Senza troppa pubblicità il ministro Cancellieri rimette in funzione il CIE di Lampedusa, ovvero la struttura per immigrati di Contrada Imbriacola. Quella che l'anno scorso fu data alle fiamme durante una rivolta.
Un anno dopo quella che l-ex ministro dell-Interno Maroni definì l’emergenza del secolo [!], Lampedusa è tornata ad essere un’isola in apparenza normale. I voli registrano il tutto esaurito, le strutture ricettive anche, i turisti non rinunciano allo shopping serale o alle gite in barca alla ricerca di non si sa quale scoperta sensazionale che possa far provare emozioni ormai dimenticate. Nessuno vuol sentire parlare di sbarchi e immigrati.
“Ci hanno detto che tanto, anche se arrivano, noi non li vediamo nemmeno”, raccontano i turisti, responsabilmente indifferenti. Perché in realtà è così che avviene, da alcun mesi a questa parte. Soprattutto da quando, un po’ alla chetichella, a fine giugno ha riaperto quel lager che con eufemistica ipocrisia viene chiamato Centro di prima accoglienza. O, almeno, una parte di esso. La struttura di Contrada Imbriacola era stata data infatti alle fiamme nel settembre dello scorso anno, quando gli immigrati tunisini, stremati da mesi di reclusione immotivata ed infame, avevano dato luogo a una dura protesta. Rivolta che aveva spinto l’ex titolare dell’Interno a “indurre” il comandante del porto a emanare l’ordinanza di Lampedusa “approdo non sicuro”.
Dopo averne annunciato, alcuni mesi fa, la ristrutturazione del lager, il nuovo ministro Cancellieri ne ha consentito la riapertura (perché nel frattempo, in minima parte rispetto allo scorso anno, gli sbarchi sono ripresi).
Che il centro sia aperto lo sanno in pochi: la Cancellieri lo ha annunciato il 20 giugno durante la presentazione del rapporto dell’associazione “A buon diritto”, ma pare non sia troppo felice che la notizia circoli. Anche perché, ancora, si è ben guardata dal revocare l’ordinanza di porto non sicuro.
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