da Sergio Bellavita./sindacatounaltracosa
Nei giorni scorsi le segreterie nazionali di Cgil
Cisl e Uil hanno raggiunto un accordo su una piattaforma comune per la
trattativa sul modello contrattuale per il confronto con
Confindustria.Si tratterà di leggere nel dettaglio i contenuti
dell’intesa ma è evidente che l’architrave su cui poggia l’unità di
vertice del sindacalismo confederale è il modello definito dal Testo
Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. Non ci sono buone
notizie quindi. La ritrovata unità di vertice non è il frutto di un
ripensamento profondo del sindacalismo confederale, né avviene sotto la
spinta delle lotte. Ci sono due ragioni di fondo che segnano la fine
della lunga stagione degli accordi separati. La prima è che al padronato
oggi non serve più sfruttare la divisone sindacale per destrutturare il
modello di tutele e diritti del mondo del lavoro. Il contratto
nazionale è già largamente svuotato da ogni portato
solidale, unificante, di classe e la contrattazione aziendale, anche per la crisi economica, è largamente divenuta strumento in mano alle imprese per intensificare lo sfruttamento del lavoro umano. Il diritto del lavoro è stato totalmente manomesso da ultimo con il Jobs Act del governo Renzi. Il mondo del lavoro con cui ci si misura oggi è quindi un mondo del lavoro unificato nella precarietà, in cui lo scontro tra il potere organizzato dei lavoratori e quello dell’impresa si è risolto a favore di quest’ultima. Il padrone è l’unica indiscussa autorità in azienda: decide se mantenerti precario o stabilizzarti; decide sugli orari di lavoro; sul salario; sulla progressione di carriera e sul licenziamento. Lo spazio del potere sindacale è sempre più angusto e mortificato. Occorre tornare molto indietro nel tempo per trovare un potere così incontrastato dell’impresa. La strategia degli accordi separati ha quindi funzionato egregiamente al suo scopo, anche in virtù delle incredibili ambiguità e compromissioni di una Cgil che parlava bene ( non troppo spesso in verità) e razzolava male ( molto spesso)…
solidale, unificante, di classe e la contrattazione aziendale, anche per la crisi economica, è largamente divenuta strumento in mano alle imprese per intensificare lo sfruttamento del lavoro umano. Il diritto del lavoro è stato totalmente manomesso da ultimo con il Jobs Act del governo Renzi. Il mondo del lavoro con cui ci si misura oggi è quindi un mondo del lavoro unificato nella precarietà, in cui lo scontro tra il potere organizzato dei lavoratori e quello dell’impresa si è risolto a favore di quest’ultima. Il padrone è l’unica indiscussa autorità in azienda: decide se mantenerti precario o stabilizzarti; decide sugli orari di lavoro; sul salario; sulla progressione di carriera e sul licenziamento. Lo spazio del potere sindacale è sempre più angusto e mortificato. Occorre tornare molto indietro nel tempo per trovare un potere così incontrastato dell’impresa. La strategia degli accordi separati ha quindi funzionato egregiamente al suo scopo, anche in virtù delle incredibili ambiguità e compromissioni di una Cgil che parlava bene ( non troppo spesso in verità) e razzolava male ( molto spesso)…
Solo la Fiom ci ha provato davvero a difendere il
modello contrattuale democratico.-vertenziale affermatosi negli anni
settanta del secolo scorso. Ci ha provato dal 2001 fino al 2010 per poi
capitolare rapidamente ed accettare anch’essa il modello prevalente. La
resa della Cgil sul contratto nazionale è datata 28 giugno 2011. Con
quell’accordo interconfederale si accettava, sotto la spinta di
Marchionne, il principio della derogabilità dei contratti nazionali,
sancendo così la fine dello strumento più importante dell’unità di
classe del nostro paese. Per queste ragioni oggi è venuta meno ogni
differenza tra la linea e la pratica della Cgil e quella di Cisl e Uil.
Si tratta solo di definire un’ipotesi che sani ogni vecchio contenzioso e
costruisca intorno al Testo Unico un modello complessivo di relazioni,
contrattazione e regole. La seconda ragione per cui è finita la lunga
stagione degli accordi separati , intimamente legata alla prima, è
quella della crescente irrilevanza del sindacato italiano sul piano
politico, economico e sociale. La competizione sindacale sul terreno
della complicità e della disponibilità ai bisogni dell’impresa e del
governo non serve più perché ormai il ramo su cui sedeva il sindacato è
stato tagliato…Le imprese hanno tutto e per questa ragione persino il
sindacalismo giallo, che pure non tramonterà mai, sul piano generale non
serve più. Lo stesso governo tratta a pesci in faccia in egual misura
Cgil Cisl Uil perché non sa che farsene delle diverse disponibilità o
contrarietà, va avanti indisturbato. Inoltre i bilanci di Cgil Cisl Uil
sono sempre più in rosso e il dato clamoroso della disaffezione
sindacale da parte dei lavoratori è sempre più difficile da occultare e
minimizzare. Tutte queste crisi e queste debolezze inducono all’unità della salvezza il
sindacalismo confederale. Il nuovo patto corporativo che si profila
dopo l’accordo unitario sul modello non riguarderà solo la
contrattazione o il mero agire sindacale. Cgil Cisl Uil e Confindustria
discuteranno del modello sociale di questo paese. In gioco ci sono le
libertà sindacali dei singoli lavoratori, anche su rappresentanza e
sciopero, profondamente lese proprio dalle regole ad excludendum del
10 gennaio 2014 che, da accordo privato, potrebbe divenire legge dello
stato nei prossimi mesi. Così come si discuterà di partecipazione dei
lavoratori all’impresa sul modello tedesco in salsa italiana. Il tema
del welfare contrattuale è un altro dei capisaldi dell’intesa tra Cgil
Cisl Uil. Organizzazioni che hanno ormai accettato di accompagnare il
processo di liquidazione dello stato sociale frutto delle straordinarie
conquiste di due secoli di lotte per l’emancipazione del movimento dei
lavoratori. Per il padronato il welfare contrattuale è terra di
conquista, sia per la riduzione del peso dello stato sul costo del
lavoro, sia per gli enormi profitti che potranno realizzare sulle spalle
della povera gente privatizzando sanità e previdenza. In sostanza con
il Patto che rischia di chiudersi con Confindustria il sindacalismo
confederale espliciterebbe il cambio radicale della sua natura e dei
suoi obbiettivi. Sindacato e padrone non rappresenterebbero più due
punti di vista diversi tra loro, antagonisti, conflittuali ma
concorrerebbero entrambi all’interesse univoco dell’impresa, “bene
comune”. Un pezzo del corporativismo che dilaga ovunque in Europa con il
corollario classico di repressione, autoritarismo e guerra. Nulla di
buono sotto l’albero di natale quindi. Le segreterie Cgil Cisl Uil hanno
confezionato un regalo davvero indigesto per le lavoratrici e i
lavoratori, per le classi popolari. Ci sarà meno salario, meno diritti,
meno sindacato. Quando qualcuno tratta per me senza chiedermelo
difficilmente potrà mai rispondere ai miei bisogni. Sarebbe sufficiente
denunciare il carattere occulto di questa trattativa per capire come in
questi mesi si è lavorato ad un accordo a perdere. Iniziamo a
denunciarlo. Il sindacalismo di classe può e deve avere un presente ed
un futuro. Rifiutiamo il regalo indigesto!
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