Catalogna. Rastrellamento preventivo della Guardia Civi
La CUP ha invitato a scendere in piazza contro le detenzioni
Ieri
mattina all’alba 500 agenti della Guardia Civil hanno effettuato
numerose perquisizioni e arrestato nove militanti indipendentisti legati
ai Comitati di Difesa della Repubblica (CDR) in differenti città
catalane. Coperti dai passamontagna e mitra alla mano, gli agenti hanno
fatto irruzione nelle case puntando le armi contro alcuni dei giovani,
alla ricerca di ordigni artigianali e di materiale esplosivo.
L’operazione
è stata ordinata dai giudici dell’Audiencia Nacional, il tribunale
“politico” spagnolo per eccellenza, che imputa ai nove indipendentisti i
reati di ribellione, terrorismo e detenzione di esplosivi. Ma dalle
lunghe perquisizioni domiciliari della giornata sono
emersi soltanto liquidi da giardineria e polvere per fuochi d’artificio, materiali che la Guardia Civil ha definito come “propedeutici” alla costruzione di artefatti esplosivi, ma di uso assai comune.
La polizia ha mostrato una pentola, della polvere e dei liquidi, ma non è emersa alcuna traccia delle bombe di cui già parlano con enfasi gli esponenti del PP e di Ciudadanos.
Come ha affermato l’avvocato ed ex deputato della CUP Benet Salellas, se fossero stati rinvenuti degli esplosivi, i militari gli avrebbero mostrati alle telecamere. Si sono però dovuti accontentare di semplici componenti che potrebbero essere utilizzati per fabbricare ordigni artigianali.
Ciononostante il Ministero dell’Interno (presieduto dal socialista Fernando Grande- Marlaska) giudica i reperti rinvenuti dalla Guardia Civil come elementi di prova sufficienti ad affermare che i detenuti “preparavano azioni violente”. Amplificano la versione del governo la gran maggioranza dei giornali spagnoli, impegnati a costruire uno scenario di allarme che giustifichi un intervento repressivo in grande stile in Catalunya.
Se da un lato il rastrellamento della Guardia Civil sembra voler bonificare il terreno prima della sentenza contro gli indipendentisti catalani accusati di sedizione e ribellione (per il referendum del primo ottobre), dall’altro vuole intimorire il movimento indipendentista e repubblicano, al quale recapita un chiaro avviso delle conseguenze che potrebbero avere le prossime mobilitazioni contro la prevedibile e dura condanna dei leader catalani.
Sette dei nove detenuti sono già stati trasferiti a Madrid dove, grazie all’accusa di terrorismo, potranno essere tenuti in isolamento 72 ore, prorogabili per ulteriori 48. Una procedura che ricalca quella seguita nell’aprile dell’anno scorso, quando Tamara Carrasco, militante del CDR di Viladecans, venne arrestata con l’accusa di terrorismo e privata per due giorni del diritto a parlare con un avvocato. Rea di tenere in casa dei simboli indipendentisti e di aver diffuso un audio nel quale invitava a realizzare dei blocchi stradali, era stata successivamente confinata nel territorio del proprio municipio per oltre un anno, finché l’accusa di terrorismo venne derubricata a quella più modesta di “disordine pubblico”.
Nella stessa giornata Adrià Carrasco, del CDR di Esplugues de Llobregat riuscì a sfuggire all’arresto (calandosi rocambolescamente da una finestra) e ad arrivare nelle settimane seguenti in Belgio, dove ancora vive in compagnia del nutrito gruppo degli esiliati catalani.
In ciascuno di questi casi, si è assistito ad una evidente criminalizzazione del dissenso politico, trattato dai giudici e dai cosiddetti partiti del bunker (PP, PSOE e Ciudadanos) come un ostacolo intollerabile per la governabilità. Come in altri paesi europei, la repressione guadagna terreno a scapito dei diritti civili e politici, con l’evidente beneplacito delle istituzioni dell’Unione.
Per il momento però la retata della Guardia Civil ha suscitato una forte ondata d’indignazione che si è tradotta in numerose manifestazioni di protesta: il movimento indipendentista si è concentrato davanti alla caserma della Guardia Civil a Girona, al grido di “fuori le forze d’occupazione”. A Barcelona centinaia di persone si sono dirette davanti alla caserma della Guardia Civil della Travessera de Gràcia, reclamando la libertà per i detenuti. A Reus i manifestanti hanno occupato i binari, mentre altre manifestazioni si sono svolte a Lleida, Manresa, Igualada, Badalona, Vic, Olot, Sabadell, Mataró e in altri centri minori.
La CUP ha invitato a scendere in piazza contro le detenzioni avvertendo che “la rinuncia ai nostri obbiettivi politici non ci mette al riparo dalla repressione”, in polemica con l’atteggiamento di ERC e del PDeCAT, da mesi attestati su una posizione di attendismo e di mera gestione della ridotta autonomia regionale, assai lontano dagli obbiettivi di trasformazione sociale e istituzionale dell’esquerra independentista.
Jaume Asens, portavoce dei comuns ha invece affermato che “equiparare i CDR al terrorismo è da irresponsabili. E rappresenta una banalizzazione che offende proprio le vittime del terrorismo”. Per quel che riguarda i sindacati, la indipendentista Intersindical ha invitato a partecipare alle proteste della giornata, mentre la CGT ha espresso un fermo rifiuto delle detenzioni, definite una vera e propria montatura poliziesca. In ogni caso, l’autunno catalano sembra solo all’inizio.
emersi soltanto liquidi da giardineria e polvere per fuochi d’artificio, materiali che la Guardia Civil ha definito come “propedeutici” alla costruzione di artefatti esplosivi, ma di uso assai comune.
La polizia ha mostrato una pentola, della polvere e dei liquidi, ma non è emersa alcuna traccia delle bombe di cui già parlano con enfasi gli esponenti del PP e di Ciudadanos.
Come ha affermato l’avvocato ed ex deputato della CUP Benet Salellas, se fossero stati rinvenuti degli esplosivi, i militari gli avrebbero mostrati alle telecamere. Si sono però dovuti accontentare di semplici componenti che potrebbero essere utilizzati per fabbricare ordigni artigianali.
Ciononostante il Ministero dell’Interno (presieduto dal socialista Fernando Grande- Marlaska) giudica i reperti rinvenuti dalla Guardia Civil come elementi di prova sufficienti ad affermare che i detenuti “preparavano azioni violente”. Amplificano la versione del governo la gran maggioranza dei giornali spagnoli, impegnati a costruire uno scenario di allarme che giustifichi un intervento repressivo in grande stile in Catalunya.
Se da un lato il rastrellamento della Guardia Civil sembra voler bonificare il terreno prima della sentenza contro gli indipendentisti catalani accusati di sedizione e ribellione (per il referendum del primo ottobre), dall’altro vuole intimorire il movimento indipendentista e repubblicano, al quale recapita un chiaro avviso delle conseguenze che potrebbero avere le prossime mobilitazioni contro la prevedibile e dura condanna dei leader catalani.
Sette dei nove detenuti sono già stati trasferiti a Madrid dove, grazie all’accusa di terrorismo, potranno essere tenuti in isolamento 72 ore, prorogabili per ulteriori 48. Una procedura che ricalca quella seguita nell’aprile dell’anno scorso, quando Tamara Carrasco, militante del CDR di Viladecans, venne arrestata con l’accusa di terrorismo e privata per due giorni del diritto a parlare con un avvocato. Rea di tenere in casa dei simboli indipendentisti e di aver diffuso un audio nel quale invitava a realizzare dei blocchi stradali, era stata successivamente confinata nel territorio del proprio municipio per oltre un anno, finché l’accusa di terrorismo venne derubricata a quella più modesta di “disordine pubblico”.
Nella stessa giornata Adrià Carrasco, del CDR di Esplugues de Llobregat riuscì a sfuggire all’arresto (calandosi rocambolescamente da una finestra) e ad arrivare nelle settimane seguenti in Belgio, dove ancora vive in compagnia del nutrito gruppo degli esiliati catalani.
In ciascuno di questi casi, si è assistito ad una evidente criminalizzazione del dissenso politico, trattato dai giudici e dai cosiddetti partiti del bunker (PP, PSOE e Ciudadanos) come un ostacolo intollerabile per la governabilità. Come in altri paesi europei, la repressione guadagna terreno a scapito dei diritti civili e politici, con l’evidente beneplacito delle istituzioni dell’Unione.
Per il momento però la retata della Guardia Civil ha suscitato una forte ondata d’indignazione che si è tradotta in numerose manifestazioni di protesta: il movimento indipendentista si è concentrato davanti alla caserma della Guardia Civil a Girona, al grido di “fuori le forze d’occupazione”. A Barcelona centinaia di persone si sono dirette davanti alla caserma della Guardia Civil della Travessera de Gràcia, reclamando la libertà per i detenuti. A Reus i manifestanti hanno occupato i binari, mentre altre manifestazioni si sono svolte a Lleida, Manresa, Igualada, Badalona, Vic, Olot, Sabadell, Mataró e in altri centri minori.
La CUP ha invitato a scendere in piazza contro le detenzioni avvertendo che “la rinuncia ai nostri obbiettivi politici non ci mette al riparo dalla repressione”, in polemica con l’atteggiamento di ERC e del PDeCAT, da mesi attestati su una posizione di attendismo e di mera gestione della ridotta autonomia regionale, assai lontano dagli obbiettivi di trasformazione sociale e istituzionale dell’esquerra independentista.
Jaume Asens, portavoce dei comuns ha invece affermato che “equiparare i CDR al terrorismo è da irresponsabili. E rappresenta una banalizzazione che offende proprio le vittime del terrorismo”. Per quel che riguarda i sindacati, la indipendentista Intersindical ha invitato a partecipare alle proteste della giornata, mentre la CGT ha espresso un fermo rifiuto delle detenzioni, definite una vera e propria montatura poliziesca. In ogni caso, l’autunno catalano sembra solo all’inizio.
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