I parenti:«Avevano paura, sono stati richiamati al lavoro»
MODENA – Morti sotto un capannone, ancora una volta per il terremoto, uccisi durante l’orario di lavoro in provincia di Modena: è una delle facce dell’agonia del terremoto in Emilia Romagna. Alla Meta di San Felice sono morti due operai stranieri, Mohamad Azaar e Kumar Pawan e un ingegnere italiano che stava controllando le lesioni.
Si continua a scavare tra le macerie a Medolla, nel capannone della Haemotronics, dove, dopo il crollo del capannone risultano ancora dispersi tre operai, mentre è stato estratto il cadavere di un altro lavoratore. Il sindaco Filippo Molinari ha detto: ”Gli edifici produttivi del nostro Comune hanno subito crolli severi, anche i capannoni che hanno retto bene al sisma di nove giorni fa hanno subito dei danneggiamenti. E’ un dramma”.
E la scia di dolore non si ferma. Tre persone sono morte per il crollo della Bbg di San Giacomo Roncole, nel modenese e una quarta è morta sotto le macerie dell’Aries Biomedicale di Mirandola.
Due operai di un caseificio sono rimasti feriti, uno in modo gravissimo, a Castelvetro piacentino, nel deposito di stagionatura formaggi ‘Aimi’, per la caduta di un ingente quantitativo di forme di grana padano dagli scaffali. Riccardo Poli, cremonese, 20 anni, residente a Castelvetro, ha subito lo schiacciamento del torace ed è stato trasportato all’ospedale civile di Cremona in prognosi riservata. Laurentin Danut Popa, romeno, 44 anni, ha subito un trauma al piede giudicato guaribile in 30 giorni.
La Procura di Modena ha aperto un’inchiesta, affidata al procuratore aggiunto Lucia Musti, già giorni fa proprio sul crollo dei capannoni.
La storia della Meta scrive Repubblica Bologna è diversa dalle altre: il capannone non è stato costruito con la stessa tecnica di quelli sotto accusa a Ferrara, con grandi travi tarsversali solo incastrate ma non legate alle colonne portanti. Il capannone di Meta è più vecchio e soprattutto era già stato colpito duramente delle prime scosse.
Racconta Abdel: “Mio cognato Mohamad mi chiamava ogni giorno e piangeva, mi diceva che non era sicuro, che aveva due figli a cui pensare e aveva paura ad andare a lavorare. I danni si vedevano, ma diceva che il padrone lo chiamava lo stesso”.
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