Ad ogni femminicidio si rinnova il nostro dolore, ma soprattutto la nostra forte rabbia, perchè il più delle volte, come in questa occasione, ci troviamo con femminicidi "copia e incolla", annunciati, e quasi "giustificati" dalla gelosia, quando si tratta di "copia e incolla" di "uomini che odiano le donne", che considerano le donne di loro proprietà (spesso unica "proprietà" per miseri maschi frustrati, che non hanno nulla) e che quindi non possono andarsene, decidere di rompere i legami.
Ma soprattutto è un "copia e incolla" di femminicidi coltivati in serie in un sistema sociale che non "fa nulla" perchè ne è esso la causa principale, con la profonda e continua azione pratica, politica, ideologica, culturale che crea per le donne una condizione di dipendenza, oppressione, discriminazione, che nega e reprime il diritto delle donne a decidere della propria vita (esemplare è l'attacco che ritorna sempre al diritto d'aborto).
Anche la 'pandemia' - e non poteva essere diversamente - per le donne è stata molto ma molto di più nel peggioramento della propria vita: dall'aumento delle violenze e femminicidi "chiuse in casa", a scaricare l'assistenza sanitaria familiare e di gestione delle chiusure scuole sulle donne, dalla conciliazione (anche moderna...) tra lavoro fuori e lavoro domestico; al fatto che solo a dicembre su 101.000 lavoratori che hanno perso il lavoro, 99.000 sono donne, ecc. ecc.
Sono anche "copia e incolla", dopo femminicidi annunciati che sono la maggioranza, gli appelli allo Stato, ai governi, alla scuola...; sono inutili, penosi e stucchevoli, ma soprattutto complici, perchè nascondono la causa "madre" dei femminicidi, questo sistema capitalista sessista, di doppio sfruttamento e oppressione, che va rovesciato - e le prime ad avere interesse alla sua morte sono proprio le donne.
Ma per sviluppare la lotta necessaria delle donne contro questo sistema, serve denunciare la realtà, la natura attuale di questo sistema sociale. Sempre il sistema capitalista ha usato in tutte le fasi, in ogni politica, il patriarcalismo, ma attardarsi sul "patriarcato" impedisce di fatto di vedere il "moderno fascismo" con cui si alimenta e si rinnova oggi l'oppressione e la violenza contro le donne, che permea la famiglia, i suoi reazionari "valori"; e che, quindi, non di cambiamenti si tratta, ma di lotta fino in fondo a 360°, perchè il fascismo non si distrugge con le parole e le "politiche di sinistra" ma con la lotta rivoluzionaria armata (come la nostra stessa esperienza ci ha insegnato).
Questo fascismo avanza oggi sempre più, sembra che riporti indietro ma in realtà va avanti, acquista potere in ogni ambito, istituzionale, politico, ideologico. E soprattutto sulle donne si mostra che al di là delle collocazioni politiche non c'è differenza, se non formale, tra una ex Ministra di Italia viva che rimarcava il calo delle nascite e un Salvini che faceva e rifarà il 'family day'.
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(dalla stampa) - Il 1 febbraio Sonia Di Maggio è stata uccisa a coltellate a Minervino di Lecce, mentre passeggiava con il fidanzato, Sonia aveva 29 anni, originaria di Rimini (ma da qualche tempo viveva in Salento con il fidanzato).
L'uomo assassino, Salvatore Carfora, è originario della provincia di Napoli. Accecato dall'ira e dalla gelosia, l'omicida si è scagliato contro la vittima, l'ha uccisa ed è fuggito. Stando alle prime testimonianze, la donna ha avuto una discussione con l'ex compagno, venuto nel Salento dal Napoletano.
Sonia Di Maggio sarebbe morta cercando di proteggere il suo nuovo fidanzato dall'ex compagno... A chiamare aiuto, negli attimi immediatamente successivi all'aggressione, sarebbe stato proprio il fidanzato, un carpentiere del posto. "E' stato mio figlio a chiamare i soccorsi - dichiara la madre del giovane - So che lui e Sonia avevano ricevuto delle minacce: lui diceva che faceva una strage, che li ammazzava tutti e due...".
Era già noto alle forze dell'ordine: lo scorso 19 giugno era uscito dall'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa. Era finito in carcere per aver ferito a coltellate un parcheggiatore abusivo nel corso di una lite.
Il suo nome è emerso subito dopo il femminicidio, grazie alle testimonianze raccolte sul luogo del delitto. Quando la polizia l'ha bloccato aveva ancora gli indumenti e lo zainetto che avrebbe indossato nel momento dell'omicidio.
Sonia era originaria di Rimini, ma viveva in Salento da inizio anno con l'attuale fidanzato Franceso Damiano, un carpentiere di 29 anni. Voleva rifarsi una vita. Ma alcuni giorni fa il suo assassino è partito da Napoli, meditando una folle vendetta per quello che riteneva "un tradimento".
Quando Sonia lo ha visto in via Pascoli, poco dopo le 19 di ieri, è sbiancata. Stava andando a fare la spesa col suo compagno: hanno subito cercato di cambiare strada. Ma Carfora li ha inseguiti e quindi li ha affrontati. "Siete dei vermi, tutti e due, non meritate di vivere", avrebbe urlato. Sonia ha chiesto aiuto gridando, ma non c'era nessuno nelle vicinanze. E nessuno è intervenuto, mentre il fidanzato di lei ha cercato di fermare l'assassino. Senza riuscirci. E quando Carfora ha tirato fuori il coltello, Sonia si è messa in mezzo, ha fatto da scudo. "Scappa e va a chiamare i carabinieri", avrebbe detto al compagno. Sperava che l'ex si sarebbe calmato. Invece si è trovata vittima di una violenza brutale: lui prima l'ha schiaffeggiata, poi l'ha presa a coltellate, dandole più di una ventina di coltellate.
Damiano ha detto ancora di aver riconosciuto Carfora, avendolo visto più volte sui social. "...non accettava che lei lo avesse lasciato, le mandava messaggi".
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