domenica 30 agosto 2020

pc 28/29 agosto - La caserma Serena di Treviso: un caso esemplare di razzismo di Stato.

4 immigrati arrestati: “giustizia è fatta”.
Nella vicenda della ex-caserma Serena a Dosson (Treviso) mancava solo l’ultimo tassello perché il delitto fosse perfetto. E immancabilmente il tassello è andato a posto: 4 immigrati sono stati arrestati con imputazioni pesantissime – sequestro di persona, devastazione, saccheggio. A ruota altri 8 (tra cui alcuni minorenni) risultano indagati. Il giornale di centro-sinistra di Treviso, La tribuna (20 agosto), ha esultato con la seguente prosa da fogna: “decapitato il vertice del gruppo di esagitati che hanno tenuto in scacco un’intera città” .
Ripercorriamo allora la vicenda per vedere come in realtà siano stati il ministero dell’interno, la prefettura, il comune, la regione, la magistratura – lo stato nelle sue differenti articolazioni – a tenere in ostaggio in una prigione-contagio centinaia di immigrati, rovesciando alla fine su di loro le proprie responsabilità, dopo non aver alzato per mesi neppure un dito per evitare che il virus si diffondesse. Lo facciamo anche grazie ad un report che ci è arrivato dall’interno e dalle vicinanze della caserma stessa, scusandoci con chi ce lo ha inviato per il ritardo nella pubblicazione.

La ex-caserma Serena è un Cas (Centro di accoglienza straordinaria) e “ospita”, gli uni ammassati sugli altri, oltre 300 immigrati. E’ una di quelle strutture in cui il governo Conte 1 Lega-Cinquestalle decise di concentrare i richiedenti asilo; strutture che sono sotto il diretto controllo delle prefetture
(per i bandi e i regolamenti) e del ministero dell’interno. Questo Cas, come i Cas in genere, è una piccola riserva, un piccolo campo di concentramento, di forza-lavoro a bassissimo costo da super-sfruttare, perché circa il 70% dei reclusi (dato fornito dal locale segretario Pd) ha un lavoro in zona nei più diversi settori, dall’agricoltura alla logistica (alla Brt di Casale, ad esempio), in maggioranza senza contratto (dato nostro)
In questa struttura semi-carceraria le docce, la mensa, le cucine, il cortile e, soprattutto, le camere-dormitori sono comuni (ci sono anche camerate con 8-12 posti letto), il cibo e l’igiene sono di scarsissimo livello. La “cura” dei richiedenti asilo è stata opportunamente affidata dalla prefettura ad un’impresa che si occupa di edilizia (reincarnazione di un’impresa edile fallita in modo fraudolento), la Nova Facility. Ebbene, in questo luogo ideale per la diffusione del Covid-19, si è scoperto, l’11-12 giugno scorso, che un operatore, non un richiedente asilo, era positivo. Lo era già da diversi giorni prima di essere ricoverato in ospedale perché, temendo di perdere il suo posto di lavoro, non lo aveva dichiarato. Ne abbiamo parlato in un precedente post https://pungolorosso.wordpress.com/2020/08/05/finalmente-scoperti-i-portatori-del-covid-19-gli-immigrati/ e non ci ritorniamo su.
Da quella data (11-12 giugno), per un mese e mezzo non è stata presa alcuna misura precauzionale di alcun tipo fino a che, a fine luglio, essendo emersi 3 casi di positività, ad un primo screening di massa è emerso che 137 immigrati erano positivi, poi saliti a 257. Da allora prima è arrivata l’imputazione pubblica del solito Zaia, il leghista dal volto umano: “Senza centri migranti non avremmo focolai di covid 19” (infatti…); poi sono scattati i sigilli alla ex-caserma: così da fine luglio gli immigrati sono chiusi dentro, con le uscite controllate da 3-4 camionette della polizia h24 (nei dintorni erano già state installate 30 telecamere). Il che ha provocato un aggravamento della tensione dentro la caserma perché i tanti immigrati senza contratto hanno perso il lavoro, mentre ai pochi con contratto a tempo indeterminato sono arrivati sui telefonini insulti e minacce da parte dei rispettivi padroni/padroncini perché non si presentavano al lavoro.
Per quanto sia difficile da credere, è vero, e ammesso senza vergogna: in entrambi i periodi, 12 giugno-fine luglio e fine luglio-24 agosto, positivi, negativi e persone in attesa del tampone sono state tenute nelle stesse camerate. La cosa è stata talmente scandalosa che nel momento in cui è emersa, è nato uno scaricabarile pubblico tra il titolare della Nova Facility, tale Marinese, e la Usl-2 di Treviso nella persona del suo direttore generale Benassi.
Gli unici a muoversi, in questi tre mesi, sono stati gli immigrati che più volte hanno protestato in modo energico, anzitutto per avere notizie precise sugli aspetti sanitari, notizie che nessuno ha fornito loro (“gli operatori non dicono niente”, “non sono buoni”, “non ci aiutano” – questo il parere sugli operatori, gli unici a diretto contatto con gli immigrati); in secondo luogo, perché nessuno dà loro notizie – da quando sono reclusi – sui loro rapporti di lavoro; la cosa angoscia molti perché non possono più mandare soldi alle loro famiglie lontane (e sono costretti a chiederli in prestito a conoscenti); in terzo luogo perché, specie da quando è scoppiato il ‘caso Serena’, si sono moltiplicati i tamponi (c’è chi ne ha subiti anche 4 o 5), ma senza che fosse spiegata loro l’utilità, e fosse possibile vederla, dato che, comunque, si restava obbligatoriamente tutti assieme, mescolati, positivi e negativi; ed infine perché c’è stata in questi mesi un’evidente disparità di trattamento tra operatori (“prendono medicine e vanno in ospedale”) e immigrati, che restano comunque in caserma (solo 5 sono stati finora trasferiti in una piccola struttura) e all’oscuro delle cose più elementari, ad esempio quanto tempo ci vorrà per conoscere l’esito del tampone, o perché si debba rifarlo.
Come trasformare una delle molte “piccole” debacle della sanità del Veneto, e di tutte le istituzioni statali operanti sul territorio, in un’operazione di buon governo? Elementare. Indicando come capro espiatorio, come untori, gli immigrati, e in particolare nei loro “caporioni” “facinorosi” (è tornato anche questo lessico da ventennio). Sono stati loro ad impedire di fare i tamponi!!! Sono stati loro a opporsi al “distanziamento sociale”!!! Quindi, vadano dentro i responsabili del delitto. E tutto tornerà liscio come l’olio. La magistratura, corpo notoriamente “indipendente”, ha provveduto a tempo di record. Lo scoppio del caso-Serena è di fine luglio, subito dopo c’è la dichiarazione di Zaia, gli arresti scattano all’alba del giorno 19 agosto con misure di sicurezza sul territorio da cattura di super-boss mafiosi. Ad arresti avvenuti, è scoppiata la festa delle istituzioni, rigorosamente bi-partizan. Il sindaco leghista di Treviso: “Ora è necessario continuare nel pugno di ferro per far capire che chi delinque finisce in carcere, senza se e senza ma”. Il segretario Pd Zorzi: “segnale molto importante, giustizia è fatta”, e si domanda come mai “si sia atteso tanto tempo per intervenire, nell’arrestare i facinorosi”. La dichiarazione del questore Montaruli è letteralmente spettacolare. Dopo aver lodato la Digos per il suo “eccellente lavoro” e la sua “indagine certosina che ha comportato un grosso sacrificio”, etc. etc., scandisce il seguente concetto: “Voglio sottolineare che il sacrificio di tutti, polizia, carabinieri, finanza ed esercito, era volto alla tutela sanitaria della popolazione di Treviso per evitare che i richiedenti asilo positivi al Covid entrassero a contatto con i cittadini di tutta la Marca. La speranza è che l’esito di questa indagine possa indurre altri richiedenti asilo a comportarsi in modo corretto”.
Spettacolare! Apprendiamo così che la tutela sanitaria della popolazione di Treviso, oltre che dalle strutture sanitarie, è tutelata dai corpi separati dello stato che impediscono ai richiedenti asilo di fare gli untori. Mentre agli stessi richiedenti asilo non hanno tempo di pensarci, come si è visto, le strutture sanitarie, se non a contagio già totalmente avvenuto (257 su 297, metodo Johnson). E quando questi protestano o si ribellano, allora entrano in azione magistrati, poliziotti, carabinieri, finanza, esercito, gli unici a fare con gli immigrati, sugli immigrati, contro gli immigrati (proletari, s’intende) indagini certosine. Indagini penali, s’intende, non certo sanitarie. A sigillo, la soddisfazione del padrone-gaglioffo della Nova Facility: “Ora finalmente si potrà lavorare in pace” e “attuare finalmente le prescrizioni delle autorità sanitarie con la divisione fra gli ospiti a seconda delle loro condizioni”. Tutto dimenticato, anche la disputa con l’Usl su chi avesse la colpa del contagio generalizzato, se l’Usl o l’ennesima squallida cooperativa che gestisce la vita degli immigrati. Ora il cerchio quadra. L’ordine del razzismo di stato al servizio dei padroni regna a Dosson.
Succede, però, a non molti chilometri di distanza, a Vazzola, sempre nella Marca trevigiana, un po’ più a nord, vicino Conegliano, che esploda in pochi giorni un focolaio dentro l’Aia, grossa impresa del comparto alimentare: ad oggi, 25 agosto,184 operai (su 675 operai tra diretti e lavoratori della Vierre coop) e 38 loro familiari, molti dei quali immigrati (dei primi 57 contagiati, 52 erano senegalesi). Come mai l’esplosione? Per la ferrea determinazione del padrone di non chiudere lo stabilimento dopo i primi contagi, sia quel che sia – non è lui a rischiare la pelle o la salute. Determinazione che ad oggi continua. Con i responsabili di Uil e Cisl proni alle decisioni padronali come i cagnolini da salotto, e la Cgil favorevole, ma senza alcuna iniziativa di lotta, ad una “chiusura temporanea”. L’unica voce decisa è stata quella del delegato Fiom Elettrolux (dell’opposizione) Augustin Breda, che ha dichiarato: “L’Aia di Vazzola andava chiusa subito, dopo la scoperta dei primi casi, inconcepibile che si sia agito in questo modo”. E chiede controlli a tappeto anche in altre imprese delle zona, a cominciare dalla Elettrolux perché molti dei lavoratori e delle lavoratrici della zona convivono con operaia dell’Aia. Alla stessa Elettrolux, del resto, ci sono sei lavoratori in isolamento, alla Brt di Casale sul Sile i positivi sono risultati 24. Insomma, nel migliore dei mondi possibili, la Marca trevigiana, in tempi di riflusso della pandemia (in Italia), si moltiplicano i focolai e, guarda la coincidenza, i più esposti al rischio-malattia sono gli operai, ed in particolare gli operai immigrati.
Immediata libertà per i 4 richiedenti asilo arrestati alla Serena!
Immediata chiusura delle fabbriche centro di contagio, e loro sanificazione!
Abbasso il razzismo di stato, e i suoi megafoni!

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