Ieri Matteo Renzi, passando tra le contestazioni operaie, si è rifugiato in luogo più sicuro, tra le braccia dei padroni che lo aspettavano all'assemblea di Confindustria di Bergamo, e lì, bisogna dargliene atto, più chiaro di così non poteva essere. Innanzi tutto ha voluto rispondere all'”angoscia” di Squinzi per cui sta facendo questa manovra “come Confindustria nella persona di Giorgio Squinzi e dei suoi predecessori ci chiede da tempo di fare”. [sottolineature nostre].
"Gli facciamo un monumento" ha detto di rimando a queste parole Bombassei, addirittura anche
"se riesce a fare la metà di ciò che dice". Mentre un altro padrone,
Pesenti, nota che "In effetti… si vede che qui c'è una certa
sintonia".
La "sintonia" di Renzi con i padroni è totale: ha annunciato
che nella Legge di stabilità, la vecchia Finanziaria, da 30 miliardi che il
governo ha preparato e che sarà presentata domani c'è, tra l'altro, l'abbattimento
dell'Irap del 50%.!
Ed è logico che i padroni siano più che contenti, visto "il
disegno del governo – come riporta il sole 24 ore di oggi - che punta a rendere
più 'appetibile' per le imprese il contratto a tempo indeterminato a tutele
crescenti, semplificando la flessibilità in uscita (con la revisione della
disciplina sul reintegro) e con consistenti sconti fiscali." Cioè la
cancellazione dell'articolo 18 e soldi ai padroni, appunto!
Quanto risparmieremo, si dicono fregandosi le mani, con questo taglio?
“Dal 2015 il costo del lavoro sarà integralmente deducibile dalla base
imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive [Irap]. Una misura
che in termini di riduzione del carico fiscale su imprese e autonomi vale
6,5 miliardi di euro.... (Renzi ha fatto bene i "compiti a casa"!)
"A beneficiarne saranno comunque tutte le imprese, anche se l'intervento, così come ipotizzato, finisce per premiare soprattutto le imprese medio-grandi (labour intensive) [Cioè quelle con più operai]. Per le piccole e piccolissime imprese i risparmi di imposta potrebbero variare tra il 5% e 9%, toccare il 35% di risparmio per le Pmi e addirittura il 65% per unità operative medio-grandi." E certo queste cifre suscitano entusiasmo!
"A beneficiarne saranno comunque tutte le imprese, anche se l'intervento, così come ipotizzato, finisce per premiare soprattutto le imprese medio-grandi (labour intensive) [Cioè quelle con più operai]. Per le piccole e piccolissime imprese i risparmi di imposta potrebbero variare tra il 5% e 9%, toccare il 35% di risparmio per le Pmi e addirittura il 65% per unità operative medio-grandi." E certo queste cifre suscitano entusiasmo!
"Un taglio del carico fiscale sulle imprese da 6,5 miliardi di
euro potrebbe migliorare il Pil già a partire dal 2015 di 1,6 miliardi e
toccare i sette miliardi a regime, a conclusione del triennio della legge di
stabilità 2015-2017. Non solo. In termini di maggiore spinta all'occupazione
[che si avrebbe, forse, solo se i padroni licenziassero operai "vecchi" con
nuovi senza diritti] il taglio della componente lavoro dal calcolo del valore
della produzione potrebbe valere anche fino da 0,2 a 0,3 punti percentuali,
così come sui consumi che a regime potrebbero crescere di 0,4 punti."
Senza volerlo il padrone con questa misera percentuale del possibile aumento
dei consumi ci dice la verità, e cioè che i benefici di questa manovra sono
tutti a favore dei capitalisti e non delle masse.
Il taglio del costo del lavoro dall'imponibile Irap si andrà ad aggiungere alla riduzione del 10% sulle aliquote dell'imposta regionale introdotta con il decreto Irpef di maggio.
E quanto risparmieremo, si dicono fregandosi le mani, con l'altro
taglio ai contributi per i lavoratori?
"Risparmi di 8.500 euro l'anno per ogni assunto!" Titola il Sole 24 ore.
"Dal 2015 un imprenditore potrà risparmiare tra gli 8.550 e gli 8.850 euro
per ogni neoassunto con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti con
reddito di 22mila euro lordi. La cifra risparmiata potrà salire a 9.542 euro,
in caso di stabilizzazione di un lavoratore che aveva un contratto a tempo
determinato."
"Nel complesso si avrebbe un abbattimento secco del 35% del costo del lavoro sui neoassunti – spiega De Fusco – e di circa 4 punti percentuali per i vecchi lavoratori".
Perché i padroni ci tengono tanto alla cancellazione
dell'Irap? Perché per loro è “L'imposta più odiata”.
"L'Irap, sin dalla sua nascita, si porta dietro la sgradevole
immagine di 'tassa ingiusta'. Certo – deve ammettere il giornalista -
rispetto al 1997 - anno dei primi pagamenti dell'Irap - molte correzioni,
semplificazioni e riduzioni del prelievo sono arrivate." E tali e
tante che di fatto era stata già quasi abolita! "Talvolta lo si è fatto
per adeguarsi o per rimediare alle sentenze delle Corti, dalla Cassazione alla
Corte costituzionale; altre volte per rispondere - ancorché parzialmente - all'allarme
del mondo produttivo sugli effetti devastanti di questa imposta. Nel corso
degli anni, solo per citare alcune misure volte a ridurre l'impatto
dell'imposta, sono arrivate detrazioni fisse dalla base imponibile e detrazioni
legate in modo specifico al costo del lavoro che hanno escluso dall'imposta
moltissimi soggetti economici di piccole dimensioni. Un segnale è giunto
anche con l'introduzione della possibilità di dedurre dall'Ires una quota
dell'Irap pagata. Non c'è dubbio, però, che la misura ora annunciata dal
governo rappresenti una scossa, che non può essere paragonata agli interventi
del passato."
Ma comunque "Una misura di questo tipo appare più efficace del
taglio lineare dell'aliquota (come è stato fatto sempre dal governo Renzi poco
prima dell'estate), che produrrebbe una riduzione del prelievo
"democratica" - ovvero uguale per tutti - ma forse poco lungimirante
nella fase attuale, nella quale il lavoro [i padroni chiamano “lavoro” pure il loro
profitto] ha bisogno di essere sostenuto. Spostare tutto, come intende
fare il governo sul costo del lavoro, [il vero sogno dei padroni è che il “costo
del lavoro”, cioè il salario dell'operaio, se lo accolli tutto lo Stato!]
risponde così all'esigenza di rendere più competitive le imprese, [cioè, dateci
la possibilità di fare più profitti]..."
Dunque Renzi dice "lo Stato si sostituirà all'imprenditore” e dà i
soldi ai padroni, non facendogli pagare i contributi per i lavoratori; toglie
loro il fastidio dell'articolo 18 cosicché possano licenziare tranquillamente,
come chiede Squinzi che attacca per questo sfacciatamente tutto lo Statuto dei
lavoratori: "Lo Statuto dei lavoratori è stato messo a punto quasi 50 anni
fa e non è più adeguato a seguire l'evoluzione che c'è stata in tutto il mondo.
Non è più adeguato ai tempi attuali. Non permette agli imprenditori di reagire
con rapidità ed efficacia alle condizioni di mercato che mutano velocemente".
Cioè non ci fa licenziare a piacere!
A questo punto quale sarebbe la sfida lanciata da Renzi agli "imprenditori"?
Ma Squinzi è diventato furbo e conoscendo il suo pollo tiene Renzi sulla
corda, così nel finale gli ricorda l'angoscia dei dati della crisi: i 9 punti
di Pil persi dal 2007 ad oggi, il -25% di produzione industriale, il tasso di
disoccupazione al 13%, che raggiunge il 44% per quanto riguarda quella
giovanile per il quale il presidente si sente "angosciato"! " e
poi prima di un gelido "valuteremo alla fine" chiude con le riforme
che ancora vuole!
"Chiediamo incentivi stabili, che non durino solo un anno" e
poi le riforme: semplificazione della pubblica amministrazione, del fisco,
della magistratura, della politica energetica...
Nel più classico dei modi il padrone Squinzi, che rappresenta tutti i
padroni d'Italia, approfitta della crisi, causata dal suo sistema capitalista, per
chiedere riforme strutturali! E cioè poter a continuare a fare profitti senza
tanti ostacoli.
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