Venerdì 22 Febbraio 1980, a Roma, intorno all'una di pomeriggio, tre uomini bussano alla porta di un appartamento al quarto piano di
via Monte Bianco 114, abitazione di Valerio Verbano, studente di 19
anni, militante dell'Autonomia Operaia. In quel momento in casa si
trovavano solamente i genitori di Valerio. La madre, dichiarandosi i tre
uomini amici di Valerio apre la porta.
Subito
i tre uomini, armati e resi irriconoscibili da dei passamontagna, la
immobilizzano e la legano insieme al marito in camera da letto, e
successivamente perquisiscono accuratamente tutto l'appartamento.
Intorno alle 13:40 Valerio torna da scuola, apre la porta di casa e ad
aspettarlo trova i suoi aguzzini. Subito si accorge della loro presenza,
e dopo averne disarmato uno, cerca di fuggire dalla finestra, ma viene
raggiunto da un colpo di pistola alla schiena. Morirà poco dopo in
ambulanza, mentre viene trasportato in ospedale.
Alle
21 dello stesso giorno arriva la rivendicazione dell'omicidio da parte
dei NAR, che verrà confermata in un ulteriore volantino ritrovato alle
12 del giorno successivo.
Nell'ambiente
dell'Autonomia, questo omicidio viene visto come parte di un processo
repressivo ampio, portato avanti dalle questure fortemente legate al
terrorismo nero. Proprio su questo legame Valerio aveva svolto un ampio e
preziosissimo lavoro di indagine, raccolto in un dossier che sparirà
dopo essere stato sequestrato dalle forze dell'ordine.
Inutile
dire come, in questo caso, tutta quella macchina mediatica che si
avviava in quegli anni per rendere onore alle "vittime del terrorismo",
non si sia messa in moto e si sia invece impegnata a descrivere Valerio
come un militante indeciso, sul punto di abbandonare i suoi ideali.
A
mettersi in moto è comunque il movimento: alla diffusione della notizia
dell'uccisione di Valerio seguirono cortei, che si concludono con
scontri con le forze dell'ordine, che arrivano persino ad inseguire i
manifestanti, il giorno del funerale, fin dentro il cimitero del Verano,
sparando lacrimogeni e raffiche di mitra.
Riportiamo due passi tratti da "I Volsci" del Febbraio 1980:
"Questo
attacco si inserisce in quello più generale contro l'antagonismo
organizzato, contro l'Autonomia. Dove non riescono galere, delatori,
brigatisti pentiti, giudici cervellotici e piccisti, dove non riesce la
campagna di linciaggio politico gestita dal potere, preparata ed
avvallata dal Pci, si arriva all'eliminazione fisica dei compagni"
"La
potenza repressiva dello Stato è stata invece un elemento complementare
dell'assassinio e della logica che lo ha prodotto. Come i compagni
hanno fin da subito messo in evidenza, i fascisti hanno colpito dopo che
la repressione aveva spianato loro la strada. Ma
non basta. Ciò che è avvenuto dopo l'uccisione di Valerio, sia sulla
stampa di regime che nelle piazze, ha infatti dimostrato che non solo ai
fascisti era stato suggerito e permesso di prendere l'iniziativa, ma
che l'assassinio stesso di Valerio veniva gestito dallo stato come un
ammonimento per i compagni. Eppure Valerio era stato ucciso inerme,
dentro casa sua, davanti ai genitori"
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