sabato 19 ottobre 2019

pc 19 ottobre - Catalogna in rivolta - un contributo informativo


Quarta giornata di mobilitazione e scontri


Lo sciopero generale indetto dal sindacato di classe e indipendentista Intersindical CSC, le marce che l’ANC e Òmnium hanno fatto convergere su Barcelona, i numerosi blocchi stradali organizzati dai Comitati di Difesa della Repubblica e la resistenza opposta nelle piazze da migliaia di giovani alla repressione poliziesca hanno fatto della giornata di ieri in Catalunya il momento di maggiore mobilitazione di tutta la settimana.
Nonostante l’indifferenza dei sindacati maggioritari CCOO e UGT, lo sciopero ha registrato una buona partecipazione nelle scuole e nelle università (praticamente deserte), nel commercio (tra il 60 e l’80% dei negozi chiusi), nella funzione pubblica (32% di
partecipazione) e nella sanità (25%).

Dopo aver effettuato numerosi picchetti, i lavoratori hanno svolto vari cortei a Girona, Lleida e Tarragona, chiedendo la deroga della riforma del lavoro del PP, l’aumento del salario minimo, la fine delle privatizzazioni e del precariato. Da segnalare la mobilitazione degli scaricatori del porto di Barcelona, la chiusura della Seat di Martorell e i numerosi blocchi stradali che a partire dall’alba hanno reso assai difficili gli spostamenti e interrotto la comunicazione tra Barcelona e il resto del paese.
Dalle sei del mattino i Comitati di Difesa della Repubblica hanno bloccato l’autostrada Ap7 alla frontiera con la Francia, provocando decine di chilometri di coda oltre il confine. Impegnata su molti fronti, la polizia non ha neppure provato a intervenire, lasciando che il blocco dell’autostrada si protraesse per tutto il giorno, con i CDR organizzati per resistere e decisi a passare la notte in strada.
Altri blocchi stradali sono stati organizzati su diverse arterie e si sono susseguiti a intermittenza nel corso della giornata. La Intersindical CSC ha fatto un bilancio assai positivo dello sciopero, rivelatosi secondo gli organizzatori anche “un efficace strumento messo a disposizione di tutta la popolazione per la difesa dei diritti civili e politici” minacciati dai tribunali spagnoli e “per la costruzione della repubblica catalana dei lavoratori”.
Di fatto lo sciopero si è saldato con le 5 marce organizzate dall’ANC e Òmnium, determinando il collasso di Barcelona. Le differenti colonne di manifestanti hanno compiuto durante il mattino gli ultimi chilometri che le separavano dalla capitale catalana senza incidenti di rilievo: all’altezza di Badalona la colonna proveniente da Girona è stata oggetto di un lancio di pietre da parte di un gruppo unionista che non è riuscito però ad alterarne la marcia. I manifestanti sono entrati in città per la Gran Via e la Meridiana occupando progressivamente il centro fino a dirigersi al Passeig de Gràcia, completamente pieno.
La guardia urbana ha parlato di 525.000 persone, ma la cifra stimata sembra molto inferiore a quella reale. Nel suo discorso, la presidente dell’ANC ha chiesto di prepararsi per sostenere una nuova dichiarazione di indipendenza, in controtendenza rispetto all’attuale attendismo di ERC e del PDeCAT e accentuando la critica al governo della Generalitat, già messo sotto accusa per la gestione dell’ordine pubblico. Una critica che accomuna l’ANC e i settori più radicali del movimento.
E per la quarta notte consecutiva Barcelona, Girona, Lleida e Tarragona sono state teatro di tafferugli e scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Policia Nacional e Mossos d’Esquadra hanno operato in perfetto accordo (pur dipendendo la prima dal governo spagnolo e i secondi da quello catalano attuale, cdr).
A Barcelona alcune migliaia di manifestanti si sono concentrati nel pomeriggio alla via Laietana, a margine della manifestazione dell’ANC e di Òmnium. Qui si sono disposti ai due capi della via e si sono avvicinati alla Prefettura, protetta da un lato dalla Policia Nacional e dall’altro dalla polizia catalana.
Attorno alle sei del pomeriggio le forze dell’ordine hanno cercato di disperdere i manifestanti che, arretrati dopo una prima carica, si sono subito ricompattati. È cominciata cosí una battaglia durata fino oltre la mezzanotte. La Policia Nacional è ricorsa ai caroselli con i furgoni blindati e assieme ai Mossos ha sparato lacrimogeni e proiettili di gomma e poliuretano.
A seguito di queste azioni, ci sarebbero almeno due persone che hanno riportato ferite al volto e che rischiano di perdere un occhio. I giovani però, più organizzati rispetto alle scorse notti, hanno smontato l'”arredo urbano”, divelto i marciapiedi e ricavato così il materiale da lanciare contro la polizia.
I tafferugli sono proseguiti verso piazza Urquinaona, dove sono stati incendiati numerosi cassonetti e si è alzata una rudimentale barricata che è stata espugnata dalle forze dell’ordine solo grazie all’impiego di un blindato munito di un cannone ad acqua.
Nel corso degli scontri la Policia Nacional ha arrestato anche il fotografo Albert Garcia di El País (un quotidiano di Madrid, decisamente contrario all’indipendenza) mentre fotografava l’arresto di un giovane; aggredito dalla Policia Nacional anche il giornalista di Catalunya Ràdio, Arnau Maymo.
A Girona il concentramento convocata dal CDR davanti al tribunale per chiedere il rilascio di due giovani, detenuti in seguito alle manifestazioni di questa settimana. è stata attaccato dalla Policia Nacional attorno alle otto di sera e i tafferugli sono proseguiti a lungo a ridosso del centro storico.
Nel complesso, il bilancio provvisorio degli scontri della notte è di 33 arresti e almeno 90 feriti con lesioni provocate dalle pallottole di gomma o fratture in varie parti del corpo.
Nel frattempo l’Audiencia Nacional, il tribunale politico per eccellenza, ha ordinato la chiusura della pagina web di Tsunami Democratico, la piattaforma che ha organizzato l’occupazione dell’aereoporto di Barcelona. I giudici indagano Tsunami Democratico, i cui organizzatori operano in semiclandestinità, con l’accusa di “terrorismo e di disordine pubblico volto all’alterazione dell’ordinamento costituzionale“.
Dal canto suo, Tsunami Democratico ha già avvertito che la lotta sarà ancora lunga e che la censura non potrà silenziare tutta una popolazione. Anche ieri ci sono state varie iniziative di solidarietà (a Bilbao, Madrid e in altri centri), che la CUP ha sottolineato e ringraziato pubblicamente in una lettera indirizzata ai differenti popoli dello Stato e diffusa in català, eukera, galego e castigliano, nella quale ribadisce che “la disobbedienza civile e l’autodeterminazione sono l’ariete contro il regime del ’78 e la sua unità indivisibile”.
Nonostante due anni di repressione, il movimento indipendentista sembra aver rafforzato la propria egemonia nella società catalana, mentre si trova impegnato in un processo di autorganizzazione popolare che, pur lontano dal raggiungimento dei propri obbiettivi, mette apertamente in discussione il potere politico ed economico non solo in Catalunya ma anche nello stato spagnolo.

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