martedì 27 marzo 2018

pc 27 marzo - Ennesimi sbirri vigliacchi e massacratori in Sicilia






Fermato mentre era alla guida della sua auto, portato in caserma per essere sottoposto all’alcoltest e quindi picchiato senza alcuna ragione da quattro carabinieri. Per i quali adesso la corte d’appello di Palermo ha confermato le condanne già emesse in primo grado dal tribunale di Marsala: quattro anni e mezzo di carcere al maresciallo Claudio Milito, e pene che vanno dai tre anni e dieci mesi a un anno e sei mesi ai militari Luca SalernoLorenzo Bellanova e Rocco De Santis. I quattro condannati sono stati interdetti dai pubblici uffici per un periodo che va dall’anno e mezzo ai cinque anni.
Una storia d’inspiegabile violenza, di persone “pestate a sangue” e “rinchiuse in cella senza alcuna ragione giuridica”, come l’aveva definita il pm marsalese Antonella Trainito, raccontando la vicenda di Vito Sammartano, quarantenne siciliano, vittima di un pestaggio a suon di schiaffi e pugni: alla fine, dopo una prognosi di tre mesi, Sammartano aveva deciso di denunciare i quattro carabinieri. Tutto comincia il 10 luglio del 2011, è una notte d’estate come tante altre a Pantelleria, e Sammartano guida la sua Fiat Campagnola per le strade dell’isola, tra le coltivazioni di capperi e i vigneti che producono uve per il passito. Sulla strada c’è un posto di blocco, l’uomo si ferma allo stop, e i carabinieri lo sottopongono al precursore, il test preventivo per capire se il guidatore ha bevuto o meno alcolici: l’esito è positivo, e il gruppo si sposta quindi in caserma per procedere all’alcoltest. È in quel momento che, senza una ragione specifica, scoppia l’inferno.
“Erano più o meno le 4 del mattino e dopo l’alcoltest, a cui sono risultato positivo, seppur di poco, sono stato massacrato di botte”, ha raccontato Sammartano, che quella notte verrà anche rinchiuso nella cella di sicurezza all’interno della caserma. Ne uscirà solo la mattina dopo ed è per questo motivo che tra i reati contestati ai quattro militari c’è anche il sequestro di persona, oltre alle violenze e alle lesioni “Credo che questa sentenza, seppur solo di primo grado, abbia restituito giustizia al mio cliente, e sia un esempio di come giustizia avrebbero potuto averla anche Stefano Cucchi e Giuseppe Uva, che purtroppo non sono più qui per poter raccontare le violenze subite da alcuni infedeli servitori dello Stato”, era il commento dell’avvocato Gaetano Di Bartolo, legale di Sammartano.

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