giovedì 4 maggio 2017

pc 4 maggio - L'USO DA PARTE DELL'IMPERIALISMO DELL'IMMIGRAZIONE E LE SUE CONTRADDIZIONI

Riportiamo un breve stralcio di uno scritto di Luca Mandara “Stiamo tutti sullo stesso barcone” (contenuto nel libro “Crisi, governance, imperialismo), che spiega (utilizzando anche un testo del Prof. G.A. Di Marco: Migranti ed emancipazione umana nel mercato mondiale - ricordiamo che Di Marco spesso collabora sia con scritti che con “lezioni” dirette ai lavoratori, lavoratrici alla nostra Formazione operaia) come la presenza dei migranti nelle cittadelle dell'imperialismo è una inevitabile conseguenza delle stesse leggi del capitale e una necessità per mantenere il saggio medio di profitto; ma come nello stesso tempo anche la questione migranti non fa che mettere in luce la contraddizione irrisolvibile del capitale e il suo necessario superamento.
Questa faccia dell'immigrazione, spesso celata dagli Stati, dai governi, dai mass media borghesi, e che crea a volte anche contrasti tra l'interesse politico dei governi e quello economico dei capitalisti, è importante anche per comprendere come non ha alcuna base reale la “guerra tra poveri” creata dal sistema.

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“... le bombe (delle guerre - ndr) hanno uno strano potere contrattuale nell'aprire nuovi mercati e nuovi orizzonti di espansione ai capitali delle potenze dominanti. La mobilità della forza lavoro, inoltre, è una condizione soddisfatta dalla soppressione di tutti i vincoli che impediscono lo spostamento di manodopera da un ramo all'altro della produzione (flessibilità) o da un luogo all'altro (mobilità); l'indifferenza del lavoratore verso il tipo specifico di lavoro che dovrà compiere; la semplificazione del lavoro e altre. Anche in questo caso la guerra ha la sua funzione, in quanto ha come effetto di generare il lavoratore mobile per eccellenza: “il migrante della globalizzazione sembra incarnare quella necessità suddetta di un rapido movimento della forza-lavoro, gettabile da una sfera di produzione all'altra affinchè più rapidamente si livellino le differenti composizioni organiche dei capitali nel saggio medio del profitto. Infatti, in particolare la forza-lavoro migrante è indifferente, ovvero è ridotta e costretta all'indifferenza, verso il contenuto del suo lavoro (…). E i
capitali stessi spostandosi da una sfera della produzione all'altra a seconda di dove i saggi di produzione sono più alti, ovvero nell'incessante movimento di livellamento dei saggi di profitto, sono sempre più indifferenti a questa o quella composizione materiale o valore d'uso della merce prodotta. Così il migrante deve fornire per la più gran parte lavoro semplice...” (Di Marco).
Che queste condizioni non coinvolgano solo i migranti ma che siano vissute quotidianamente dalla maggiorparte di noi, è ben espresso dalla figura del precario e del disoccupato... Che allora tra migranti e non-migranti, cioè tra lavoratori, venga meno ogni barriera, sta nella realtà delle cose...”
“...Il problema della concorrenza tra lavoratori e della divisione dei lavoratori... (sono - ndr) fenomeni funzionali alla sopravvivenza del capitalismo, un sistema di produzione basato sullo sfruttamento delle classi lavoratrici... “come i disoccupati residenti e i migranti che premono alle frontiere sono essi stessi dei potenziali operai sempre a disposizione del capitale, anche se non sono comandati immediatamente nel processo lavorativo, allo stesso modo gli operai occupati, residenti e immigrati-”integrati”, sono sempre potenziali disoccupati grazie al loro stesso lavoro, poiché quel capitale, che essi hanno creato con la loro forza produttiva, li rende rimpiazzabili in qualsiasi momento grazie alla riserva dei potenziali occupati che preme. Dunque, l'avversario degli occupati non è costituito dai disoccupati, né dai migranti, ma è il capitale l'avversario di entrambi. E poiché il capitale è vorace di pluslavoro, ecco che l'interesse comune di occupati e disoccupati, migranti regolari e irregolari, consiste nel cooperare per maturare la comune indisponibilità a dare al capitale il novantanove per cento della propria vita in tempo di lavoro non pagato” (Di Marco)
“... Il processo di produzione di ricchezza che si fonda sulla presenza di forza lavoro umana, produce, nella forma capitalistica, una manodopera eccedente a causa della legge di accumulazione che implica l'aumento della produttività. Bisogna ricordare che, essendo la classe lavoratrice la fonte della produzione di valore e, quindi, di ricchezza sociale, sono gli stessi lavoratori a produrre la proprie eccedenza al processo di produzione e a generare il proprio ulteriore immiserimento, con la pressione dei lavoratori disoccupati sulla manodopera occupata ora più flessibile alle richieste di sfruttamento del capitale pur di non perdere il lavoro e, con esso, i mezzi di sussistenza:Come la sovrapproduzione vale per le merci-valore d'uso, così essa vale per la merce-lavoratore. Questa sovrapproduzione determina l'abbassamento del costo di questa particolare merce, l'uomo, tutto a favore delle grandi imprese capitalistiche che hanno bisogno di immense quantità di forza lavoro a prezzi bassi, data la dimensione delle loro produzioni e per l'esigenza continua di accrescere la produzione. Sono queste funzioni superiori della classe dominante, che trovano negli organismi finanziari internazionali la loro somma espressione, a consentire, previa regolamentazione statale, all'apertura delle frontiere...
...il capitale deve, al tempo stesso, produrre una sovrappopolazione senza mezzi di sussistenza come leva della sua accumulazione e la tempo stesso, per poterla mantenere in vita come leva dell'accumulazione, dovrebbe nutrirla, cioè negare proprio quella condizione di povertà che la fa essere una tale leva (…). Questa contraddizione insormontabile dimostra che il capitale, più diventa la forma di produzione dominante, più è incapace di dominare e quindi deve essere superato (Di Marco)...”
“...l'immigrato senza lavoro accresce ulteriormente quella sovrappopolazione di cui la classe borghese ha sì bisogno per aumentare la pressione sui lavoratori già occupati, ma che è costretta a nutrire o in stato di libertà o in prigione. Questo ci spiega la legislazione volta alla lotta all'immigrazione clandestina, lotta a sua volta che ha un costo...

“...Per noi comunisti le lotte interne alla classe dominante, che vediamo emergere sul problema delle migrazioni, rappresentano un'occasione politica per forzare ulteriormente le contraddizioni che il processo di produzione borghese porta come propria dote nella forma di crisi economiche, disoccupazione, sfruttamento, espropriazione di spazi pubblici, guerra e, innuna parola, miseria. Tale azione pratica, costituendosi come prassi di liberazione dell'uomo dai vincoli che ne impediscono lo sviluppo, non è utopistica perchè è il capitalismo stesso a portare in seno le condizioni del proprio superamento...”  

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