Il
“Piano industriale per l’Italia delle competenze”, presentato
insieme da Calenda e Bentivogli e uscito sulla stampa il 12 gennaio,
ha ricevuto subito un coro di consensi, a partire da Gentiloni,
quindi Poletti, i Ministri Martina e Pinotti (la Min. Pinotti, come
Min. Della Difesa sembrerebbe che non centri niente, ma poi nel
quadro degli impegni prioritari dell’imperialismo italiano che si
sostengono l’uno con l’altro, si capisce il perché. Qui
riportiamo la sua dichiarazione che parla di “fare delle scelte
e concentrarci sulle aree della nostra eccellenza tecnologica”
= produzioni di armi sempre più tecnologicamente avanzate nel loro
scopo di guerra e di morte).
Nanicini,
consigliere economico di Renzi e responsabile del programma del Pd,
sottolinea come in particolare alcune priorità: “formazione
permanente, decentramento contrattuale e salario minimo, impresa 4.0,
costo dell’energia e concorrenza”, siano in continuità e in
perfetta sintonia con le proposte del Pd per la prossima legislatura.
Aggiunge che verso le imprese si tratta di passare dagli incentivi
congiunturali a un sostegno strutturale per le imprese che innovano;
e sostiene con forza,
insieme al Min. Poletti, il decollo di una
nuova filiera scolastica “professionalizzante”, rilanciando
l’istruzione tecnica e professionale, il potenziamento degli Its,
gli Istituti tecnico superiori “per far acquisire ai ragazzi
competenze pratiche e subito spendibili nel mondo del lavoro”.
O come dice Poletti “offrire attività di formazione mirata al
lavoro, connessi con i profili necessari al mondo produttivo”
Anche
la nuova (vecchia) lista della Bonino, + Europa, invita imprese e
sindacati a fare sempre più la loro parte con un ruolo sempre più
innovativo e proattivo.
Il
“vecchio” ma sempre in prima linea, Maurizio Sacconi, che di
legislazione reazionaria sul lavoro se ne intende, dice che “serve
un piano straordinario intensivo e veloce rivolto anzitutto alla gran
quantità di lavoratori impiegati in attività ripetitive nella
manifattura”, che tradotto non
potrà che significare buttare fuori, ricambiare i vecchi lavoratori
che non si possono adeguare al nuovo piano industriale.
Ugualmente
dal mondo padronale e sindacale si esprimono espressioni di consenso
e/ di interlocuzione alla filosofia generale del piano. Certo, ci
sono delle contraddizioni, ma che non intaccano l’appoggio di
sostanza. Per esempio, Confindustria e sindacati sono contrari
all’introduzione del salario minimo legale. Essi considerano la
contrattazione collettiva lo strumento più efficace per determinare
i minimi salariali, in grado di tener conto delle specificità di
ciascuna categoria e delle differenze territoriali.
Quindi,
non perché non vogliano il salario minimo, ma perché vogliono
contrattarlo loro, l’uno per dare la possibilità in alcune realtà
di stabilirlo anche inferiore al salario minimo legale; gli altri per
mantenere il potere di contrattazione.
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