La forte lotta dei contadini portata fin nel cuore di Nuova Delhi il 26 gennaio scorso, a ridosso dei palazzi del potere, ha scatenato una prima risposta da parte del governo reazionario del fascista indù Narendra Modi. Cominciano a fioccare, infatti, centinaia di denunce, recapitate direttamente presso le tende, le “nuove abitazioni” dei manifestanti, e sono stati effettuati un centinaio di arresti, anche tra i dirigenti del movimento.
Subito dopo la manifestazione l’amministrazione
locale aveva lanciato un ultimatum ai contadini di lasciare il luogo della
periferia di Delhi scelto dai contadini come base, mentre la polizia incitava
gli scagnozzi del partito di Modi, il BJP, a provocare i contadini attaccandoli
con lanci di pietre e fomentando scontri… queste sono alcune tra le tante forme
di repressione messe in campo: c’è, poi, lo spiegamento di altre forze militari
come la Provincial Armed Constabulary (PAC), la Rapid Action Force (RAF), la polizia
civile e antisommossa; riconoscimento facciale, droni, ricerca delle targhe dei
trattori, blocco di internet fino alle 5 del mattino del 1 febbraio in 16 distretti!
La polizia di Delhi, che come denunciano i contadini, è passata agli arresti a
caso di manifestanti e giornalisti, ha anche bloccato l’arrivo di cisterne d’acqua,
cibo, macchine per pulire i bagni pubblici perfino medici… aiuti inviati ai
contadini in difficoltà sui “servizi”…
Nonostante gli attacchi i dirigenti della protesta compreso naturalmente i dirigenti, tra cui quello forse più conosciuto, Tikait (arrestato in passato già ben 44 volte per le lotte contadine)… hanno continuato a dichiarare di non avere paura e che resteranno a protestare fino a quando le tre leggi saranno ritirate. Chiedono il rilascio di tutti gli arrestati, ma nel frattempo hanno dovuto organizzare in proprio una ricerca di almeno un centinaio di contadini, “spariti” nel nulla subito dopo la protesta del 26.
Per rafforzare quelle che sono
diventate “fortezze” come le chiamano alcuni giornali, e cioè le periferie di Singhu,
Tikri e Ghazipur, i dirigenti del movimento hanno fatto un appello affinché
altri contadini si uniscano alla protesta e l’appello è stato raccolto: migliaia
si sono messi in viaggio da vari stati con qualsiasi mezzo, anche a piedi, e
sono arrivati a Delhi ad ingrossare le file del movimento che entro il 2 febbraio
vedrà ancora un numero altissimo di partecipanti come riportano i media che
seguono passo passo gli avvenimenti. Questo per contrastare concretamente gli
attacchi e la propaganda del regime che provano a diffamare e svilire la lotta
dei contadini, definiti “violenti”…
Nel frattempo, in altri stati
dell’Unione le proteste in solidarietà assumono altre forme: dagli scioperi
della fame a manifestazioni in cui “si bruciano le immagini dei ministri in 400
posti differenti in 14 distretti”, assemblee di villaggio in cui si decide che
ogni famiglia mandi un membro a partecipare alla protesta, catene umane…
Modi, che nel frattempo sogna un “ruolo
preminente dell’India nel prossimo ‘nuovo ordine mondiale’ che uscirà dalla
pandemia” e che ha “rinnovato i piani per fare dell’India un centro manifatturiero
e di imprese per diventare ‘autosufficiente’”, ha dovuto subire il boicottaggio
da parte di tutti i partiti del suo classico, annuale, Discorso sul Bilancio:
all’indomani, rivolgendosi all’opposizione ha detto che il suo governo la
proposta l’ha fatta e tale rimane: congelamento delle tre leggi per 18 mesi, e
il “telefono, per chi vuole chiamare il ministro dell’Agricoltura, è a portata
di mano”.
I capi dei contadini hanno risposto
che non hanno bisogno di prendere decisioni sotto pressione, che ci vogliono
altri incontri dove se ne discuterà…
Quindi dopo 68 giorni, la
protesta continua, si rafforza e si attrezza per resistere.
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