nuove spese militari da peace reporter
Enrico Piovesana
Bisogna leggere la stampa americana per scoprire che l’Italia, in un fervore bellicista che non conosce limiti di bilancio, sta per spendere altri milioni di euro in nuovi armamenti. Dopo i caccia F-35, le fregate Fremm, i sommergibili U-212, i blindati Freccia, gli elicotteri Nh-90, la Difesa vuole dotarsi dei più avanzati missili e bombe aeree made in Usa per armare la sua flotta di velivoli senza pilota, finora usata solo per missioni di ricognizione.
In un articolo del Wall Street Journal intitolato “Gli Usa vogliono armare i droni italiani”, si legge che l’amministrazione Obama – facendo prevalere gli interessi commerciali dell’industria bellica americana sulle preoccupazioni di chi non gradisce cedere a stranieri l’hi-tech militare Usa – ha deciso di fare dell’Italia “il primo Paese estero, Gran Bretagna a parte, dotato di droni armati di missili e bombe a guida laser”.
Droni trasformati in micidiali bombardieri che, rivela il Wsj, “l’Italia intende impiegare in Afghanistan”. Altra notizia di non poco conto, che conferma l’incostituzionale via libera del nuovo ministro della Difesa, Giampaolo di Paola, ai bombardamenti aerei italiani sul fronte di guerra afgano. E, più in generale, la zelante disponibilità dell’Italia a “contribuire e condividere il peso di operazioni” militari dalle quali altri alleati, come la Francia, si stanno saggiamente chiamando fuori.
Difficile stimare la spesa necessaria per armare i sei droni MQ-9 ‘Reaper’ (‘Mietitori’) in forza al 28° Gruppo Velivoli Teleguidati del 32° Stormo di Amendola (Foggia), acquistati tra il febbraio 2008 (governo Prodi, Parisi alla Difesa) e il novembre 2009 (Governo Berlusconi, con La Russa ministro) per 393 milioni di dollari.
Quel che è certo è che gli ordigni di cui stiamo parlando sono estremamente costosi, e ovviamente vanno acquistati in quantità industriali.
I droni Reaper sono solitamente armati con missili Agm-114 ‘Hellfire’ (Fuoco d’inferno) da 54mila euro l’uno, e con bombe a guida laser Gbu-38 e Gbu-12 che costano, rispettivamente, 28mila e 15mila euro al pezzo. Senza contare gli elevatissimi costi per addestrare i tele-piloti italiani all’uso dei sofisticati sistemi di puntamento e lancio di queste armi.
La decisione finale del Congresso americano sulla vendita di queste armi all’Italia è attesa a giorni, ma è scontato il via libera. Sarebbe doveroso che anche il Parlamento italiano si pronunciasse in merito: nel 2008, al momento dell’acquisto dei primi quattro droni disarmati, l’allora sottosegretario alla Difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri, disse che l’eventuale futura decisione di armarli sarebbe dovuta preventivamente passare per il Parlamento.
Enrico Piovesana
Bisogna leggere la stampa americana per scoprire che l’Italia, in un fervore bellicista che non conosce limiti di bilancio, sta per spendere altri milioni di euro in nuovi armamenti. Dopo i caccia F-35, le fregate Fremm, i sommergibili U-212, i blindati Freccia, gli elicotteri Nh-90, la Difesa vuole dotarsi dei più avanzati missili e bombe aeree made in Usa per armare la sua flotta di velivoli senza pilota, finora usata solo per missioni di ricognizione.
In un articolo del Wall Street Journal intitolato “Gli Usa vogliono armare i droni italiani”, si legge che l’amministrazione Obama – facendo prevalere gli interessi commerciali dell’industria bellica americana sulle preoccupazioni di chi non gradisce cedere a stranieri l’hi-tech militare Usa – ha deciso di fare dell’Italia “il primo Paese estero, Gran Bretagna a parte, dotato di droni armati di missili e bombe a guida laser”.
Droni trasformati in micidiali bombardieri che, rivela il Wsj, “l’Italia intende impiegare in Afghanistan”. Altra notizia di non poco conto, che conferma l’incostituzionale via libera del nuovo ministro della Difesa, Giampaolo di Paola, ai bombardamenti aerei italiani sul fronte di guerra afgano. E, più in generale, la zelante disponibilità dell’Italia a “contribuire e condividere il peso di operazioni” militari dalle quali altri alleati, come la Francia, si stanno saggiamente chiamando fuori.
Difficile stimare la spesa necessaria per armare i sei droni MQ-9 ‘Reaper’ (‘Mietitori’) in forza al 28° Gruppo Velivoli Teleguidati del 32° Stormo di Amendola (Foggia), acquistati tra il febbraio 2008 (governo Prodi, Parisi alla Difesa) e il novembre 2009 (Governo Berlusconi, con La Russa ministro) per 393 milioni di dollari.
Quel che è certo è che gli ordigni di cui stiamo parlando sono estremamente costosi, e ovviamente vanno acquistati in quantità industriali.
I droni Reaper sono solitamente armati con missili Agm-114 ‘Hellfire’ (Fuoco d’inferno) da 54mila euro l’uno, e con bombe a guida laser Gbu-38 e Gbu-12 che costano, rispettivamente, 28mila e 15mila euro al pezzo. Senza contare gli elevatissimi costi per addestrare i tele-piloti italiani all’uso dei sofisticati sistemi di puntamento e lancio di queste armi.
La decisione finale del Congresso americano sulla vendita di queste armi all’Italia è attesa a giorni, ma è scontato il via libera. Sarebbe doveroso che anche il Parlamento italiano si pronunciasse in merito: nel 2008, al momento dell’acquisto dei primi quattro droni disarmati, l’allora sottosegretario alla Difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri, disse che l’eventuale futura decisione di armarli sarebbe dovuta preventivamente passare per il Parlamento.
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