martedì 23 gennaio 2018

pc 23 gennaio - Bologna, giudice caccia dall'aula avvocatessa che indossa il velo... Contro la doppia oppressione delle donne un forte segnale di lotta sociale

Riceviamo da V. del Circolo Proletari Comunisti di Palermo e pubblichiamo

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E’ di qualche giorno fa la notizia che al TAR di Bologna una praticante avvocato, Asmae Belfakir, 25 anni, di origine marocchina, laureata alla Facoltà di Giurisprudenza di Modena con il voto di 110 e lode, è stata gravemente discriminata da uno dei membri componenti il collegio giudicante: un giudice, tale Mozzarelli Giancarlo, accortosi che la giovane donna indossava il tipico velo islamico, ha ordinato alla stessa di toglierlo altrimenti sarebbe dovuta uscire dall’aula. La praticante si è rifiutata orgogliosamente e ha abbandonato i locali.
  
Non era la prima volta che Asmae Belfakir entrava in un’aula di tribunale: la donna, sempre indossando il velo, aveva già preso parte ai fini della pratica forense ad altre udienze al TAR di Bologna (in qualche occasione pure con lo stesso Mozzarelli che nulla aveva avuto da obiettare in quelle circostanze…), ed addirittura anche al Consiglio di Stato, e mai nessuno aveva avuto nulla da ridire. Stavolta invece, qualcosa è scattato nella testa del Mozzarelli, che ha accompagnato l’uscita dall’aula di Asmae con la giustificazione che “si tratta del rispetto della nostra cultura e delle nostre tradizioni”.
   E’ necessario premettere che l’art.129 c.p.c. prevede che l’ingresso nelle aule di tribunale debba
essere consentito a chi indossi abiti consoni ed a chi, per ovvi motivi di sicurezza, sia identificabile. Nel caso de quo la Dottoressa aveva sicuramente abiti appropriati ed era identificabile, altrimenti gli addetti alla sicurezza presenti agli ingressi esterni, siano essi appartenenti a soggetti privati ovvero alle forze di pubblica sicurezza, ne avrebbero impedito l’entrata (e d’altronde, se si fanno accedere le suore, ammantate dai loro tipici abiti che le rendono difficilmente riconoscibili, non si vede quali problemi avrebbe potuto creare l’abbigliamento di Asmae…).
   Occorre poi aggiungere che il nostro Ordinamento è di tipo laico ed aconfessionale, almeno sulla carta, dopo la riforma dei Patti Lateranensi del 18.02.84.
   Detto ciò, è evidente che ci troviamo di fronte all’ennesima discriminazione che colpisce una donna, in questo caso addirittura doppia: infatti, Asmae Belfakir è stata discriminata sia in quanto donna, sia per il suo credo religioso. La gravità del fatto è acuita poi dalla considerazione che la discriminazione sia stata posta in essere da parte di un alto funzionario dello stato italiano, incaricato di rispettare le leggi applicandole. Non sappiamo se riesca ad espletare tale incarico in modo confacente; certo è, però, che non è suo compito stabilire quale cultura si debba fare rispettare a discapito di altre, anche perché, in uno Stato laico e democratico, le Culture devono essere tutte rispettate!
   E’ preoccupante che dopo il caso Bellomo un altro giudice finisca agli onori della cronaca per i suoi atteggiamenti discriminatori nei confronti delle donne: dalle aule dei tribunali che dovrebbero essere luoghi di Giustizia (e dove purtroppo spesso le donne vanno per trovare Giustizia per i torti subiti da uomini che odiano le donne), arrivano invece ulteriori attacchi…così non va! Urge da parte di tutti, Donne e Uomini, una reale presa di coscienza del problema e di conseguenza dare forte un segnale di lotta sociale affinchè cessi, una volta per tutte, l’oppressione a cui continuano ed essere sottoposte le donne, e raggiungere così un’effettiva parità di genere!

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