Della
battaglia che fa Gramsci per la fondazione del partito comunista, vogliamo
mettere in rilievo
tre caratteristiche fondamentali, che sono di grande lezione per i comunisti di
oggi, nella
battaglia odierna per costruire il partito comunista odierno di tipo nuovo:
-
che la nascita/costruzione del partito comunista non è un mero atto
organizzativo, ma è frutto
di una lotta ideologica, politica, pratica contro le correnti e i loro
rappresentanti che ostacolano
e deviano questa costruzione;
-
che la costruzione del partito comunista avviene nel fuoco della lotta di
classe, in stretto legame
con le masse;
-
che il partito comunista è basato e ha al centro la classe operaia, i suoi
dirigenti
sono riconosciuti dalla classe operaia (classe che è viva e vegeta tuttora, al di là delle statistiche interessate della borghesia, che vuole miseramente nascondere e portare confusione su un dato di fondo, materialistico: finché vige il sistema del capitale è la forza-lavoro operaia da cui il capitale tre i suoi profitti; finché ci sono i padroni ci sono gli operai).
sono riconosciuti dalla classe operaia (classe che è viva e vegeta tuttora, al di là delle statistiche interessate della borghesia, che vuole miseramente nascondere e portare confusione su un dato di fondo, materialistico: finché vige il sistema del capitale è la forza-lavoro operaia da cui il capitale tre i suoi profitti; finché ci sono i padroni ci sono gli operai).
Il 21
gennaio 1921 – con il Congresso di Livorno al teatro San Marco avviene la
fondazione del Partito
Comunista d'Italia, sezione della III Internazionale.
Il
congresso di Livorno segnò la presa di coscienza da parte della classe operaia
italiana della necessità
di affermare la propria autonomia soggettiva, di affermare una chiara posizione
di classe, di
costruirsi un proprio organismo politico.
Fu un
atto di rottura radicale a livello ideologico e quindi organizzativo e politico
con la borghesia, soprattutto
la piccola borghesia che aveva dominato fino allora il PSI, partito operaio
come composizione
sociale, ma ideologicamente debole e diviso, aperto a tutte le concezioni e
idee borghesi.
Fu la rottura storica con il riformismo alla Turati e con l'opportunismo di
ogni forma e colore,
da quello anarco-sindacalista a quello massimalista. Fu l'affermazione del
ruolo dirigente nel processo
rivoluzionario, della classe operaia, della necessità della rivoluzione, della
esigenza di darsi
una strategia ed una tattica per la presa del potere, della supremazia della
ideologia proletaria e del
suo valore egemonico per unire tutti gli strati del popolo.
Fu il
primo atto di unità dei comunisti, dei marxisti-leninisti in Italia e quindi
una tappa
fondamentale
per l'unità di tutto il popolo, per l'unità storica tra il Nord ed il
Sud, fra operai ed intellettuali,
sotto la direzione della classe operaia.
A Livorno
in definitiva, si sono poste le basi costitutive del Partito di classe del
proletariato italiano.
Negli
anni dopo, tutta la storiografia ufficiale del Pci, di scuola togliattiana ha
affermato l'essere stata
la scissione di Livorno un “fatale errore di settarismo che dividendo il
“fronte delle sinistre” avrebbe
favorito l'avvento del fascismo.
Ma la
responsabilità più grande della divisione delle sinistre e dell'avvento del
fascismo va al riformismo
di Turati ed al massimalismo opportunistico di Serrati. Costoro divisero,
disorientarono, disarmarono
da ogni punto di vista le masse popolari, ad iniziare dall'abbandono in cui fu
lasciato il moto
dell'occupazione delle fabbriche nel 1920. La fondazione del Partito Comunista
d'Italia anzi rappresenta
sempre per usare le parole di Gramsci: “l'unica sconfitta fisica ed ideologica
del fascismo
e della reazione nei tre anni che vanno dal '20 al '22.
La
fondazione del Partito Comunista d'Italia, pur avvenuta in pieno
riflusso della classe operaia, rappresenta
un momento di coesione nelle file proletarie ormai divise e sulla difensiva, un
argine che
non si ruppe contro la barbarie fascista, un punto di riferimento essenziale
per tutto il movimento
operaio. Nel crollo delle strutture del decrepito PSI, nel crollo di tutte le
vecchie forme organizzative
e associative della classe operaia, il Partito Comunista d'Italia di Gramsci
rappresentò, pur
con i suoi limiti, la spina dorsale, l'ossatura fondamentale del movimento,
piccola, ma suscettibile
di divenire l'armatura di una più vasta formazione, di un ben più ampio
esercito. E così accadde:
quell'ossatura debole e minuscola, ma d'acciaio perché costituita da
operai, permeata dalla concezione
proletaria del mondo, si sviluppò e divenne l'asse portante della grande
resistenza antifascista.
I
limiti che accompagnarono la fondazione del Partito furono dovute da un lato a
cause oggettive –lo
stato di guerra civile e l'offensiva fascista – ma dall'altro a cause
soggettive e cioè la prevalenza nel
Partito per alcuni anni del dogmatismo di Amadeo Bordiga, che frenò assai la
capacità egemonica
dei comunisti sulle masse, non permise al Partito di mettere in pratica tutte
le direttive della
III Internazionale e gli insegnamenti di Lenin, si isolò spesso
nell'organizzativismo e nel settarismo,
non rivolgendosi fino in fondo a quegli ampi settori della classe operaia che
all'atto della scissione
non seguirono i comunisti, ma restarono, pur nel più grande disorientamento con
i socialisti.
Per
questo Gramsci deve condurre nei primi anni della nascita del Partito comunista
d'Italia una lotta
contro Bordiga. È una dura lotta, combattuta nel fuoco della lotta di classe,
perché all'atto della nascita
del partito Gramsci è unicamente una delle correnti, il partito è saldamente
nelle mani di Bordiga.
Gramsci si “prende” il partito, ma c'è Bordiga che porta avanti una
linea ideologicamente settaria
e nella pratica attendista: i fascisti bruciano le sedi, Gramsci dice: che
facciamo, andiamo con
gli arditi del popolo? Bordiga dice: dobbiamo prima parlare...
Non
c'è nessun dirigente comunista che abbia prodotto una lotta acuta come
quella di Gramsci, arrivando
nel 1926 ad un risultato storico: le Tesi di Lione, che sono
l'applicazione del marxismo-leninismo
alla realtà, soprattutto dei paesi imperialisti.
Non
c'è stato nessun dirigente dei partiti comunisti nei paesi imperialisti
che diviene tale dopo essere
stato capo riconosciuto del movimento operaio.
Gramsci
è l'inventore della parola: facciamo come in Russia, occupiamo le
fabbriche e gli operai
lo fanno; Gramsci dice che gli operai devono studiare e gli operai lo
ascoltano; Gramsci
dice bisogna fare il giornale. Gramsci parla dello sport, di fare le squadre di
calcio.
Gramsci
è una miniera.
Gramsci,
nei fatti, anticipa la “parola d'ordine” (che diventerà carne e sangue
centrale nella Rivoluzione
culturale proletaria in Cina): la classe operaia deve decidere tutto, la
fabbrica come
l'università.
L'intreccio
tra classe e partito fa sì che Gramsci sia l'unico erede effettivo di
Lenin. Lenin
riconosce
a Gramsci di essere il referente chiave in Italia, guida sul campo.
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