venerdì 31 dicembre 2010

pc quotidiano 31 dicembre - ACCORDO MIRAFIORI - 3° Parte: I DIRITTI SINDACALI NON ABITANO PIU' QUI

Questa parte dell’accordo di Mirafiori è un ritorno agli anni ‘60, un aperto attacco a tutte le lotte degli operai per conquistarsi diritti sindacali, una violazione dello Statuto dei Lavoratori tuttora legge. Ma in questo senso è anche un messaggio di sprono e via libera al governo, a Sacconi, e a tutte quelle forze politiche, sia collettive che individuali, economisti “a servizio” che da tempo premono per il superamento dello Statuto dei Lavoratori, visto da loro come “incubo” della lotta di classe dei lavoratori, di cui liberarsi al più presto.
In questo senso, la parte dell'accordo sui “diritti sindacali”, è quella più coerente col fascismo padronale. Non introduce solo modifiche in peggio, generalmente illegali, ma riscrive materialmente lo Statuto dei Lavoratori nelle parti sulle ‘Libertà e attività sindacali’.
La Fiat anticipa e si sostituisce al governo, scrive e applica già quello ‘Statuto del Lavoro’, voluto da partiti ed esponenti di destra, di centro e di “sinistra”, che sostituisca i diritti dell’impresa ai diritti dei lavoratori. Con l’accordo, Marchionne dice ai rappresentanti del governo e alla loro corte: “voi parlate, noi facciamo i fatti!”.

L’accordo sui “diritti sindacali” (mai titolo fu più falso) nell'art. 1 usa pro domo Fiat, l’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori. Si scrive che possono essere costituite rappresentanze sindacali aziendali “dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori firmatarie del presente accordo”.
Benché questo articolo 19 sia già fortemente limitativo della libertà dei lavoratori di costituire rappresentanze sindacali e finora è stato sempre e solo usato per non riconoscere i cobas, le organizzazioni sindacali di base anche lì dove sono formate e rappresentano la maggioranza dei lavoratori, è falso che l’accordo Fiat si limita ad applicare l’art. 19, sia perché esso prevede la costituzione di associazioni “aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale” (e la Fiom lo è), sia perché per “organizzazioni firmatarie” non si riferisce affatto al singolo accordo ma ai contratti collettivi.
La Fiom ora prova sulla propria pelle quello che le organizzazioni di base promosse dai lavoratori sperimentano continuamente: non potrà essere presente con propri rappresentanti in fabbrica, non potrà indire assemblee in fabbrica, avere diritto all’affissione, ai permessi sindacali, non potrà utilizzare locali interni allo stabilimento per l’attività sindacale, fino al fatto di non poter più richiedere la trattenuta dei contributi sindacali.
La Fiom viene messa fuori.

Questo accordo stabilisce per principio che non è ammessa una posizione contraria, di dissenso neanche su un singolo accordo; stabilisce che è riconosciuto solo chi dice di sì al padrone.
La conseguenza, di fatto, è un azzeramento dell'idea stessa di sindacato dei lavoratori; è una istituzionalizzazione, o reufficializzazione dei sindacati gialli, sorti proprio alla Fiat, e ancora vietati dallo Statuto dei Lavoratori.

Coerentemente con questo azzeramento, l’accordo fa fuori anche le RSU, gli operai non hanno più diritto di eleggere loro delegati. Si ritorna di fatto alle vecchie ‘Commissioni interne’ quando le segreterie sindacali nominavano d’ufficio i loro rappresentanti in fabbrica. E, proprio a rimarcare la natura opposta delle rappresentanze previste da questo accordo con i delegati eletti dai lavoratori, la Fiat li chiama “dirigenti”, vale a dire gente che deve rispondere alle direzioni (dei sindacati e delle aziende) non ai lavoratori.
Già negli anni le RSU sono state fortemente addomesticate, molti delegati, anche della Fiom, non si battono coerentemente per la difesa degli interessi degli operai – e le eccezioni sono appunto tali - ma rispondono agli ordini delle segreterie, le modalità di elezioni sono già antidemocratiche, ma, ma... Marchionne vuole impedire qualsiasi possibilità di essere dei “normali” delegati.
La questione Melfi, dei due delegati Fiom avanguardie della lotta rappresentanti effettivi e riconosciuti dagli operai, è stata un campanello di allarme per la Fiat – tanto da licenziarli insieme all’altro operaio. Quali garanzia migliore che azzerare qualsiasi rapporto diretto tra volontà degli operai e rappresentanza sindacale? Quindi via anche le RSU, le segreterie nomino gente “fidata”.

Sui permessi sindacali l'accordo da un lato amplia il loro utilizzo, stabilendo che in aggiunta ai permessi di 8 ore al mese, altri retribuiti saranno definiti con “specifici accordi annuali per ciascuna delle suddette Organizzazioni”, quindi utilizzando tali permessi come premio/ricatto; dall'altro, scrivendo “i titolari di permessi sindacali, retribuiti e non, dovranno registrare su apposito cartellino individuale mensile, controfirmato dal capo responsabile, l'utilizzo dei permessi con indicazione della tipologia, durata, luogo e motivazione di ciascuno”, introduce un inaccettabile e illegale controllo, allo scopo di far diventare i “permessi” non un diritto ma una concessione dell'azienda: “Prima di concedere il permesso la Direzione aziendale – è scritto nell'accordo – verificherà la compatibilità dell'assenza con le ragioni tecniche organizzative e produttive del reparto di appartenenza”; e soprattutto allo scopo di decidere se le motivazioni di richiesta del permesso siano compatibili o meno con gli interessi aziendali. Quindi, sarà la Fiat che alla fine deciderà se un rappresentante potrà per es. andare in un reparto, perchè, cosa deve o non deve dire e fare, ecc. Quanti permessi non saranno concessi (perchè il loro uso non gradito alla Fiat, per es. se serve per preparare uno sciopero) col discorso delle “ragioni tecniche”?
Di fatto, questo accordo stabilisce che l'unica attività sindacale permessa è quella decisa dalla Fiat.
Tutti gli operai i lavoratori sanno bene l’uso/abuso personale che fanno tanti delegati di tutte le OO.SS. confederali dei permessi sindacali, invece di utilizzarli per fare attività in fabbrica, ma è chiaro che ora con questo accordo Fiat si passa all’uso aziendale dei permessi, e i “dirigenti” dei sindacati padronali forse staranno un po’ di più in fabbrica ma come agenti dell’azienda.

Anche sul diritto di assemblea l’accordo si richiama all’art. 20 dello Statuto dei lavoratori ma lo riscrive quasi totalmente, introducendo soprattutto condizioni restrittive e di controllo: le assemblee potranno essere indette solo per la generalità dei lavoratori – quindi “gruppi di lavoratori”, come invece era previsto dalla legge 300, non hanno diritto a fare assemblee; dovranno essere indette solo “alla fine o all’inizio di ciascun turno di lavoro o collegate alla pausa refezione – così la Fiat si riprende anche la pausa mensa; devono comunque garantire la “sicurezza delle persone e la salvaguardia degli impianti” – una condizione che potrà essere utilizzata dalla azienda per imporre restrizioni al diritto di assemblea; in caso di uso di filmati, l’azienda potrà controllarne il contenuto.
Tutto il tono, la puntigliosità utilizzata dalla Fiat in questa riscrittura, trasforma di fatto una prassi di comunicazione dell’assemblea in un potere di controllo dell’azienda.

Chiaramente anche in tutti gli altri articoli che parlano de diritto di affissione, dei locali delle rappresentanze sindacali aziendali, degli strumenti informatici, del versamento dei contributi sindacali, la premessa è che riguardano solo le “Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo”.

Ora la Fiom giustamente attacca tutto questo come antidemocratico, ma doveva farlo anche prima - si ricordi Landini la poesia di B. Brecht “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari...”.
Perché la negazione della democrazia sindacale avviene ogni volta che si impedisce ai lavoratori di fare attività sindacale, di scegliere e organizzare associazioni sindacali, avviene ogni volta che i diritti sindacali passano dai legittimi titolari, i lavoratori, alle organizzazioni sindacali che via via, come ha fatto anche la Fiom in tutti questi anni e come continua a fare in tante altre fabbriche, non agiscono più come “rappresentanti dei lavoratori”, ma secondo linee, metodi, prassi decisi nelle separate segreterie e sulla testa e contro la volontà dei lavoratori. La Fiom finora si è unita al coro contro il riconoscimento di cobas, di organizzazioni sindacali autorganizzate dai lavoratori, alla Fiat ha fatto, insieme agli altri sindacati confederali, anche una “guerra” contro lo Slai cobas, come in tanti altri posti di lavoro continua a farla. Oggi che viene trattata da Marchionne come i cobas, denuncia l’attacco alla democrazia, ma la democrazia non è a senso unico, ed è prima di tutto diritti dei lavoratori.
Landini ha visto da questa estate come andava avanti da parte di Marchionne l’azzeramento di ogni residua democrazia sindacale; ha visto e non poteva non vedere come via via si è consolidato, rafforzato il progetto di attacco ai minimi diritti operai da parte della Fiat che, da un giorno all’altro, è anche venuta meno ai suoi stessi precedenti impegni – per finire al fatto che questo accordo di Torino ricalca quello di Pomigliano ma è peggio -, un progetto pieno di arroganza, di disprezzo verso chi “suda e lavora”; ha visto come il governo, i partiti parlamentari, con rare eccezioni, i principali esponenti del PD, dicono che Marchionne, che viola le loro leggi, è un “salvatore” mentre chi si oppone ai suoi piani, e cerca anche di far rispettare alcune leggi, vuole distruggere la Fiat e l’economia italiana.
Ha visto Landini tutto questo, ha visto scorrere davanti agli occhi in questi mesi il fascismo padronale e governativo. Ma Landini ha continuato a chiedere a Marchionne e al governo: “democrazia”! A chiedere, semplicemente alla Cgil della Camusso – che non lo vuole per niente fare – lo sciopero generale, sprecando quella forza operaia messa in piazza il 16 ottobre (fino ad unirsi al coro, il 14 dicembre, dell’attacco al movimento degli studenti che metteva in atto una reale democrazia della lotta per tutti, invece di dichiarare sciopero come avevano sollecitato settori di operai e delegati).
Assurdo! Criminale! Una manifestazione di impotenza, di ottuso e pervicace riformismo che, come sempre succede, indebolisce la lotta di classe e rafforza la reazione.
Ora la Fiom ha indetto lo sciopero per il 28 gennaio 2011. Meglio tardi che mai. Ma gli operai della Fiat, tutti gli operai e i lavoratori non possono scendere in sciopero per chiedere ancora e solo “democrazia” e per fare solo una processione.

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