo che era un oggetto così pericoloso non lo porterei ma non mi ero mai trovato in una situazione del genere”. Questa la difesa di uno degli agenti. Alfon ha dichiarato durante il processo che la polizia l’ha minacciato di incriminarlo per detenzione di esplosivi se non avesse identificato fotograficamente membri dei Bukaneros, gruppo ultras della squadra del quartiere popolare di Vallecas, il Rayo Vallecano ed altri giovani appartententi a gruppi antifascisti.
E nonostante questo quadro la magistrata, Maria Pilar Olivan scrive nella sentenza che le prove che giustificano la sentenza sono in primo luogo le dichiarazioni degli agenti, nonostante le divergenze perché sono concordi sull’essenziale. E l’essenziale è che Alfon aveva la busta di plastica con l’artefatto esplosivo.
Ieri migliaia di persone sono scese in piazza a Madrid per chiedere la libertà di Alfon e denunciare l’incredibile caso di accanimento di cui è vittima. Ieri, mentre Mariano Rajoy,padre della Ley Mordaza, sfilava nella capitale parigina in difesa della libertà di espressione, le strade di Madrid si riempivano di cori per la libertà di Alfon, ma anche per gli e le anarchiche arrestati nell’operazione Pandora. Alfon ha ricevuto la solidarietà da tutto lo stato spagnolo, dal Paese Basco e dalla Catalogna perché “Alfon potremmo essere tutti”.
Alfon non è di sicuro il primo o l’unico prigioniero politico nello stato spagnolo ma è diventato sicuramente un esempio, per la solidarietà e la potenza della campagna organizzata in questi mesi ma anche perché l’arroganza e l’ingiustizia dei tribunali spagnoli colpisce Madrid, la capitale, colpisce un giovanissimo tifoso e militante di un quartiere che è anche comunità, aggregazione ed organizzazione delle lotte.
Questo è il messaggio della Spagna di Rajoy, guai a protestare contro i tagli alla sanità ed al sociale, alle riforme del lavoro, per l’educazione pubblica, guai a rivendicare il proprio diritto all’autodeterminazione. Ma disegnetti sì, ne potete fare. Peccato che davvero, a queste condizioni, non possano che essere matite spuntate.
Era sereno Erlantz Ibarrondo, avvocato di Alfòn, all’uscita dell’udienza del 25 Novembre.
“Non possiamo sapere che cosa accadrà però per me è risultato evidente che Alfon è innocente, perché ci sono contraddizioni evidenti, soprattutto rispetto alla catena di custodia del presunto artefatto esplosivo, chi lo ha preso, come è stato trasportato, come è stato analizzato […] non coincidono le descrizioni dell’artefatto” e ancora “un dato determinante è che stato chiesta l’analisi delle impronte digitali, e curiosamente non ci sono impronte di Alfon ma ce ne sono quattro su cui non si è mai indagato”.
Ricapitolando i fatti: Alfòn sta andando ad un picchetto informativo durante lo sciopero generale del 14 Novembre, viene arrestato per “detenzione di esplosivo”, sconta due mesi di regime Fies, duro regime di isolamento, in seguito ai quali viene finalmente rilasciato in attesa di processo.
Da subito familiari, amici, compagni e vicini del suo quartiere Vallekas, denunciano un caso di montaggio giudiziario. Alfon è un ottimo capro espiatorio per colpire il dissenso, oggi ancor di più nella Spagna della Ley Mordaza e dell’Operaciòn Pandora.
Alfon è stato fermato e poi arrestato da agenti in borghese della Brigata Provinciale d’Informazione, una sorta di polizia politica e su di lui c’era un fascicolo aperto sin dal 2009, sebbene non fosse accusato di nessun reato. La BPI ha sostenuto che stavano raccogliendo informazioni su tifoserie potenzialmente pericolose, come quella, appunto, dei Bukaneros, di cui fa parte Alfon.
Infatti, la giustizia spagnola non si smentisce. E sì che siamo in occidente, e sì che c’abbiamo i diritti umani fondamentali ma non per questo non ci concediamo queste meraviglie del diritto. Nelle testimonianze delle forze dell’ordine non c’è accordo sul luogo in cui è avvenuta la detenzione di Alfon, ci sono molte imprecisioni e contraddizioni sul presunto artefatto esplosivo, tanto che non sono nemmeno stati chiamati gli artificieri per metterlo in sicurezza ma è stato trasportato così com’era, in una busta di plastica. “Abbiamo visto una miccia, e abbiamo pensato che se non si accendeva non c’era pericolo e così l’abbiamo portata via noi. Oggi come oggi, sapendo che era un oggetto così pericoloso non lo porterei ma non mi ero mai trovato in una situazione del genere”. Questa la difesa di uno degli agenti. Alfon ha dichiarato durante il processo che la polizia l’ha minacciato di incriminarlo per detenzione di esplosivi se non avesse identificato fotograficamente membri dei Bukaneros, gruppo ultras della squadra del quartiere popolare di Vallecas, il Rayo Vallecano ed altri giovani appartententi a gruppi antifascisti.
E nonostante questo quadro la magistrata, Maria Pilar Olivan scrive nella sentenza che le prove che giustificano la sentenza sono in primo luogo le dichiarazioni degli agenti, nonostante le divergenze perché sono concordi sull’essenziale. E l’essenziale è che Alfon aveva la busta di plastica con l’artefatto esplosivo.
Ieri migliaia di persone sono scese in piazza a Madrid per chiedere la libertà di Alfon e denunciare l’incredibile caso di accanimento di cui è vittima. Ieri, mentre Mariano Rajoy,padre della Ley Mordaza, sfilava nella capitale parigina in difesa della libertà di espressione, le strade di Madrid si riempivano di cori per la libertà di Alfon, ma anche per gli e le anarchiche arrestati nell’operazione Pandora. Alfon ha ricevuto la solidarietà da tutto lo stato spagnolo, dal Paese Basco e dalla Catalogna perché “Alfon potremmo essere tutti”.
Alfon non è di sicuro il primo o l’unico prigioniero politico nello stato spagnolo ma è diventato sicuramente un esempio, per la solidarietà e la potenza della campagna organizzata in questi mesi ma anche perché l’arroganza e l’ingiustizia dei tribunali spagnoli colpisce Madrid, la capitale, colpisce un giovanissimo tifoso e militante di un quartiere che è anche comunità, aggregazione ed organizzazione delle lotte.
Questo è il messaggio della Spagna di Rajoy, guai a protestare contro i tagli alla sanità ed al sociale, alle riforme del lavoro, per l’educazione pubblica, guai a rivendicare il proprio diritto all’autodeterminazione. Ma disegnetti sì, ne potete fare. Peccato che davvero, a queste condizioni, non possano che essere matite spuntate.
Bilbao, in 80.000 per chiedere la fine della dispersione dei prigionieri politici
Almeno
80.000 persone hanno partecipato quest'oggi a Bilbao alla
manifestazione indetta da Sare, la rete nata la scorsa estate per
fornire assistenza ai prigionieri politici reclusi in Euskal Herria, o
dispersi fra Spagna e Francia, e agli oltre 500 deportati ed esiliati a
causa della persecuzione dello stato spagnolo. Il gigantesco corteo ha
marciato in due colonne che si sono incontrate su piazza Zabalburu, dove
sono stati lanciati diversi razzi segnalatori e fuochi d'artificio per
chiedere il rimpatrio dei presos.
La mobilitazione, lanciata dallo slogan “NOW! Euskal Herria”, è iniziata intorno alle 17,50, una ventina di minuti più tardi del previsto, a causa della fortissima affluenza di persone che si sono riunite nel capoluogo basco da tutte le provincie di Euskal Herria, con nutrite delegazioni anche da Spagna, Francia, Catalogna, Irlanda, Kurdistan e Italia. I parenti dei prigionieri politici hanno aperto la manifestazione senza bandiere e in silenzio, mentre a poco a poco, le due colonne avanzavano lungo calle Autonomia e Hurtado de Amezaga.
Joseba Azkarraga, portavoce di Sare, ha espresso la speranza che questo evento "sia l'ultimo contro la dispersione" e ha sottolineato che sono stati "migliaia e migliaia i cittadini a mobilitarsi per una giusta causa, tutti hanno urlato silenziosamente che è giunto il momento di porre fine alla violazione dei diritti".
Presenti in piazza tutte le anime della sinistra indipendentista basca, che hanno richiesto a gran voce una risoluzione immediata della questione. In un momento di evidente fragilità delle istituzioni spagnole, anche a fronte del referendum che appena due mesi fa ha portato milioni di catalani ad esprimersi a favore dell'indipendenza, la situazioni in Euskal Herria continua ad essere condizionata da una fortissima repressione. Da quando ETA ha dichiarato un cessate il fuoco permanente, infatti, la politica di Madrid non ha accennato a cambiare, soprattutto in materia di detenzione illegale dei militanti, che da sempre denunciano le torture e la folle politica penitenziaria dello Stato spagnolo.
Nella tarda serata, poi, circa un migliaio di persone hanno preso parte al corteo indetto da Amnistia ta Askatasuna (ATA) nel centro storico di Bilbao, scandendo slogan come "Sin amnistía no hay paz" per ribadire un'altra importante rivendicazione del movimento indipendentista basco.
La mobilitazione, lanciata dallo slogan “NOW! Euskal Herria”, è iniziata intorno alle 17,50, una ventina di minuti più tardi del previsto, a causa della fortissima affluenza di persone che si sono riunite nel capoluogo basco da tutte le provincie di Euskal Herria, con nutrite delegazioni anche da Spagna, Francia, Catalogna, Irlanda, Kurdistan e Italia. I parenti dei prigionieri politici hanno aperto la manifestazione senza bandiere e in silenzio, mentre a poco a poco, le due colonne avanzavano lungo calle Autonomia e Hurtado de Amezaga.
Joseba Azkarraga, portavoce di Sare, ha espresso la speranza che questo evento "sia l'ultimo contro la dispersione" e ha sottolineato che sono stati "migliaia e migliaia i cittadini a mobilitarsi per una giusta causa, tutti hanno urlato silenziosamente che è giunto il momento di porre fine alla violazione dei diritti".
Presenti in piazza tutte le anime della sinistra indipendentista basca, che hanno richiesto a gran voce una risoluzione immediata della questione. In un momento di evidente fragilità delle istituzioni spagnole, anche a fronte del referendum che appena due mesi fa ha portato milioni di catalani ad esprimersi a favore dell'indipendenza, la situazioni in Euskal Herria continua ad essere condizionata da una fortissima repressione. Da quando ETA ha dichiarato un cessate il fuoco permanente, infatti, la politica di Madrid non ha accennato a cambiare, soprattutto in materia di detenzione illegale dei militanti, che da sempre denunciano le torture e la folle politica penitenziaria dello Stato spagnolo.
Nella tarda serata, poi, circa un migliaio di persone hanno preso parte al corteo indetto da Amnistia ta Askatasuna (ATA) nel centro storico di Bilbao, scandendo slogan come "Sin amnistía no hay paz" per ribadire un'altra importante rivendicazione del movimento indipendentista basco.
Nessun commento:
Posta un commento