editoriale — 26 aprile 2012 07:51 Un breve bilancio a metà strada
Sono passati molti mesi e molte stagioni da quando la val Clarea è diventata il centro della lotta no tav. Prima il progetto del cunicolo (dopo l’abbandono di Venaus nel 2005) poi l’osservatorio e poi il movimento. Le prime marce da Chiomonte a Giaglione, la costruzione della baita, le casette sugli alberi, poi ancora la libera repubblica della Maddalena.
Dal 27 giugno 2011 la musica cambia, arrivano le truppe, gli sgomberi e un anno intero di lotte, allargamento di recinzioni e resistenza. Questa fase la conosciamo tutti molto bene, l’abbiamo vissuta sulla nostra pelle, ed è terminata l’11 aprile 2012 con la dichiarazione ufficiale di esproprio dei terreni e il completamento delle recinzioni-fortino del cantiere. Possiamo dire che averli costretti ad impiegare un anno per piazzare la recinzione sia un buon risultato per il movimento no tav. Grazie alla tenace e continua resistenza, grazie a molte giornate difficili in cui quelle recinzioni hanno tremato e continuano a tremare le operazioni di apertura dei lavori continuano a essere difficilissime e la ditta incaricata dei lavori continua a temporeggiare.
Ora bisogna ripartire, a breve i lavori inizieranno realmente e per il movimento no tav inizia la parte più difficile e allo stesso tempo interessante del confronto. Per un anno abbiamo combattuto contro delle truppe di occupazione, come le ha ben definite Alberto, ora si tratta di inceppare il meccanismo misto truppe-operai che dovranno portare avanti l’opera. Su quanto fatto fino ad oggi pensiamo si debba fare un ragionamento, per coglierne i punti vincenti, gli eventuali punti deboli, pensare da qui a un nuovo percorso che ci porti verso il futuro della nostra lotta. La val Clarea continua a dimostrarsi centrale, lì si è sviluppato il problema nella sua complessità, lì la nostra valle è stata attaccata, da lì abbiamo inciso e siamo ripartiti.
A parlare sono i fatti, la partecipazione e le migliaia di persone che continuano a transitare nonostante i divieti verso quei luoghi, nelle giornate di lotta, in ogni singolo giorno dell’anno. Altrettanto centrale si è dimostrata l’unità del movimento, nei suoi obiettivi, nella sua coerenza assembleare e di sviluppo teorico, nel cercare momenti di lotta a cui tutti potessimo partecipare. Quando le iniziative e il percorso proposto hanno seguito questa prospettiva, unità coerenza e obiettivi, le cose hanno funzionato bene, siamo partiti e tornati insieme e abbiamo creato delle ottime e in alcuni casi eccezionali giornate. Quando ci siamo mossi seguendo l’idea di “tenere il ritmo” ed “essere agili”, forse con troppa velocità e in automatico abbiamo creato molti momenti che non sono però sempre stati in grado di esprimere a pieno le potenzialità di un movimento popolare di lotta. Acune volte è stato necessario rispondere, correre dietro ad un calendario che ci era stato imposto, ora, si può e si deve ripensare ai tempi e ai momenti di lotta. Saper ridare respiro e ampiezza alle mobilitazioni sarà quindi importante non accontentandosi più di molte e continue giornate provando invece a incidere con appuntamenti più ampi e partecipati.
Allo stesso modo abbiamo capito che allontanandosi da quel luogo, il cantiere, la partecipazione diminuisce se non in casi eccezionali in cui le condizioni di lotta in val Clarea risultano difficilissime. Il cantiere ormai ha raggiunto con le recinzioni il perimetro completo, ora sta al movimento rispondere, pressare su quel perimetro e sul quel meccanismo per incepparlo. Non è una pratica piuttosto che un’altra ad essere la carta vincente da giocare ma l’efficacia e la semplicità delle scelte che sappiano dare spazio a tutti e mantenerci uniti, fianco a fianco anche nei momenti più difficili. Allo stesso modo rimarrà centrale la comunicazione con il resto del territorio nazionale, con tutti i no tav che seguono e lottano insieme agli abitanti della valle di Susa. Anche loro dovranno sapersi dare sempre delle prospettive di allargamento e diffusione delle ragioni di questo movimento, della partecipazione, puntando a crescere nelle iniziative legandole a tutte le necessità e le proposte che dal basso stanno rinascendo in Italia e non solo. Inoltre rimane un problema nuovo con cui ci siamo confrontati nell’ultimo anno, i prigionieri no tav, lottare per la loro liberazione signifca poter continuare a lottare ancora.
La magistratura non fa sconti al movimento, anzi, viene usata per infastidire e indebolire le mobilitazioni, non sentirci vittime ma rilanciare rimane la migliore risposta, per chi viene incarcerato ma anche e soprattutto contro chi usa questi mezzi con l’intento di fermarci. Partire ancora una volta dal no tav significa per tutti avere un’opportunità unica, di ragionamento, di base comune, di relazioni, contando su una storia e un’esperienza che dura da oltre venti anni e ci ha fatto crescere, tutti e insieme.
Siamo no tav, fermarci è impossibile!
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