martedì 5 febbraio 2013

pc 5 febbraio - ELEZIONI: DIVISI MA UNITI CONTRO I LAVORATORI

Su una cosa soprattutto non c’è divisione tra i maggiori partiti che si presentano alle elezioni, ed è la questione della modifica dei contratti di lavoro per renderli “flessibili” – alle esigenze del capitale, e lo Statuto dei lavoratori con l’art. 18.
Questa “unità” è rappresentata anche fisicamente da Pietro Ichino, passato tranquillamente dal PD alla lista Monti, che è stato quando era ancora nel PD e continua ad essere il più tenace sostenitore della abolizione dello Statuto dei lavoratori.
In questa campagna elettorale si parla pochissimo di lavoro, ma c’è da star sicuri che quando se ne parla sono dolori, e che comunque chiunque governerà non deluderà le aspettative del padronato.

Ichino si presenta con due proposte.
La prima, sostituire l’attuale legislazione del lavoro con un nuovo Codice semplificato “che in non più di 60 articoli esponga la stessa materia in modo semplice, leggibile da milioni di persone”, sembrerebbe apparentemente utile, ma temiamo fortemente di sapere quali sarebbero gli articoli che andrebbero eliminati, sicuramente quelli che tutelano i diritti dei lavoratori, considerati vecchi e da superare. D’altra parte abbiamo già visto, su un terreno importante per la difesa dei lavoratori, quello della sicurezza, col decreto “semplificazione” del TU n. 81/08 sulla sicurezza, a cosa porta questa politica delle semplificazioni, ad eliminare “lacci e laccioli”, oneri per i padroni e ad aumentare il rischio proprio nelle situazioni lavorative dove vi sono più infortuni e morti, in primis nei cantieri edili.
La seconda “riforma” punta all’adozione di “modelli contrattuali meno rigidi e meno costosi”; in cambio il governo concederebbe “una sensibile riduzione del cuneo fiscale e alleggerimenti contributivi. Solo che non si capisce in cosa consista il “cambio”, visto che queste misure sono tutte a favore delle aziende, mentre sono i lavoratori che “in cambio” non avranno nulla ma solo contratti precari, con tempi e orari flessibili secondo le esigenze del profitto aziendale e minore retribuzione. Si dice che questo è un modello sperimentale da applicare ai giovani e alle donne che hanno un lavoro precario, in nero; per cui dovrebbero già essere grati ad un governo che facendo leggi pro padroni, gli dà almeno un contratto.
E poi c’è la questione delle questioni: lo “spettro” dello Statuto dei lavoratori. Ad Ichino la riforma del Ministro Fornero, che ha già dato un colpo decisivo all’art. 18, non basta. E in sintonia con esponenti del PdL dice che bisogna passare dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori. Vale a dire allo Statuto dei padroni.

Ma come dicevamo, anche gli altri partiti sul fronte dei diritti dei lavoratori vanno sempre più assomigliandosi, chiaramente in negativo.
Il PD propone di usare il fisco per favorire l’occupazione delle donne - della serie: donne = esseri inferiori (spesso accomunati agli altri “disgraziati”, i giovani) per cui per trovare un lavoro bisogna dare soldi alle aziende, riducendo il carico fiscale; poi sulle pensioni, propone solo di introdurre “il principio di gradualità che renda più morbida l’abolizione delle pensioni di anzianità e il salto a… 70 anni”.
Il PDL punta a rendere più vantaggioso per i padroni l’assunzione del giovani, con contratti flessibili, e uso smodato dell’apprendistato: quindi contratti precari con retribuzioni ridotte ai giovani, soldi alle aziende; poi: ritorno al lavoro a domicilio (però, nella formula moderna del "telelavoro") che come tutti sanno porta a lavorare di più e non di meno, per pochi soldi; e “partecipazione agli utili da parte dei lavoratori”, che ccome sanno tanti lavoratori- falsi soci delle cooperativa, ma veri dipendenti, si traduce nel “metterla a quel posto ai lavoratori”, i quali con la scusa di partecipare agli utili, quindi di avere uno stesso interesse col padrone, devono farsi sfruttare di più, per, alla fine, non avere neanche un centesimo di “utile”, ma, al contrario, una partecipazione alle perdite.
GRILLO, non è diverso. Vuole garantire un “lavoro pieno e breve per tutti”. Soprattutto “breve”!
Poi prima ha proposto un reddito di cittadinanza per i giovani di tre anni, poi pensandoci meglio e cambiando un po’ il nome in “sussidio di disoccupazione” lo ha ridotto a due anni.
INGROIA, parla di abolizione della riforma Fornero e di ripristino dell’art. 18, ma le sue proposte occupazionali centrate soprattutto su “riconversione ecologica dell’economia” – messe nel suo programma in internet – sono appunto da “internet”.

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