(Da Il Manifesto di Paolo Berdini)
"Non è solo Genova ad affondare a scadenze temporali sempre più ravvicinate. È l’Italia intera che rischia di crollare sotto i colpi dell’abbandono, della cultura della manutenzione e della progressiva cementificazione del territorio.
L’Italia paga un prezzo inaudito in termini di perdite di vite umane, di lavoro e di ricchezza di fronte a quello che sta avvenendo. Il decreto «Sblocca Italia» di Matteo Renzi, all’articolo 7, stanzia 110 milioni per la riduzione del rischio idrogeologico in Italia. All’articolo 3 vengono invece destinati quattro miliardi di euro al sistema delle «Grandi opere», che è affondato nella corruzione e ha vuotato le casse dello Stato. È questa la vergogna dello «Sblocca Italia», di fronte a un Paese che affonda nel fango i soldi vengono dati sempre e soltanto a opere spesso inutili.
C’è un altro elemento da sottolineare. Di fronte all’ennesimo disastro di Genova, oggi tutti si stracciano le vesti sul fatto che a causa di un ricorso amministrativo di un’impresa che non aveva vinto l’appalto, i soldi per risanare la città erano rimasti fermi dopo la precedente devastante alluvione di tre anni fa.
È la responsabilità dei governi ad aver provocato quel blocco dei soldi, perché a furia di semplificare e accelerare sono saltate tutte le regole della trasparenza dell’azione dello Stato ed è dunque inevitabile che le imprese che si sentono escluse ingiustamente, cerchino di difendere il proprio diritto, specie in tempi di crisi...
E tocchiamo così l’ultimo punto del decreto che continua ad indicare nella burocrazia la responsabilità di qualsiasi ritardo nella realizzazione delle opere. Non è vero, in primo luogo perché da anni la burocrazia non esiste più, sostituita da dirigenti scelti in piena autonomia dalla politica e ad essa ubbidienti. È dunque colpa della mala politica se lo Stato non funziona, e la causa vera dei ritardi del sistema Italia va trovata nell’assurdo numero delle Grandi Opere inserite nell’elenco statale. Sono 504 e anche un paese molto più attrezzato del nostro avrebbe difficoltà ad attuarle. Bisognerebbe diminuirle ma così facendo si scontenterebbero, evidentemente, le grandi lobby del cemento..."
C’è un altro elemento da sottolineare. Di fronte all’ennesimo disastro di Genova, oggi tutti si stracciano le vesti sul fatto che a causa di un ricorso amministrativo di un’impresa che non aveva vinto l’appalto, i soldi per risanare la città erano rimasti fermi dopo la precedente devastante alluvione di tre anni fa.
È la responsabilità dei governi ad aver provocato quel blocco dei soldi, perché a furia di semplificare e accelerare sono saltate tutte le regole della trasparenza dell’azione dello Stato ed è dunque inevitabile che le imprese che si sentono escluse ingiustamente, cerchino di difendere il proprio diritto, specie in tempi di crisi...
E tocchiamo così l’ultimo punto del decreto che continua ad indicare nella burocrazia la responsabilità di qualsiasi ritardo nella realizzazione delle opere. Non è vero, in primo luogo perché da anni la burocrazia non esiste più, sostituita da dirigenti scelti in piena autonomia dalla politica e ad essa ubbidienti. È dunque colpa della mala politica se lo Stato non funziona, e la causa vera dei ritardi del sistema Italia va trovata nell’assurdo numero delle Grandi Opere inserite nell’elenco statale. Sono 504 e anche un paese molto più attrezzato del nostro avrebbe difficoltà ad attuarle. Bisognerebbe diminuirle ma così facendo si scontenterebbero, evidentemente, le grandi lobby del cemento..."
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