Lo
sciopero generale indetto dal sindacato di classe e indipendentista
Intersindical CSC, le marce che l’ANC e Òmnium hanno fatto convergere su
Barcelona, i numerosi blocchi stradali organizzati dai Comitati di
Difesa della Repubblica e la resistenza opposta nelle piazze da migliaia
di giovani alla repressione poliziesca hanno fatto della giornata di
ieri in Catalunya il momento di maggiore mobilitazione di tutta la
settimana.
Nonostante
l’indifferenza dei sindacati maggioritari CCOO e UGT, lo sciopero ha
registrato una buona partecipazione nelle scuole e nelle università
(praticamente deserte), nel commercio (tra il 60 e l’80% dei negozi
chiusi), nella funzione pubblica (32% di
partecipazione) e nella sanità (25%).
partecipazione) e nella sanità (25%).
Dopo
aver effettuato numerosi picchetti, i lavoratori hanno svolto vari
cortei a Girona, Lleida e Tarragona, chiedendo la deroga della riforma
del lavoro del PP, l’aumento del salario minimo, la fine delle
privatizzazioni e del precariato. Da segnalare la mobilitazione degli
scaricatori del porto di Barcelona, la chiusura della Seat di Martorell e
i numerosi blocchi stradali che a partire dall’alba hanno reso assai
difficili gli spostamenti e interrotto la comunicazione tra Barcelona e
il resto del paese.
Dalle
sei del mattino i Comitati di Difesa della Repubblica hanno bloccato
l’autostrada Ap7 alla frontiera con la Francia, provocando decine di
chilometri di coda oltre il confine. Impegnata su molti fronti, la
polizia non ha neppure provato a intervenire, lasciando che il blocco
dell’autostrada si protraesse per tutto il giorno, con i CDR organizzati
per resistere e decisi a passare la notte in strada.
Altri
blocchi stradali sono stati organizzati su diverse arterie e si sono
susseguiti a intermittenza nel corso della giornata. La Intersindical
CSC ha fatto un bilancio assai positivo dello sciopero, rivelatosi
secondo gli organizzatori anche “un efficace strumento messo a
disposizione di tutta la popolazione per la difesa dei diritti civili e
politici” minacciati dai tribunali spagnoli e “per la costruzione della
repubblica catalana dei lavoratori”.
Di
fatto lo sciopero si è saldato con le 5 marce organizzate dall’ANC e
Òmnium, determinando il collasso di Barcelona. Le differenti colonne di
manifestanti hanno compiuto durante il mattino gli ultimi chilometri che
le separavano dalla capitale catalana senza incidenti di rilievo:
all’altezza di Badalona la colonna proveniente da Girona è stata oggetto
di un lancio di pietre da parte di un gruppo unionista che non è
riuscito però ad alterarne la marcia. I manifestanti sono entrati in
città per la Gran Via e la Meridiana occupando progressivamente il
centro fino a dirigersi al Passeig de Gràcia, completamente pieno.
La
guardia urbana ha parlato di 525.000 persone, ma la cifra stimata
sembra molto inferiore a quella reale. Nel suo discorso, la presidente
dell’ANC ha chiesto di prepararsi per sostenere una nuova dichiarazione
di indipendenza, in controtendenza rispetto all’attuale attendismo di
ERC e del PDeCAT e accentuando la critica al governo della Generalitat,
già messo sotto accusa per la gestione dell’ordine pubblico. Una critica
che accomuna l’ANC e i settori più radicali del movimento.
E
per la quarta notte consecutiva Barcelona, Girona, Lleida e Tarragona
sono state teatro di tafferugli e scontri tra i manifestanti e le forze
dell’ordine. Policia Nacional e Mossos d’Esquadra hanno operato in
perfetto accordo (pur dipendendo la prima dal governo spagnolo e i
secondi da quello catalano attuale, cdr).
A
Barcelona alcune migliaia di manifestanti si sono concentrati nel
pomeriggio alla via Laietana, a margine della manifestazione dell’ANC e
di Òmnium. Qui si sono disposti ai due capi della via e si sono
avvicinati alla Prefettura, protetta da un lato dalla Policia Nacional e
dall’altro dalla polizia catalana.
Attorno
alle sei del pomeriggio le forze dell’ordine hanno cercato di
disperdere i manifestanti che, arretrati dopo una prima carica, si sono
subito ricompattati. È cominciata cosí una battaglia durata fino oltre
la mezzanotte. La Policia Nacional è ricorsa ai caroselli con i furgoni
blindati e assieme ai Mossos ha sparato lacrimogeni e proiettili di
gomma e poliuretano.
A
seguito di queste azioni, ci sarebbero almeno due persone che hanno
riportato ferite al volto e che rischiano di perdere un occhio. I
giovani però, più organizzati rispetto alle scorse notti, hanno smontato
l'”arredo urbano”, divelto i marciapiedi e ricavato così il materiale
da lanciare contro la polizia.
I
tafferugli sono proseguiti verso piazza Urquinaona, dove sono stati
incendiati numerosi cassonetti e si è alzata una rudimentale barricata
che è stata espugnata dalle forze dell’ordine solo grazie all’impiego di
un blindato munito di un cannone ad acqua.
Nel corso degli scontri la Policia Nacional ha arrestato anche il fotografo Albert Garcia di El País
(un quotidiano di Madrid, decisamente contrario all’indipendenza)
mentre fotografava l’arresto di un giovane; aggredito dalla Policia
Nacional anche il giornalista di Catalunya Ràdio, Arnau Maymo.
A
Girona il concentramento convocata dal CDR davanti al tribunale per
chiedere il rilascio di due giovani, detenuti in seguito alle
manifestazioni di questa settimana. è stata attaccato dalla Policia
Nacional attorno alle otto di sera e i tafferugli sono proseguiti a
lungo a ridosso del centro storico.
Nel
complesso, il bilancio provvisorio degli scontri della notte è di 33
arresti e almeno 90 feriti con lesioni provocate dalle pallottole di
gomma o fratture in varie parti del corpo.
Nel
frattempo l’Audiencia Nacional, il tribunale politico per eccellenza,
ha ordinato la chiusura della pagina web di Tsunami Democratico, la
piattaforma che ha organizzato l’occupazione dell’aereoporto di
Barcelona. I giudici indagano Tsunami Democratico, i cui organizzatori
operano in semiclandestinità, con l’accusa di “terrorismo e di disordine pubblico volto all’alterazione dell’ordinamento costituzionale“.
Dal
canto suo, Tsunami Democratico ha già avvertito che la lotta sarà
ancora lunga e che la censura non potrà silenziare tutta una
popolazione. Anche ieri ci sono state varie iniziative di solidarietà (a
Bilbao, Madrid e in altri centri), che la CUP ha sottolineato e
ringraziato pubblicamente in una lettera indirizzata ai differenti
popoli dello Stato e diffusa in català, eukera, galego e castigliano,
nella quale ribadisce che “la disobbedienza civile e
l’autodeterminazione sono l’ariete contro il regime del ’78 e la sua
unità indivisibile”.
Nonostante
due anni di repressione, il movimento indipendentista sembra aver
rafforzato la propria egemonia nella società catalana, mentre si trova
impegnato in un processo di autorganizzazione popolare che, pur lontano
dal raggiungimento dei propri obbiettivi, mette apertamente in
discussione il potere politico ed economico non solo in Catalunya ma
anche nello stato spagnolo.
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