“Vogliamo firmare contratti rivoluzionari”. E Carlo Bonomi spiega come: nessun aumento ai dipendenti, libertà di licenziare
In una lettera di 8 pagine alle associazioni confindustriali, il presidente degli industriali Carlo Bonomi torna su temi a lui più cari: più aiuti alle imprese, meno agli altri; niente soldi ma solo più welfare per i lavoratori e fine del blocco sui licenziamenti. Sulla diffusione dei contagi non ha dubbi: le fabbriche non c'entrano nulla.
Nello stesso tempo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi chiede un Patto per l’Italia perché “siamo tutti sulla stessa barca”
Bonomi ha avviato a fine agosto una vera e propria campagna pro padroni. Prima interviste su tre differenti grandi quotidiani, poi una lettera interna destinata ai presidenti di tutte le associazioni del sistema, in cui denuncia in maniera sibillina “intimidazioni alle imprese per indurle a tacere”, vi è un “sentimento anti imprese”.
La lettera tocca poi i contratti collettivi. Dieci milioni di lavoratori italiani attendono infatti nuovi
accordi visto che i precedenti sono scaduti, in alcuni casi da anni o decenni, in primis quello dei metalmeccanici. Bonomi, in vista del tavolo con i sindacati del prossimo 7 settembre, indica agli industriali la posizione da sostenere “con grande energia”, con “chiarezza e fermezza”, con “tutto l’equilibrio ma anche con tutta la risolutezza necessaria”.
“All’accusa che i leader sindacali hanno rivolto a Confindustria di non volere i contratti abbiamo risposto con chiarezza che Confindustria i contratti li vuole sottoscrivere e rinnovare. Solo che li vogliamo ‘rivoluzionarì”, scrive Bonomi, “contratti rivoluzionari rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari. Non perché siamo rivoluzionari noi, aggettivo che proprio non ci si addice, ma – spiega – perché nel frattempo è il lavoro e sono le tecnologie, i mercati e i prodotti, le modalità per produrli e distribuirli, ad essersi rivoluzionati, tutti e infinite volte rispetto a decenni fa”.
In concreto questa "rivoluzione" non è che la riproposizione della sempre vecchia linea dei capitalisti: Primo: No agli aumenti in busta paga – "poiché non c’è inflazione". Neppure - scrive un giornale - per quelle categorie come dipendenti della sanità privata o dell’industria alimentare che hanno continuato a recarsi al lavoro durante tutta la pandemia. Al massimo qualche concessione in termini di welfare aziendale, tutti interventi con forti agevolazioni fiscali per le imprese.
Secondo: Libertà di licenziare – “protrarre ad oltranza (il blocco licenziamenti per Covid - ndr) è un errore molto rischioso”, afferma Bonomi. “Più si protrae nel tempo il binomio ‘cig per tutti-no licenziamenti più gli effetti di questo congelamento” del lavoro “potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese”.
Bonomi rilancia, invece, la necessità di una riforma delle politiche per il lavoro “profondamente diverse”, orientate verso politiche attive e non passive, che vuol dire: sostegno alle imprese per salvaguardare i loro profitti e scaricare la crisi sui lavoratori.
I soldi devono andare solo alle imprese – Bonomi reclama che gli aiuti del governo per la pandemia devono andare solo alle imprese. Basta - dice - con i “sussidi a pioggia”, “I numerosi interventi specifici, i bonus frammentati e i nuovi fondi accesi presso ogni ministero, non sono stati certo la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”; e attacca "una cultura ormai prevalente dell’emergenza fondata su bonus e sussidi".
Vale a dire neanche i pochi spiccioli di sussidi, aiuti date alle famiglie più povere.
”Ci aspetta una stagione – scrive – in cui la demagogia rischia di essere la più fraudolenta delle seduzioni. E, al contempo, in cui il costo dell’incompetenza sopravanzerà per generazioni i benefici di chi oggi se ne avvantaggia”.
La Confindustria, facendo dello "spirito ad un funerale", vista la discesa nella miseria di ampi settori di lavoratori, lavoratrici, famiglie, per cui i sussidi, i bonus, il reddito di cittadinanza sono state più una vessazione indegna e offensiva; Bonomi cancellando con una penna che gran parte di questi lavoratori impoveriti sono quelli che sono stati buttati fuori dalle fabbriche, dai posti di lavoro dei suoi associati, che non hanno più trovato neanche il loro straccio di lavoro precario dopo il lockdown; chiede al governo che al massimo si accolli lui i costi dell'assistenza dei "miserabili", separandoli dai fondi per i padroni che "producono e mantengono in piedi il sistema".
Invece "gli aiuti alle imprese" i padroni li hanno già eccome ricevuti, "a forte pioggia per tutti e continui".
La Cig Covid è stata data a tutte le aziende, anche a quelle che hanno continuato a produrre, pur non facendo attività essenziali, vedi ex Ilva/ArcelorMittal, ma anche Tenaris Dalmine, ecc.; queste hanno operato una vera e propria truffa "legalizzata", trasformando in alcuni casi cigo precedenti e ampiamente programmate prima del covid in cassintegrazione covid 19, non subendo così alcun costo, che invece viene scaricato sullo Stato, e allungando di mesi e mesi il complessivo uso della cassintegrazione; mentre per i lavoratori la cig covid ha significato e sta significando salario quasi dimezzato e tempi enormi per ricevere l'indennità.
Agli imprenditori Bonomi chiede, quindi, unità nel respingere le polemiche e anche «i tentativi di intimidirci per indurre le imprese a tacere», e preannuncia, con toni terroristici «una stagione in cui la demagogia rischia di essere la più fraudolenta delle seduzioni», con un altissimo «costo dell’incompetenza», il cui costo "sopravanzerà per generazioni i benefici di chi oggi se ne avvantaggia", attaccando chi crede di rinviare o impedire la necessità di innovazioni profonde nel sistema pubblico e nelle troppe rendite improduttive che alimenta».
Bene. Siccome non c'è dubbio che il messaggio di Bonomi verrà raccolto dal governo, dai partiti, dai sindacati confederali dopo qualche scaramuccia, spetta agli operai, ai lavoratori, alle masse popolari, strappare con le lotte la sua lettera.
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