martedì 14 febbraio 2012

pc 14 gennaio - ancora sul processo eternit - testimonianze e commenti


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“Signor Stefhan Schmidheiny il vostro posto è in prigione”

Dopo la Thyssen, da Torino un'altra sentenza che condanna i padroni assassini.

Il processo Eternit di Torino si è concluso con la condanna dei padroni della multinazionale Svizzero-Belga, "Eternit", Stephan Schmidheiny ed il barone belga Louis de Cartier de Marchienne a 16 anni di carcere per disastro ambientale doloso e rimozione di cautele antinfortunistiche e risarcimenti milionari alle vittime e alle 6 mila parti civili. E' l'ennesima verità che i padroni sono i criminali e che i lavoratori e i cittadini esposti alle nocività pagano con la vita le scelte padronali che mettono il profitto al centro dei propri interessi, quelli di padroni senza scrupoli che hanno occultato e manipolato in maniera pianificata i rischi connessi all’esposizione all’amianto.

E' una grande vittoria dei lavoratori e delle popolazioni che non hanno mai creduto alle menzogne del miliardario Stephan Schmidheiny che, mentre gli operai e le popolazioni morivano per l'amianto, lui si arricchiva: altro che filantropo ambientalista come ha cercato di farsi passare! “Signor Stefhan Schmidheiny il vostro posto è in prigione” è scritto su un volantino distribuito dal comitato svizzero Caova.

La Rete Nazionale per la sicurezza sul lavoro, presente con una delegazione al Tribunale di Torino presa d'assedio da uno straordinario presidio di massa, si schiera con tutti coloro che hanno lottato instancabilmente in tutti questi anni per ottenere giustizia per la strage dell'amianto, i lavoratori che si sono ribellati al padrone nella sua fabbrica della morte, i loro famigliari, la popolazione di Casale che si è battuta

sul territorio contro i cancerogeni "polverini" di scarto, le associazioni e comitati delle vittime d'amianto, una rete che ha costretto governo e parlamento a varare la Legge 257 nel 1992 che ha messo al bando l'amianto, una mobilitazione che conferma, ancora una volta, che le battaglie si possono vincere con l'unità e la mobilitazione dal basso.

Una sentenza storica che va oltre le vittime dei siti italiani e che sarà il riferimento per tutti i lavoratori di Francia, Brasile, USA, Svizzera, Gran Bretagna, Olanda, Belgio, anche loro presenti in massa al processo.

Una sentenza che tuttavia non rende giustizia agli operai e alla popolazione di Rubiera e Bagnoli (eppure per questo sito la cgil ha denunciato 1.045 morti per tumori collegati all'amianto).

Una sentenza che spinge a dire al pm Guariniello "l’insegnamento di questo processo è che noi dobbiamo entrare nelle stanze dei consigli di amministrazione dove si decide quanto si spende per fare sicurezza". Speriamo che qualche altro coraggioso pm segua il suo esempio, anche se la realtà dei processi non porta a facili illusioni.

Ora questa sentenza rende più forte la battaglia per la sicurezza e la salute dei lavoratori e da quì riparte il lavoro della Rete Nazionale per una nuova campagna nazionale che porti ad una assemblea nazionale a cui invitiamo fin da subito i comitati dell’Eternit e ad una manifestazione nazionale.

Enzo della Rete Nazionale per la sicurezza nei luoghi di lavoro - ravenna

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Oggi un pallido sole
ha accolto le tante delegazioni, associazioni, singoli che hanno voluto
con la loro presenza sostenere chi in questi 30 lunghi anni ha cercato
giustizia per i propri cari sacrificati sull’altare del profitto
assassino dei padroni della Eternit. E nell’attesa che venisse letta la
sentenza, fuori un lungo microfono aperto ha dato voce alle tante
testimonianze di chi il dramma della fibra killer lo vive sulla propria
pelle come Elena delle Withe House di Rogoredo (MI), o una signora di
Grosseto che ha contratto il mesotelioma e che su Facebook ha
incontrato un’associazione contro l’amianto trovando sostegno alla sua
battaglia, ma anche l’operaio della Fibronit di Bari che ha ricordato
come questo caso è un’altra Casale. Tre interventi fatti senza
lamentele, senza una lacrima, ma ne siamo certi, con una grande
commozione interiore e un messaggio di lotta. Hanno preso la parola
dagli ex operai della Thyssen a quelli dell’associazione 29 giugno di
Viareggio, dall’associazione di Sesto San Giovanni a Medicina
Democratica di Torino, che hanno ricordato come questo sistema vive e
si consolida sulla pelle degli operai e della popolazione e che occorre
costruire un movimento unitario per farla finita con incidenti e morte
di e sul lavoro. Ma più di altri e nella loro semplicità hanno mandato
messaggi e proposte per proseguire in questa battaglia. Il primo è
stato l’intervento di un giovane studente di Casale (questa è stata la
nota in più, ovvero la presenza enorme di intere scolaresche non solo
da Casale ma anche da Bologna) che ha dato una risposta alla Fornero,
rivendicando l’orgoglio di essere “bamboccione” che hanno fatto fare
marcia indietro al Comune che era stato tentato dal risarcimento
Eternit. Anche se non detto a mò di slogan la sostanza è stata 10,
100,1000 bamboccioni così. Quindi è intervenuta Maria del movimento
NoTav della Val Susa che ha ribadito come la loro lotta sia anche una
lotta contro le morti sul lavoro e da devastazione ambientale,
ricordando quello che già ha prodotto l’alta velocità nel Mugello: 83
km di gallerie=83 operai morti, ma ha ricordato anche ai signori
governanti che questa Tav non la faranno mai perché davanti non hanno
dei black block ma un popolo che resiste. Ha rincarato la dose Perino
che ha aggiunto solo due concetti: che l’attacco repressivo in stile
“teorema” mostra che la Val Susa non è solo in Piemonte ma vive in
tutto il paese; che questo governo tecnico è “il più infame” della
storia repubblicana. Giudizio che condividiamo in pieno. Infine citiamo
l’intervento si Sebastiano (operaio della Tenaris Dalmine e aderente
alla Rete nazionale sicurezza sui posti di lavoro) che ripercorrendo la
nascita, le manifestazioni, il percorso della Rete ha rilanciato la
necessità di rilanciare il percorso di rivoluzione politica e sociale
che in questi 5 anni di vita la rete ha saputo costruire.

giuppi - della rete di milano

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TORINO, LUNEDI' 13 FEBBRAIO: LA SENTENZA DEL PROCESSO ETERNIT

E' il gran giorno; finalmente, dopo tre anni di udienze scandite settimanalmente, si conclude il primo grado del processo - per i reati di disastro doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche - contro i due padroni genocidi della multinazionale svizzero-belga dell'amianto, l'Eternit: lo svizzero Stephan Schmidheiny ed il barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne.
All'esterno del Tribunale di corso Vittorio Emanuele II 130 si forma, a partire dalle ore 9:00, un presidio della Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro; insieme alle realtà che da sempre ne fanno parte - si scorgono altri gruppi costantemente assenti durante il normale svolgimento delle udienze.
Sul fronte politico fanno capolino bandiere di gruppi quali: Sinistra critica e Federazione della sinistra; inoltre fanno la loro comparsa anche esponenti di Comunisti sinistra popolare, da poco strutturati in città.
Per quanto concerne le organizzazioni sindacali le uniche bandiere presenti sono quelle della Cub, mentre si riconoscono gli striscioni dei familiari delle vittime italiane e francesi, nonché il Comitato per la difesa della salute sul lavoro e sul territorio di Sesto San Giovanni (MI).
Qaulche minuto dopo, all'interno della maxi aula uno di palazzo di Giustizia comincia l'ultima udienza dedicata alle repliche: dovrebbe prendere la parola l'avvocato Zaccone per concludere il suo sproloquio, ma rinuncia: di conseguenza la Corte si ritira, annunciando che alle 13:30 verrà letto il dispositivo della sentenza.
Mi occorre specificare che, a causa del fatto di non essere in possesso del tagliando con il quale si può accedere all'interno del Tribunale, questa parte della giornata non è da me seguita direttamente; successivamente, grazie all'aiuto di un amico, riesco ad entrare di soppiatto all'interno dell'aula di udienza dove sono sistemate le autorità: dopo pochi minuti vengo allontanato ed invitato a sistemarmi nella sovrastante aula Magna, da dove si può seguire il pronunciamento della Corte attraverso un maxi schermo.
Alle ore 13:30, il giudice Giuseppe Casalbore rientra in aula, ed inizia la lettura del dispositivo della sentenza: "In nome del popolo italiano, visti gli articoli... del cpp, il Tribunale dichiara gli imputati colpevoli dei reati a loro ascritti, e li condanna...".
Subito si alza, dai presenti nella sala gremita in ogni ordne di posti, un lungo applauso che copre parzialmente le parole con le quali continua il magistrato: "alla pena detentiva di anni sedici di reclusione ciascuno; inoltre li condanna alle pene accessorie di: interdizione perpetua dai pubblici uffici, interdizione legale per la durata della pena, interdizione di anni tre dalla contrattazione con la pubblica amministrazione".

Questo è quanto per quel che concerne il procedimento penale; ma ad esso è legata la parte civile dei risarcimenti alle parti offese; l'elenco è lunghissimo, sono oltre seimila, e non è possibile prendere nota di ogni singola voce: pertanto mi limito a segnalare quelli che concernono i soggetti pubblici e le associazioni.
Casalbore scandisce: "Inoltre condanna gli imputati, in solido con i responsabili civili, al pagamento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nella misura in cui segue: Comune di Cavagnolo, 4 milioni; Inail, 15 milioni...", e continua con le cifre che in parte si trovano qui sotto.
Comune di Casale Monferrato: 25 milioni.
Regione Piemonte: 20 milioni.
Asl di Alessandria: 5 milioni.
Associazione familiari e vittime dell'amianto: 100 mila Euro.
Allca-Cub nazionale: 100 mila euro.
Cgil nazionale, Piemonte,Torino ed Alessandria: 100 mila Euro ciascuno.
Cisl Piemonte e Feneal-Cisl Alessandria: 100 mila Euro ciascuno.
Uil Piemonte e Uil Alessandria: 100 mila Euro ciascuno.
Medicina Democratica: 70 mila Euro.
Wwf nazionale: 70 mila Euro.
Inoltre condanna gli imputati alla corresponsione di provvisionali immediatamente esecutive (p.i.e.), - l'intero ammontare del danno verrà liquidato in separata sede civile - tra i trentamila ed i settantamila Euro a favore di una fetta delle parti civili persone fisiche costituite.
Ad un'altra parte di queste - unitamente ad alcuni Comuni minori del casalese, alla Provincia di Torino, alla Provincia di Alessandria, alla regione Emilia Romagna, al Comune di Rubiera, alla Uil Campania, ed alla Cgil Campania - non viene riconosciuta la p.i.e. ed il danno verrà liquidato in separata sede civile.
Infine, gli imputati, in solido con i responsabili civili, vengono condannati al pagamento delle spese processuali agli avvocati delle parti civili.
Insomma: una sentenza che non esito a definire storica; finalmente la magistratura borghese italiana punisce severamente i padroni che fanno profitti sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie.

Torino, 13 febbraio 2012
stefano ghio- rete di torino e autore delle cronache di tutte le udienze del processo raccolte nell'opuscolo della Rete - edito il 13 febbraio a torino e richiedibile alla rete
bastamortesullavoro@gmail.com

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