martedì 27 marzo 2018

pc 27 marzo - Sulla sentenza della Corte costituzionale per l'Ilva Taranto - se ne discute a Taranto in una assemblea il 5 aprile - info slaicobasta@gmail.com

da Dante de Angelis

Cari,
una recente e interessantissima sentenza della Corte Costituzionale boccia una legge e conferma nuovamente la prevalenza della salute e sicurezza dei lavoratori (e dell'ambiente) sulle esigenze economiche legate alla produzione industriale, finanche per le attività definite di "prevalente interesse strategico nazionale".
 

Scusate ma di questi tempi non è poco !

La Consulta interviene sulla complessa vicenda del sequestro di un altoforno dell'ILVA a Taranto che causò la morte di un operaio. La magistratura lo sequestrò imponendo delle misure di tutela.
Il governo per 'neutralizzare' quel provvedimento prima approvò un decreto e poi una legge per consentire all'azienda di riutilizzare l'impianto "pericoloso", sulla base della sola presentazione di un 'piano di bonifica', senza alcuna partecipazione delle Autorità pubbliche, le quali non avrebbero avuto alcuna possibilità di incidenza reale.

Infatti, alle autorità di vigilanza ASL, Vigili del fuoco, ecc. veniva attribuito - a differenza delle loro prerogative e poteri istituzionali in tema di prevenzione e vigilanza previste per la generalità delle imprese - solamente un generico potere di monitoraggio e ispezione al solo fine di verificare la 'rispondenza' degli interventi aggiuntivi contenuti nel Piano di bonifica aziendale, mediante una mera comunicazione-notizia, senza un reale e concreto potere di controllo e intervento, cosi da renderne ambigua e indeterminata ogni possibilità di incidenza, quindi di intervento e controllo preventivo.

In allegato, per gli appassionati, il testo integrale della sentenza.
Ciao
Dante


Sentenza 58/2018
Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
(...)

3.2.– Nel caso oggi portato all’esame di questa Corte, invece, il legislatore non ha rispettato
l’esigenza di bilanciare in modo ragionevole e proporzionato tutti gli interessi costituzionali rilevanti,
incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale per non aver tenuto in adeguata considerazione le
esigenze di tutela della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di situazioni che espongono
questi ultimi a rischio della stessa vita.
Infatti, nella normativa in giudizio, la prosecuzione dell’attività d’impresa è subordinata
esclusivamente alla predisposizione unilaterale di un “piano” ad opera della stessa parte privata colpita
dal sequestro dell’autorità giudiziaria, senza alcuna forma di partecipazione di altri soggetti pubblici o
privati.
(...)

3.3.– Considerate queste caratteristiche della norma censurata, appare chiaro che, a differenza di
quanto avvenuto nel 2012, il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla
prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili
legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente
connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (art. 4 e 35 Cost.).

Il sacrificio di tali fondamentali valori tutelati dalla Costituzione porta a ritenere che la normativa
impugnata non rispetti i limiti che la Costituzione impone all’attività d’impresa la quale, ai sensi dell’art.
41 Cost., si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana. Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l’incolumità e la vita dei lavoratori
costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l’attività produttiva si svolga in armonia
con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona.

In proposito questa Corte ha del resto già avuto occasione di affermare che l’art. 41 Cost. deve essere
interpretato nel senso che esso «limita espressamente la tutela dell’iniziativa economica privata quando
questa ponga in pericolo la “sicurezza” del lavoratore» (sentenza n. 405 del 1999). Così come è costante
la giurisprudenza costituzionale nel ribadire che anche le norme costituzionali di cui agli artt. 32 e 41
Cost. impongono ai datori di lavoro la massima attenzione per la protezione della salute e dell’integrità
fisica dei lavoratori (sentenza n. 399 del 1996).
4.– Considerato assorbito ogni ulteriore profilo e chiarite quali siano le disposizioni sulle quali si
riverberano gli esiti del sindacato di costituzionalità per le ragioni esposte al precedente punto 2.3, si
deve dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto-legge n. 92 del 2015 e degli artt. 1,
comma 2, e 21-octies della legge n. 132 del 2015.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 1, delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 (Misure urgenti
in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l’esercizio dell’attività d’impresa
di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) e degli artt. 1, comma 2, e 21-octies della
legge 6 agosto 2015, n. 132 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2015,
n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e
funzionamento dell’amministrazione giudiziaria).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta

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