Ai cancelli di Pomigliano:
"Non toglieteci la dignita""Firma tecnica sul contratto? Sarebbe una resa".
POMIGLIANO - "Devo combattere ogni giorno con il mutuo, ora vogliono togliermi pure la dignità", dice Maurizio Rea, 43 anni, operaio alla Fiat Auto da quando ne aveva 20, fino a ieri rappresentante rsu della Fiom "eletto dai lavoratori", domani chissà. "Noi siamo quelli che devono chiedere asilo politico", afferma Maurizio e nel tono delle sue parole non c'è ironia, solo amarezza. Il giorno dopo la sigla del nuovo contratto, Pomigliano è sospesa fra la necessità di salvare il lavoro e la difesa dei diritti e dei principi. Ecco perché don Peppino Gambardella, un parroco da sempre in prima fila durante questi due anni di durissima vertenza, avverte il pericolo di una "forte conflittualità sociale. Chiedo alla Fiom di trovare una forma di dialogo per evitare lo scontro. E invito il Capo dello Stato a farsi portavoce del disagio di questi lavoratori". Don Peppino si sente "addolorato" perché, spiega, "non pensavo di poter assistere all'esclusione del sindacato più grande dei metalmeccanici", la Fiom, appunto, che non ha firmato l'accordo. Per ricucire lo strappo, i segretari regionale e cittadino della Cgil, Michele Gravano e Peppe Errico, hanno invitato la federazione a "riflettere sulla possibilità di apporre una firma tecnica".
Nelle intenzioni dei vertici della Cgil, la mossa consentirebbe di "tenere vivo il rapporto con i lavoratori iscritti a Pomigliano, per rimarcare la responsabilità dell'organizzazione, per far vivere dall'interno le ragioni critiche e chiamare la Fiat e gli altri sindacati a una risposta". Ma almeno per il momento l'ipotesi viene bocciata dalla Fiom. "La firma tecnica sarebbe un atto di resa. Ho l'impressione che i due segretari della Cgil non abbiano letto l'accordo per Pomigliano - replica infatti Andrea Amendola, segretario della federazione - ad esempio nella parte in cui chiede il consenso e non solo dell'azienda ma anche delle altre sigle sindacali per l'adesione di altre parti al contratto. Basterebbe una sola opposizione per farci fuori ugualmente".
Il 5 gennaio, nella sede della Cgil in via Torino, è previsto un "attivo" di confronto sulla questione. Lo stabilimento intanto è chiuso, a dicembre ha lavorato solo un turno e mezzo. Ai cancelli, capannelli di operai. "Non si poteva dire di no. Con la fabbrica aperta tutto si può discutere, se chiude è finita. E conosco tante persone che non riescono a pagare il mutuo né a fare la spesa, gente disperata costretta a vendere la macchina per saldare le bollette", racconta Mimmo Vacchiano, trent'anni di lavoro alle spalle, prima in Sevel, poi al "Giambattista Vico" di Pomigliano. Accanto a lui annuisce Raffaele Maiorino, da sette anni in Fiat: "Rispetto tutti, ma secondo me la Fiom sta sbagliando. Sono convinto di aver fatto la cosa giusta" mentre Peppe Silvestro rimarca che, in questa fase, "si è scelto di far prevalere il senso di responsabilità per salvare una realtà del Mezzogiorno".
Don Peppino Gambardella, che ieri ha incontrato nella parrocchia di San Felice alcuni operai, vede nell'operato della Fiat e del suo amministratore Sergio Marchionne "un'azione di forza. È come se avesse voluto dire: "Io ho il capitale, questa è la mia legge. Se ti conviene bene, altrimenti resti fuori. Ma fa male vedere gli operai contrapposti - prosegue il sacerdote - obbligati a scelte non condivise dalla loro coscienza interiore ma dettate da situazioni contingenti. Come prete sto dalla parte dei lavoratori. Farei di tutto per rimetterli insieme. Ma sono stati lasciati soli, hanno bisogno di un sostegno politico. E chi meglio del presidente Giorgio Napolitano può farsi interprete di questo ruolo super partes"?
Ricorda il sindaco di Pomigliano, Lello Russo, eletto con il centrodestra, che "in questa città, su 40 mila abitanti, almeno mille famiglie dipendono dalla Fiat e due anni di cassa integrazione hanno pesato in maniera incredibile. La chiusura dello stabilimento sarebbe stata un dramma. Adesso guardiamo con estremo interesse alla sigla del nuovo contratto e possiamo essere moderatamente ottimisti sulla possibilità di ottenere anche un incremento dei livelli occupazionali". E Crescenzo Auriemma, segretario della Uilm, parla di "sì che era dovuto al territorio. Basta guardare in faccia la gente di Pomigliano per leggere nei loro occhi la disperazione".
Ai cancelli dello stabilimento però resta l'ansia per il futuro. Uno degli argomenti più dibattuti riguarda l'assenteismo.
"Lavoro da vent'anni - argomenta Enzo Laudano - ho vissuto altri momenti difficili. In questo momento a Pomigliano c'è solo Marchionne, non ci sono altre case disposte a investire. E ritengo che l'azienda abbia tutto il diritto di combattere l'assenteismo anomalo, le malattie di tre giorni chieste per non perdere la giornata di sciopero o per vedere le partite di calcio". La pensa diversamente don Peppino Gambardella, che sull'assenteismo chiede di "vedere i dati di cui si parla, perché per mia conoscenza diretta la classe di lavoratori è encomiabile". Stefano Birotti, operaio alla catena di montaggio, rappresentante rsu per la Fiom, dice: "Ci sentiamo abbandonati. Ci tolgono i diritti, con il nuovo accordo il delegato non potrà più svolgere il suo ruolo perché verrebbe sanzionato per qualsiasi cosa. E così anche l'operaio". Luigi, che lavora alla catena di montaggio da 21 anni, è uno di quelli che ha votato sì perché, dice, "era l'ultima spiaggia. Adesso siamo pronti a ricominciare eppure abbiamo paura. Una paura psicologica che non riusciamo a scrollarci di dosso. Tre anni come quelli che abbiamo vissuto noi non si cancellano con una firma".
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