lunedì 22 gennaio 2018

pc 22 gennaio - PIANO CALENDA BENTIVOGLI 1 - IL LAVORATORE CHE SERVE AL CAPITALE

Il “piano industriale per il paese” presentato da Calenda e Bentivogli non è un semplice piano di proposte su ciò che serve al sistema economico dell’Italia, ma è un progetto di cambiamento del rapporto capitale/forza-lavoro.
La rapidissima innovazione tecnologica – si scrive - mette in discussione i modelli produttivi e l’organizzazione del lavoro”. Il capitale ha bisogno di una forza-lavoro più adatta all’industria 4.0, più flessibile. Basta quindi definitivamente con la difesa dei diritti conquistati, basta con il “posto” a tempo indeterminato.

Questo lavoratore non deve poi aspettarsi un salario fisso, uguale per tutti i lavoratori di un settore, collegato alla mansione. “Basta – si scrive – con determinazione delle condizioni salariali lontane dal contesto competitivo delle singole imprese…. Va incoraggiato un vero decentramento contrattuale, utile ai programmi di miglioramento della produttività”
Per dirla in maniera più esplicita, “vi devono essere salari coerenti con le condizioni economiche territoriali ma anche di stabilimento”.
Qui andiamo oltre lo stesso, più volte evocato, ripristino della “gabbie salariali”; qui il salario diventa dipendente dalla situazione della singola zona, o peggio dalla situazione del singolo stabilimento, per
cui anche nella stessa zona, tra aziende dello stesso settore, i lavoratori possono avere, a pari lavoro e mansioni, salari differenti se la condizione economica delle proprie aziende è differente.
A questo nuova determinazione del salario, si aggiunge la contrattazione per il welfare, vale a dire di soldi sottratti al salario e dati come benefit “flessibilmente tarati sui bisogni dei singoli lavoratori e dei loro nuclei familiari”.
Quindi, non solo i lavoratori di uno stesso territorio, di due aziende dello stesso settore avrebbero salari differenti, ma addirittura un operaio di una azienda avrebbe una parte del salario differente da quella del lavoratore che lavora al suo fianco, perché ha altri “bisogni”.
Siamo allo schiavismo salariale. E’ il padrone che decide (alt! Insieme al sindacato, chiaramente...”) quanto dare all’operaio in base alla sua condizione economica aziendale, alla valutazione dei bisogni del lavoratore e del suo nucleo familiare. Marx si rivolterebbe nella tomba. L’operaio direbbe al padrone: ma almeno pagami come una qualsiasi altra merce che tu compri, dammi il salario corrispondente al tempo di lavoro necessario per comprare ciò che mi serve per vivere e tornare il giorno dopo a lavorare. No, anche questa sua legge oggi sta stretta al capitale.

Altro “cavallo di battaglia” del piano industriale per il paese è quello della “formazione”.
La formazione ha uno scopo differente, a seconda che si rivolge ai lavoratori in attività, o ai giovani. Per i lavoratori è il mezzo trovato per mettere fuori, liberarsi di forza-lavoro inutile per il capitale, un “ammortizzatore sociale” con corsi di formazione come parcheggio al licenziamento, con anche il ricatto che la non partecipazione cancella la cig ai lavoratori; verso i giovani, nella scuola, lo scopo è porre in maniera ancora più esplicita il legame formazione-forza lavoro al servizio del capitale. In questa direzione, il piano di Calenda/Bentivogli pensa a un sostegno finanziario alle scuole tecnico-professionali, da cui può venire il “capitale umano” utile per l’Industria 4.0.

Veloce, disponibile, formato ai livelli di innovazione tecnologica, pagato per quello che il padrone può dare, precario per principio” - Ecco il lavoratore del nuovo piano industriale per l’Italia.

Nessun commento:

Posta un commento