Il sequestro degli impianti dell'Ilva di Taranto disposto dai giudici, ma non ancora effettuato perché in attesa delle decisioni del 3 agosto, ha scatenato le ire dei padroni e dei loro servi politici.
I padroni raccolti nella Federacciai hanno oggi comprato una pagina del Sole 24 Ore per dire apertamente quello che pensano di questo sequestro. Lo fanno con parole molto dure fatte di bugie, ricatti, avvertimenti e minacce.
Il titolo è già chiaro, praticamente non gliene frega proprio niente delle tante vite umane perse o che si perderanno, che siano gli operai della fabbrica o gli abitanti di Taranto e dintorni.
Dicono che “L'Ilva di Taranto è un patrimonio del Paese”, e sotto la quantità di miliardi di euro di profitti che intascano scompaiono gli operai che li producono e la loro salute!
Nella sostanza accusano più volte pesantemente i giudici che hanno predisposto il sequestro dicendo che gli impianti sono “non solo tecnologicamente all'avanguardia, per prodotti e processi ma anche assolutamente in regola con le normative ambientali ed ecologiche.”(!!!) Parlano di “distorta ideologia ambientalista” e dicono che il problema principale è costituito proprio dalle leggi ambientali e per la sicurezza sul posto di lavoro perché questi temi ripropongono “brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell'industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio.” Insomma il “vecchio” ricatto: o continuiamo a produrre così o licenziamenti di massa e spostamento della produzione altrove!
A questo atteggiamento e affermazioni da fascismo padronale, scuola aperta da Marchionne, si unisce il presidente della Confindustria, Squinzi, che addirittura ammonisce che se si continua così l'Italia rischia di perdere la vocazione industriale.
Alla fine del vergognoso comunicato, ai limiti dell'eversione, dopo aver dato gli “ordini” al Governo di rimettere tutto a posto in breve tempo, mandano un “commovente” “saluto affettuoso” agli arrestati Emilio e Nicola Riva, nella migliore tradizione dei delinquenti...
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FEDERACCIAI
Ilva e la siderurgia italiana: battersi per il loro futuro e per il futuro dell'Italia
L'Ilva di Taranto è un patrimonio del Paese, rappresenta uno dei migliori esempi di quanto l'Italia sia stata capace di fare per essere un moderno e importante Paese industriale.
Lo Stato prima, e la famiglia Riva poi hanno investito ingentissime risorse per rendere lo stabilimento siderurgico non solo tecnologicamente all'avanguardia, per prodotti e processi ma anche assolutamente in regola con le normative ambientali ed ecologiche.
Il significato economico di Taranto va ben al di là del pure ingentissimo peso occupazionale per l'economica dell'area, ma si estende a tutta l'industria italiana che lavora ed eccelle sulla trasformazione dei prodotti dell'Ilva di Taranto.
Colpire Taranto significa colpire duramente questa filiera, con conseguenze economiche e sociali drammatiche.
L'industria italiana, anche quella siderurgica, deve ovviamente rispettare tutte le leggi e in particolare quelle ambientali e quelle per la sicurezza sul posto di lavoro. Ma proprio qui sta il punto, perché la vicenda di questi giorni ripropone brutalmente il tema della reale possibilità per interi settori dell'industria di base (non solo la siderurgia) di rimanere a operare sul suolo patrio.
Se, infatti un impianto in regola con le norme ecologiche, dotato di “AIA”, nel mezzo di un percorso concordato di adeguamento continuo alle sempre nuove migliori tecnologie per la tutela della salute e dell'ambiente può essere chiuso dal provvedimento di un magistrato sulla base di opinabili correlazioni tra esistenza dell'impianto industriale e salute all'intorno, non vi è più alcuna certezza del diritto e della possibilità di svolgere il proprio lavoro in situazione di normale serenità.
In Europa vi sono molti impianti come l'Ilva di Taranto. Ovunque istituzioni, imprese, parti sociali hanno lavorato di comune accordo per migliorare l'impatto ambientale e per raggiungere un equilibrio virtuoso tra ambiente e lavoro; così come si è fatto in questi anni per Taranto e anche recentemente per l'intelligente impulso del Governo italiano e in particolare del Ministro Clini e della famiglia Riva. Mai è avvenuto in Europa che provvedimenti unilaterali della magistratura bloccassero questo processo.
La siderurgia italiana reagirà duramente a ogni tentativo di mettere in discussione, per una distorta ideologia ambientalista, la presenza dell'industria sul territorio e si batterà con tutte le energie di cui dispone per la salvaguardia di attività che rispettano la legge e come tali vogliono continuare a operare.
Chiediamo al Governo italiano e in particolare ai Ministri Clini e Passera di compire ogni passo possibile per garantire la continuità e stabilità dello stabilimento di Taranto e per procedere tenacemente sul sentiero del dialogo e della cooperazione fra le parti fino a ora perseguito.
In questo momento tutti i siderurgici italiani si stringono con affetto e solidarietà alla famiglia Riva, e in particolare a Emilio e Nicola, colpiti da provvedimenti cautelari di cui presto verrà dimostrata l'inutilità e l'infondatezza.
Milano, 27 luglio 2012
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