domenica 3 febbraio 2013

pc 3 febbraio - LA SITUAZIONE ALL'ILVA

Abbiamo già detto che con il piano presentato questa settimana di cassintegrazione, siamo ad un uso della cig come "porta girevole" al servizio delle necessità dell'azienda che usa le varie forme di cig che lo Stato gli permette per tagliare i costi (da quella ordinaria, a quella in deroga); e in cui il rapporto tra gli operai che rientrano e gli operai che escono è sempre fortemente a svantaggio dei primi.
Da lunedì rientrano 535 lavoratori dell’area a freddo (di cui 360 del laminatoio a freddo, dove vengono riavviati la zincatura 2, il decapaggio e il decatreno, più altri piccoli impianti); ma ne escono 603 che vanno ad aggiungersi ai più dei 700 che restano in cig, arrivando a 1393 lavoratori sospesi - in concreto dovrebbero essere: 110 lavoratori addetti agli altiforni, 170 delle cokerie, 245 delle acciaierie, 603 della laminazione a freddo, 142 del tubificio Erw, 57 della finitura nastri, 42 della qualità laminatoi e tubifici, 24 dei magazzini.
Ma per questi la cassintegrazione ora è in deroga, vuol dire che dovrebbe essere coperta dalla Regione o dal Ministero, i quali entrambi hanno detto che non hanno risorse. Il trattamento economico è ridotto del 10%  rispetto al trattamento di cigs nel caso di prima proroga, del 30% per la seconda proroga e del 40% per le proroghe successive.
Altra questione è il fatto che la nuova cassintegrazione che riguarda essenzialmente l’area a caldo, è motivata dalla fermata degli impianti (batterie 3-4-5-6, e l’altoforno 1); ma questa motivazione è di fatto in contrasto con gli impegni dichiarati da Ferrante qualche mese fa, secondo cui gli operai di questi impianti non sarebbero andati in cassintegrazione perché sarebbero stati ricollocati in altri reparti (i segretari di Fim, Fiom, Uilm a cui era stato formalmente comunicato tale impegno, perché oggi non ne parlano?).
Terza questione. La richiesta di cig in deroga è al momento fino al 2 marzo, ma c’è un fatto. Gli impianti sono stati fermati in applicazione dell’Aia, con l’Ilva che però continua a dire che non ha soldi per fare gli interventi di messa a norma. L’azienda nella richiesta di cig in deroga ha detto che: “la società si trova nell’accertata impossibilità (ma chi lo ha accertato? Dove sono tutti gli altri fondi di Riva? Tutti i suoi soldi sono dati dal miliardo che potrebbe ricavare con la vendita dei coils e lamiere sequestrati?), per effetto dello stato di incertezza sulle future modalità di esercibilità del sito e di remuneratività degli investimenti, di accedere al credito bancario per dar corso alle prescrizioni dell’Aia”. Quindi, in realtà i tempi di rientro degli operai di questi impianti dell’area a caldo potrebbero prolungarsi al massimo, con la beffa che gli operai e la popolazione di Taranto hanno cassintegrazione, meno salario e nessuna messa a norma.
Per la cig dell’area a freddo continua il bluff della motivazione del “sequestro delle merci”, quando in realtà questo sequestro non impedisce affatto all’azienda di fare altra produzione commercializzabile, perché fatta dopo il decreto.
Infine. Nei numeri finora non si citano proprio i più di 200 operai del Treno Nastri 1, in cig da ottobre/novembre, ma praticamente senza continuità lavorativa dal 2008. Per questi operai che potrebbero essere ricollocati nel Treno Nastri 2 – in attività – perché fanno le stesse operazioni, non si è mai attuata, né finora si parla neanche di rotazione.
Questi operai sono quelli che hanno aperto la nuova fase della lotta contro la cassintegrazione a metà gennaio, con presidi alla Direzione Ilva e alla portineria A, con invasione di questa portineria, ecc., con scontri sindacali accesi con i sindacalisti confederali che li hanno abbandonati. Alcuni di questi operai si sentono già con “un piede fuori”, e non possono certo essere rassicurati dalla dichiarazione dell’azienda per la nuova cassintegrazione che essa “non prelude, allo stato attuale, ad esuberi di natura strutturale”. 

Per questi motivi, pur se l'azienda ha promesso il pagamento degli stipendi il 12 febbraio (ma per i mesi successivi non ha dato alcun impegno), e finora non ha annunciato quella massiccia cassintegrazione di massa, di 8mila lavoratori, la situazione è tuttora totalmente incerta e preoccupante. E nessuno deve abbassare la guardia.
Ma soprattutto non può essere accettato come male minore il fatto che, pur con i rientri, la cassintegrazione sia aumentata. 
I lavoratori dell'area a caldo devono essere ricollocati in altri reparti. 
I lavoratori in cassintegrazione del TNA1 devono rientrare, altrimenti deve essere già dalla prossima settimana ripresa la lotta, perchè in caso contrario saranno loro i primi effettivi "esuberi".
Gli impianti fermati devono subito essere messi a norma - così come gli altri impianti, la copertura dei parchi minerali, ecc. Altrimenti al danno si aggiunge la beffa.

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