un'altra cronaca della giornata torinese della manifestazione contro la Lega a Torino che ripercorre le cariche, i lacrimogeni e i fermi contro il corteo antirazzista ma riporta anche qualche dato realistico sulla sfilata in quattro gatti per i razzisti con la camicia verde.
La Lega sfila contro gli immigrati in una Torino blindata. Manganellate e lacrimogeni per gli antirazzistidi Andrea Doi - Nuova Società
Sabato pomeriggio blindato quello torinese. Il corteo nazionale della Lega Nord contro l'immigrazione ha trasformato il centro in una zona rossa: blindati con tanto di grate di metallo per fare da filtro, da piazza Lagrange e piazza Paleocapa. Da una parte le camicie verdi, arrivate a Torino con 150 pullman, in prima fila il senatore Umberto Bossi, Roberto Maroni, Mario Borghezio e il governatore del Piemonte Roberto Cota. Dall'altra una città che non li vuole.
Un corteo nazionale, dicevamo, molto corto: da piazza Carlo Felice, difronte alla stazione di Porta Nuova, fino a piazza San Carlo. Giusto il tempo di contarsi e rendersi conto che non è più tempo per loro di manifestazioni oceaniche, come era accaduto nei primi anni ‘90. Poche centinaia di metri che però hanno il potere di preoccupare, soprattutto le forze dell'ordine. Infatti in piazza Castello si sono dati appuntamento i collettivi antifascisti e antirazzisti, gli antagonisti e i militanti dei centri sociali. La parola d'ordine è: nessun razzista deve sfilare a Torino, medaglia d'oro alla Resistenza. E la società civile, compresa l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia per voce del presidente regionale e provinciale Diego Novelli, il Sermig di Olivero, e Don Ciotti avevano chiesto che questa manifestazione non sfilasse, soprattutto dopo la strage di Lampedusa.
Invece, i difensori della Bossi-Fini hanno preferito non annullare l'appuntamento. Nonostante abbia il sapore della provocazione, visto che nel mare di Sicilia continuano a venire a galla i cadaveri degli immigranti e continuano ad affondare le carrette della morte.
Pochi i momenti di tensione. Almeno per quanto riguarda il primo pomeriggio.
La “scorta” per i leghisti è ben nutrita e la zona rossa appare invalicabile.
Se si guardano i cordoni nelle vie laterali a via Roma sembra quasi che siano più gli agenti di polizia e i carabinieri che i manifestanti, non più di duemila persone.
All'altezza di via San Tommaso c'è un tentativo di sfondamento da parte dei collettivi antifascisti. Vengono respinti, volano alcune manganellate, c'è un lancio di lacrimogeni in via Arcivescovado. Altri ne verranno sparati in serata, alle 18.30, quando ormai la manifestazione leghista è ormai conclusa, in via Madama Cristina. Qui si registra anche un fermo, mentre gli antirazzisti, per fermare le cariche, chiudono le vie del quartiere di San Salvario con i bidoni della spazzatura.
In pratica i cortei sono due: viaggiano parallelamente, ma non si sfiorano. In piazza Cln un presidio non violento, con tanto di bandiera della pace, mostra un cartello: «Italiani popolo di immigrati». Quelli del Carroccio vorrebbero mangiarli tutti in sol boccone. Bava alla bocca urlano, qualche spinta. Poi la polizia divide i due gruppi.
Le “sciure” sventolano i foulard verdi e dicono che in Padania non c'è posto per il “negher” perché da «noi si lavora che si crede lei?» e aggiungono «se non vogliono annegare restino al loro Paese». Mentre il ministro Kynege farebbe meglio a tornare, in barchetta, «in Congo». E pensare che a pochi metri dall'ingioiellata signora che è «arrivata da vicino a Monza», c'è il suo segretario, un Roberto Maroni che continua a dire e a sostenere che quello di oggi non si tratta di un corteo razzista.
Roberto Calderoli dal palco minaccia che chi «tocca la Bossi-Fini muore». Intanto a chilometri e chilometri dalla Mole i disperati che fuggono dalla fame e dalla guerra continuano a morire veramente. Nell'indifferenza e nell'odio. Almeno di questa parte di italiani. Anzi. Come ancora dicono di chiamarsi, nel 2013, di Padani.
Comitati,
associazioni e centri sociali hanno tentato più volte di raggiungere il
comizio del Carroccio, organizzato in piazza San Carlo con Roberto Cota
e i big del partito, ma sono sempre stati fermati dalle forze
dell'ordine con cariche di alleggerimento e lanci di lacrimogeni. Due
contusi tra gli agenti, due fermati tra i dimostranti
Giornata di tensione a Torino, attraversata da due cortei contrapposti. Da una parte, la marcia della Lega Nord, che ha poi tenuto un comizio in piazza San Carlo
con il presidente della Regione e i big del partito. Dall’altra, la
manifestazione antirazzista, che ha tentato più volte di raggiungere i
militanti del Carroccio ma è stata sempre stata bloccata dalle forze
dell’ordine con cariche di alleggerimento e lanci di lacrimogeni. Due
agenti sono rimasti contusi, mentre almeno due manifestanti sono stati fermati dalla polizia.Il corteo leghista, partito dalla stazione di Porta Nuova, ha percorso via Roma ed è terminato in piazza San Carlo, dove si è tenuto il comizio finale. Sono intervenuti Umberto Bossi, Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Roberto Cota. Non molto distante, in piazza Castello, il raduno degli antirazzisti. Dopo avere raggiunto un buon numero di partecipanti, circa 2mila persone, i dimostranti sono partiti in corteo, con in testa lo striscione ”Nessuno spazio per i razzisti”. I manifestanti, tra cui antagonisti dei centri sociali, ma anche migranti, comitati e associazioni, hanno percorso via Pietro Micca urlando slogan “Siamo tutti antirazzisti” e “Fuori la Lega dalla città”. Imponente la presenza di forze dell’ordine che monitorava il corteo. Un altro spezzone, composto da attivisti No Tav, si era mosso poco prima in direzione via Po.
Il corteo antirazzista ha più volte cercato di raggiungere il raduno leghista. In un primo momento, all’altezza di via San Tommaso, i manifestanti hanno cercato di forzare un cordone di poliziotti, ma sono stati allontanati con cariche di alleggerimento. Un secondo momento di tensione si è verificato in via Arcivescovado, quando i dimostranti hanno provato a forzare un altro posto di blocco delle forze dell’ordine: Gli antagonisti hanno lanciato bottiglie e uova, i poliziotti hanno risposto con una serie di cariche, usando lacrimogeni. Il corteo ha ripreso la marcia percorrendo piazza Solferino, corso Re Umberto e corso Vittorio Emanuele. Un terzo momento di tensione si è verificato in piazza Cln, dove una ventina di persone hanno iniziato a discutere in modo animato con i leghisti e dalle parole si è passati alle mani, ma la situazione non è degenerata.
Gli scontri più gravi si sono verificati in via Madama Cristina, dove un gruppo di manifestanti ha tentato nuovamente di sfondare il cordone di polizia e lanciato grossi petardi e bombe carta. L’obiettivo era raggiungere piazza Carlo Felice, dove dieci pullman attendono i militanti leghisti per riportarli a casa. Gli agenti hanno respinto i tentativi di sfondamento degli antagonisti e hanno fermato almeno due persone. In tutta risposta, i dimostranti hanno improvvisato una barricata sulla strada con i bidoni della spazzatura. Una agente della Digos, colpita già in precedenza alla spalla durante gli scontri, è stata nuovamente aggredita con una mazza da un manifestante che cercava di liberare un compagno dalla presa dei poliziotti. Antirazzisti e forze dell’ordine non smettono di fronteggiarsi, con i manifestanti che continuano a cambiare direzione al corteo per confondere gli agenti per poi tentare di aggirare i posti di blocco della polizia.
Nessun commento:
Posta un commento