Sotto un sole caldissimo il corteo
"bianco", proposto dalle organizzatrici del
Coordinamento antiviolenza 21
luglio, si è però colorato della ribellione e
determinazione delle
lavoratrici, precarie e disoccupate dello Slai Cobas per il s.c. e delle
compagne del Mfpr che sin dal concentramento, durante l'affissione degli
striscioni tra cui "contro femminicidi e violenza sessuale la lotta
rivoluzionaria delle donne per rovesciare questa società che li produce",
la diffusione dei materiali portati, presi ben volentieri da parecchie donne
grandi e giovani, hanno iniziato ad animare la manifestazione con slogan e
primi spikeraggi al megafono.Così anche durante il corteo che si è
snodato da piazza Croci fino a piazza Massimo.
Uno spezzone vivace e
ribelle che ha costituito la parte combattiva e di classe del corteo, che si
è distinto da tutto il resto, da segnalare però anche lo spezzone delle
giovani compagne del Collettivo Anillo de Fuego in piazza con uno striscione
"non è più il tempo delle vittime, ma è l'ora di lottare".Tanti gli
slogan lanciati "femminicidi/violenza sessuale è questo il sistema del
capitale", "la nostra vita non si tocca la difenderemo con la lotta, " la
furia delle donne si deve scatenare questa sistema dobbiamo rovesciare,
"Moderno Medioevo, doppia oppressione donne in lotta contro la
rivoluzione"... per portare con forza alle donne un messaggio
diverso e in netta contrapposizione con quanto contenuto nell'appello di
convocazione ufficiale e
quanto dichiarato ai mass media dalle
rappresentanti del coordinamento organizzatore "... l'intento è anche quello
di sottoporre alle amministrazioni comunali e regionali la necessità di
alcune misure in merito a prevenzione, educazione e tutela… in merito al
tema della certezza della pena... al sostegno degli operatori e delle
operatrici dei centri antiviolenza..." o dalle donne di IdV "... siamo
convinte che sia necessario, ora più che mai, sviluppare politiche di
prevenzione e di sensibilizzazione sociale, per la diffusione di una cultura
del rispetto"... Ma non avevano detto che non ci sarebbero stati partiti e
istituzioni presenti???
Diverse nostre compagne e lavoratrici hanno
ribadito, alternandosi al megafono, che affrontare la questione della
violenza sessuale e dei femminicidi esclusivamente con le misure repressive
o con il potenziamento dei centri antiviolenza, come pongono anche le donne
dal governo, del PD, la Camusso e company fino a settori del femminismo
borghese/riformista, non è e non può essere la "soluzione". Le misure
repressive non fanno che alimentare un clima oscurantista, razzista, ideale
per la coltivazione e diffusione di idee e pratiche fasciste, maschiliste,
di sopraffazione che finiscono per favorire la violenza, la logica dei
centri antiviolenza è limitata e limitante perché interna a questo sistema
sociale, perché tende ad individualizzare i casi di violenza soffocandone
invece l'aspetto sociale della questione e la necessità della ribellione e
della rivoluzione attraverso la lotta collettiva delle donne.
Forte è
stata anche la denuncia contro chi ogni giorno fa sì che si diffonda un
clima e un humus maschilista, sessista, razzista, moderno fascista contro le
donne, che inevitabilmente finisce con il legittimare la violenza contro di
esse, in particolare sono state denunciate le politiche del governo
Monti/Fornero doppiamente scellerate contro la condizione di lavoro e di
vita delle donne affiancate dalle "nuove" campagne ideologiche su famiglia e
attacco alla libertà di scelta delle donne della Chiesa.
Senza
rovesciare questo sistema sociale che produce i femminicidi e la violenza
contro le donne non ci può essere alcuna reale soluzione, ma si tratta di
una lotta che non ha niente da spartire con la politica del femminismo
borghese e piccolo borghese che fa appello "alla civiltà dell'Europa", ma
che ha a che fare invece con la concezione/pratica del NOI ODIAMO GLI UOMINI
CHE ODIANO LE DONNE che significa rispondere, da parte della maggioranza
delle donne, quelle che non hanno nulla da conservare in questo sistema,
organizzandosi con la legittima violenza rivoluzionaria: "… basta con i
lamenti e le inutili e impotenti richieste ma serve sviluppare una linea
combattiva verso gli stupratori, assassini e le Istituzioni... una lotta
che non è però interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari ... è
una lotta per una nuova umanità, nuovi rapporti sociali…" .Il messaggio
forte, diverso e in critica portato in piazza dalle compagne e lavoratrici
sia lungo tutto il corteo ma anche intervenendo alla fine in piazza, ha
dato l'opportunità di interloquire con diverse donne, giornaliste che lo
hanno accolto con un certo interesse misto a curiosità e anche richiesta di
comprendere meglio, fino alle stesse organizzatrici del corteo che ci hanno
ribadito l'importanza di confrontarsi con noi nonostante la diversità dei
contenuti e della forma invitandoci alle loro prossime riunioni di
coordinamento.
Ma ci sono stati anche momenti di scontro in diretta
ci sono stati durante il corteo in particolare con un piccolo gruppo di
donne che alquanto infastidite si sono rivolte ad una lavoratrice al
megafono dicendo "ma cosa c'entra che stai denunciando il governo e i
politici di oggi? la violenza sulle donne è un fatto culturale, è la cultura
che si deve cambiare". Pronta e determinata è stata la risposta delle
lavoratrici e compagne che innanzitutto hanno denunciato che proprio a causa
delle politiche del vari governi, e adesso più che mai dell'attuale governo
Monti/Fornero, spesso le donne proprio perché private dell'indipendenza
economica, non avendo un lavoro e perdendolo, non possono liberarsi da
situazioni di oppressione e violenza familiare, e che poi hanno ribadito con
forza che la cultura maschilista, sessista, patriarcale, in quanto elemento
sovrastrutturale non si può cambiare se non si cambia sin dalle radici,
strappandole, la struttura che sta alla base e che la genera, il sistema
capitalistico che fa della doppia oppressione delle donne una base/puntello
per la sua esistenza e conservazione.
Tra gli interventi finali da
segnalare quello di una giornalista del Coordinamento delle giornaliste
Giulia che ha denunciato la cattiva informazione che fanno i mass media su
femminicidi e violenza sulle donne, non
è più il tempo di parlare di raptus
o troppo amore, qui occorre dire "che gli uomini odiano le donne"
sottolineando l'impegno del loro coordinamento in questo senso, e quello di
una donna immigrata che ha denunciato la questione della tratta delle donne
migranti di cui ancora si parla troppo poco.
Il corteo si è chiuso con il
lancio di uno slogan collettivo, da noi proposto
e accolto da tutte le
presenti… PER OGNI DONNA UCCISA E OFFESA SIAMO TUTTE
PARTE
LESA!
Lavoratrici slai cobas per il s.c
Compagne del movimento
femminista proletario rivoluzionario
Palermo, 22 luglio 2012
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