Abbiamo già detto che con il piano
presentato questa settimana di cassintegrazione, siamo ad un uso della
cig come "porta girevole" al servizio delle necessità dell'azienda che
usa le varie forme di
cig che lo Stato gli permette per tagliare i costi (da quella
ordinaria, a quella in deroga); e in cui il rapporto tra gli operai
che rientrano e gli operai che escono è sempre fortemente a
svantaggio dei primi.
Da lunedì rientrano 535 lavoratori
dell’area a freddo (di cui 360 del laminatoio a freddo, dove
vengono riavviati la zincatura 2, il decapaggio e il decatreno, più
altri piccoli impianti); ma ne escono 603 che vanno ad aggiungersi ai
più dei 700 che restano in cig, arrivando a 1393 lavoratori sospesi - in concreto dovrebbero essere: 110
lavoratori addetti agli altiforni, 170 delle cokerie, 245 delle
acciaierie, 603 della laminazione a freddo, 142 del tubificio Erw, 57
della finitura nastri, 42 della qualità laminatoi e tubifici, 24 dei
magazzini.
Ma per questi la cassintegrazione ora è
in deroga, vuol dire che dovrebbe
essere coperta dalla Regione o dal Ministero, i quali entrambi hanno
detto che non hanno risorse. Il trattamento economico è ridotto del 10% rispetto al trattamento di
cigs nel caso di prima proroga, del 30% per la seconda proroga e del 40%
per le proroghe successive.
Altra questione è il fatto che la
nuova cassintegrazione che riguarda essenzialmente l’area a caldo,
è motivata dalla fermata degli impianti (batterie 3-4-5-6, e
l’altoforno 1); ma questa motivazione è di fatto in contrasto con gli impegni
dichiarati da Ferrante qualche mese fa, secondo cui gli operai di
questi impianti non sarebbero andati in cassintegrazione perché
sarebbero stati ricollocati in altri reparti (i segretari di Fim,
Fiom, Uilm a cui era stato formalmente comunicato tale impegno,
perché oggi non ne parlano?).
Terza questione. La richiesta di cig in
deroga è al momento fino al 2 marzo, ma c’è un fatto. Gli
impianti sono stati fermati in applicazione dell’Aia, con l’Ilva
che però continua a dire che non ha soldi per fare gli interventi di messa a
norma. L’azienda nella richiesta di cig in deroga ha detto che: “la
società si trova nell’accertata impossibilità (ma chi lo ha
accertato? Dove sono tutti gli altri fondi di Riva? Tutti i suoi
soldi sono dati dal miliardo che potrebbe ricavare con la vendita dei
coils e lamiere sequestrati?), per effetto dello stato di
incertezza sulle future modalità di esercibilità del sito e di
remuneratività degli investimenti, di accedere al credito bancario
per dar corso alle prescrizioni dell’Aia”. Quindi, in realtà
i tempi di rientro degli operai di questi impianti dell’area a
caldo potrebbero prolungarsi al massimo, con la beffa che gli operai
e la popolazione di Taranto hanno cassintegrazione, meno salario e
nessuna messa a norma.
Per la cig dell’area a freddo
continua il bluff della motivazione del “sequestro delle merci”,
quando in realtà questo sequestro non impedisce affatto all’azienda
di fare altra produzione commercializzabile, perché fatta dopo il
decreto.
Infine. Nei numeri finora non si citano
proprio i più di 200 operai del Treno Nastri 1, in cig da
ottobre/novembre, ma praticamente senza continuità lavorativa dal
2008. Per questi operai che potrebbero essere ricollocati nel Treno
Nastri 2 – in attività – perché fanno le stesse operazioni, non
si è mai attuata, né finora si parla neanche di rotazione.
Questi operai sono quelli che hanno
aperto la nuova fase della lotta contro la cassintegrazione a metà
gennaio, con presidi alla Direzione Ilva e alla portineria A, con
invasione di questa portineria, ecc., con scontri sindacali accesi
con i sindacalisti confederali che li hanno abbandonati. Alcuni
di questi operai si sentono già con “un piede fuori”, e non
possono certo essere rassicurati dalla dichiarazione dell’azienda
per la nuova cassintegrazione che essa “non prelude, allo stato
attuale, ad esuberi di natura strutturale”.
Per
questi motivi, pur se l'azienda ha promesso il pagamento degli stipendi
il 12 febbraio (ma per i mesi successivi non ha dato alcun impegno), e
finora non ha annunciato quella massiccia cassintegrazione di massa, di
8mila lavoratori, la situazione è tuttora totalmente incerta e
preoccupante. E nessuno deve abbassare la guardia.
Ma soprattutto non può essere accettato come male minore il fatto che, pur con i rientri, la cassintegrazione sia aumentata.
I lavoratori dell'area a caldo devono essere ricollocati in altri reparti.
I
lavoratori in cassintegrazione del TNA1 devono rientrare, altrimenti
deve essere già dalla prossima settimana ripresa la lotta, perchè in
caso contrario saranno loro i primi effettivi "esuberi".
Gli
impianti fermati devono subito essere messi a norma - così come gli
altri impianti, la copertura dei parchi minerali, ecc. Altrimenti al
danno si aggiunge la beffa.
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