Stipendi dei dirigenti mai ridotti nonostante
gli impegni. Buonuscite milionarie. Raffica di compensi ai consulenti e
addirittura le spese legali pagate dalla Banca all’ex presidente Giuseppe Fornasari,
accusato di ostacolo alla Vigilanza. E’ questo il quadro ricostruito da
Bankitalia che accusa i componenti del cda in carica dal 4 maggio 2014
all’11 febbraio 2015 di non aver badato a spese nonostante i conti in
rosso. Adesso dovranno rispondere sia ai magistrati sia a Palazzo Koch
che ha già trasmesso le contestazioni ai consiglieri: il presidente Lorenzo Rosi e i vice Alfredo Berni e Pier Luigi Boschi, padre del ministro delle Riforme Maria Elena. Come riportano Corriere della Sera e Messaggero.
Da un’altra ispezione (novembre 2014-febbraio 2015 la terza da parte di Bankitalia), di cui dà conto
Repubblica, emerge il ruolo ambiguo della “Commissione consiliare informale“.
L’organo nasce dopo il cambio del consiglio di amministrazione nel
maggio 2014. I suoi componenti sono: Rosi, Berni, Boschi e i consiglieri
Santoanastaso, Nataloni e Salini. Che, ricostruiscono gli ispettori, si
riuniscono tra loro, discutono e infine chiedono al cda di mettere in
atto le loro decisioni. Avviene, ad esempio, nel caso della fusione con
la Popolare di Vicenza. La Commissione informale decide
di non dare il via libere, ma senza consultare i soci. Tanto che
Bankitalia parla di processo decisionale “poco trasparente”.
Ma i comitati ristretti non erano certo una novità in Banca Etruria. Durante la presidenza di Fornasari esisteva l’Alta direzione. Identico il modus operandi, ricostruito ancora da Repubblica.
I membri si riunivano pochi minuti prima dell’inizio del cda e si
presentavano in consiglio dicendo che non potevano presentare i
documenti relativi al “consuntivo trimestrale, l’informativa sui rischi,
la revisione del budget e del piano industriale, nonché tutte le
proposte di affidamento”. Scrivono gli ispettori nella seconda
relazione: “Il cda ha sostanzialmente abdicato al
proprio ruolo, lasciando ampia discrezionalità all’Alta commissione
composta dal direttore generale Luca Bronchi e dall’alta dirigenza
munita di poteri delegati”. Ma da parte del cda non c’era nessuna
reazione né la benché minima protesta. “Tale prassi – scrivono gli
ispettori – non è mai stata oggetto di rilievi degli amministratori”.
Un capitolo a parte riguarda le spese e i costi. Ad esempio, gli
stipendi dei vertici. Il 22 maggio 2014, a diciotto giorni dalla nomina,
il consiglio di amministrazione aveva dato il via libera con una
delibera per ridurre del 32,5% i compensi del presidente Rosi e del 20%
quelli di Berni e Boschi, assicurando a Bankitalia “un impegno di discontinuità
con il passato”. E invece, niente, gli emolumenti rimangono gli stessi.
Anche questa adesso è materia di contestazione. Per gli ispettori,
infatti, non è stato rispettato “l’intento di discontinuità” annunciato.
Non solo. Perché secondo via Nazionale, gli stessi vertici non hanno
compiuto “interventi idonei a ristabilire l’equilibrio reddituale del
gruppo”. Misure che vengono “deliberate tardivamente, solo il 22
dicembre 2014 e il 9 gennaio 2015″.
Ma la lente di Bankitalia è puntata anche sulla pioggia di consulenze
e addirittura sui presunti favori personali. Come nel caso dell’ex
presidente Giuseppe Fornasari, accusato dai magistrati
di Arezzo di ostacolo alla vigilanza. L’ex numero uno rischia il
processo assieme ad altri due manager: il procuratore Roberto Rossi
ha appena chiuso le indagini. Secondo la contestazione degli ispettori
Banca Etruria gli avrebbe pagato le spese legali senza prevedere
un’eventuale rivalsa, come ricostruisce il Messaggero. Poi ci sono i compensi ai consulenti esterni: 15 milioni di euro tra il 2013 e il 2014. Sono finiti nel mirino soprattutto i contratti riconducibili all’ex direttore generale Luca Bronchi,
accusato di aver “firmato delibere oltre i suoi poteri; pagato
prestazioni non contrattualizzate; assegnato gli stessi incarichi a
professionisti diversi; modificato le ‘voci’ di spesa”.
L’attenzione degli ispettori è ancora focalizzata su Bronchi quando
si parla di liquidazioni fuori controllo. Il compenso che nel giugno
2014 il cda gli assegna è di 1,2 milioni di euro “nonostante il grave
deterioramento della banca e decide di non contestargli responsabilità
specifiche”.
Nessun commento:
Posta un commento