Ieri all’Eliseo, Macron ha ricevuto una delegazione siriana, tra cui ufficiali militari curdi ma anche personalità legate alla coalizione arabo-curda delle Forze Democratiche Siriane (SDF). Con questo incontro – che ha mandato su tutte le furie la Turchia – la Francia ha inviato a questi alleati “dell’occidente” un messaggio di sostegno politico di portata senza precedenti. Poiché le minacce turche contro le forze curde e i loro alleati nella Siria nordorientale non vacillano, l’incontro potrebbe segnare un punto di svolta nell’impegno di Parigi verso questa componente.
In una dichiarazione rilasciata alla fine della riunione, il governo
francese ha riferito che Macron
aveva “assicurato il sostegno della Francia, in particolare per la stabilizzazione della zona di sicurezza a nord-est della Siria, nel quadro di una governance inclusiva ed equilibrata, per prevenire il risorgere di Daesh in attesa di una soluzione politica al conflitto siriano” scrive oggi Le Monde.
L’SDF ha cacciato i jihadisti dell’IIS in una lunga campagna militare con il sostegno dei bombardamenti statunitensi e dell’intelligence occidentale. L’offensiva è culminata nell’ottobre 2017 con la cattura di Racca, l’ex “capitale” siriana dell’ISIS a maggioranza araba ed in cui però non vivono i curdi.
“L’incontro è stato molto positivo. Il presidente Macron ha confermato il sostegno politico e militare della Francia in un momento critico “, ha detto Redur Khalil World, l’ufficio delle relazioni esterne delle SDF, che faceva parte della delegazione ricevuta all’Eliseo.
I membri della delegazione guidata dai curdi della Siria e ricevuti giovedì al palazzo dell’Eliseo hanno assicurato che la Francia si è impegnata a garantire anche una presenza militare.
“La Francia rafforzerà la sua presenza militare a Manbij per assicurare tutte le aree protette dalla coalizione”, ha detto Khaled Issa, il rappresentante a Parigi della “Siria del Nord”, termine usato per designare il gruppo politico formato in aree controllate dalla SDF.
“Quando a Istanbul il 4 aprile si incontreranno Erdogan, Putin e il presidente iraniano Hassan Rohani, si materializzerà probabilmente un serio tentativo di spartizione in zone di influenza della Siria: un Paese della Nato, la Turchia, prova dunque a mettersi d’accordo con il «nemico», ma nessuno osa dire una parola, né l’Alleanza Atlantica né gli americani” scrive oggi Alberto Negi su Il manifesto, “La Turchia ha cambiato campo ma non si può certificare perché ospita dozzine di basi Nato e i missili Usa puntati contro Mosca e Teheran”.
Un dettaglio rilevante di tutta questa girandola diplomatica e delle tensioni tra Francia, Turchia, SDF, Russia, Iran è che nessuno sembra voler tenere conto di un fattore decisivo per ogni assetto futuro della Siria: il governo siriano. Un dettaglio di cui sarà difficile non tenere conto.
da contropiano
aveva “assicurato il sostegno della Francia, in particolare per la stabilizzazione della zona di sicurezza a nord-est della Siria, nel quadro di una governance inclusiva ed equilibrata, per prevenire il risorgere di Daesh in attesa di una soluzione politica al conflitto siriano” scrive oggi Le Monde.
L’SDF ha cacciato i jihadisti dell’IIS in una lunga campagna militare con il sostegno dei bombardamenti statunitensi e dell’intelligence occidentale. L’offensiva è culminata nell’ottobre 2017 con la cattura di Racca, l’ex “capitale” siriana dell’ISIS a maggioranza araba ed in cui però non vivono i curdi.
“L’incontro è stato molto positivo. Il presidente Macron ha confermato il sostegno politico e militare della Francia in un momento critico “, ha detto Redur Khalil World, l’ufficio delle relazioni esterne delle SDF, che faceva parte della delegazione ricevuta all’Eliseo.
I membri della delegazione guidata dai curdi della Siria e ricevuti giovedì al palazzo dell’Eliseo hanno assicurato che la Francia si è impegnata a garantire anche una presenza militare.
“La Francia rafforzerà la sua presenza militare a Manbij per assicurare tutte le aree protette dalla coalizione”, ha detto Khaled Issa, il rappresentante a Parigi della “Siria del Nord”, termine usato per designare il gruppo politico formato in aree controllate dalla SDF.
“Quando a Istanbul il 4 aprile si incontreranno Erdogan, Putin e il presidente iraniano Hassan Rohani, si materializzerà probabilmente un serio tentativo di spartizione in zone di influenza della Siria: un Paese della Nato, la Turchia, prova dunque a mettersi d’accordo con il «nemico», ma nessuno osa dire una parola, né l’Alleanza Atlantica né gli americani” scrive oggi Alberto Negi su Il manifesto, “La Turchia ha cambiato campo ma non si può certificare perché ospita dozzine di basi Nato e i missili Usa puntati contro Mosca e Teheran”.
Un dettaglio rilevante di tutta questa girandola diplomatica e delle tensioni tra Francia, Turchia, SDF, Russia, Iran è che nessuno sembra voler tenere conto di un fattore decisivo per ogni assetto futuro della Siria: il governo siriano. Un dettaglio di cui sarà difficile non tenere conto.
da contropiano
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