Una storia d’inspiegabile violenza, di persone “pestate a sangue” e “rinchiuse in cella senza alcuna ragione giuridica”, come l’aveva definita il pm marsalese Antonella Trainito, raccontando la vicenda di Vito Sammartano, quarantenne siciliano, vittima di un pestaggio a suon di schiaffi e pugni: alla fine, dopo una prognosi di tre mesi, Sammartano aveva deciso di denunciare i quattro carabinieri. Tutto comincia il 10 luglio del 2011, è una notte d’estate come tante altre a Pantelleria, e Sammartano guida la sua Fiat Campagnola per le strade dell’isola, tra le coltivazioni di capperi e i vigneti che producono uve per il passito. Sulla strada c’è un posto di blocco, l’uomo si ferma allo stop, e i carabinieri lo sottopongono al precursore, il test preventivo per capire se il guidatore ha bevuto o meno alcolici: l’esito è positivo, e il gruppo si sposta quindi in caserma per procedere all’alcoltest. È in quel momento che, senza una ragione specifica, scoppia l’inferno.
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