Siamo giunti così all’indubbia conclusione che la divisione dei nostri studenti
in distinte correnti politiche non è casuale. Stabilito questo fatto, possiamo ormai agevolmente
orientarci nella controversa questione di che cosa si deve propriamente
intendere per “unificazione ideale degli studenti”, per “trasformazione
rivoluzionaria” di questi ultimi, ecc.
...Non è forse ovvio che di trasformazione rivoluzionaria degli studenti si può
parlare solo dal punto di vista di una determinata concezione circa il contenuto
e il carattere di tale trasformazione?
... gli studenti non sono
tagliati fuori dal resto della società e che quindi rispecchiano sempre e
inevitabilmente tutto lo schieramento politico della società.
...Non
c’è partito nei paesi civili che non comprenda l’enorme utilità di associazioni
scolastiche e professionali quanto più larghe e solide possibile, ma ciascuno di
essi tende a far sì che in queste associazioni predomini precisamente la propria
influenza. Ma chi non sa che il richiamo alla apartiticità di queste o di quelle
istituzioni altro non è, di solito, che una frase ipocrita sulle labbra delle
classi dominanti, che desiderano occultare il fatto che le istituzioni vigenti
sono permeate, in novantanove casi su cento, da un ben preciso orientamento
politico, il loro?
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