lunedì 4 febbraio 2013

pc 4 febbraio - DI RITORNO DA L'AQUILA, RACCONTANO LE COMPAGNE CHE SONO STATE AL PRESIDIO


VERGOGNA!!

Ho intrapreso questo lungo viaggio, da Taranto a L'Aquila, per dare un sostegno a Rosa e alla sua famiglia nella speranza che venisse fatta piena giustizia.

Appena siamo arrivate abbiamo messo subito striscioni, locandine e volantinato.
Devo dire che eravamo in tante e vi assicuro che c’era tanta tensione e rabbia.
Le ore passavano e tutto taceva. Alle 12,00, siccome nessuno si degnava di uscire dall’aula per informarci di cosa stava accadendo, abbiamo deciso di andarci di megafono e andare sotto la finestra adiacente all’aula dove si svolgeva il processo “infame” e scandire slogan per rassicurare Rosa che fuori, da Palermo a Roma, da Teramo a Bologna, da Viterbo a Taranto eravamo lì, noi tutte per lei. Questo ha molto infastidito il giudice che subito ha minacciato di sospendere il processo. Noi intanto avevamo raggiunto il nostro obiettivo, e cioè far sentire a Rosa che non era sola.
Le ore passavano,l’angoscia aumentava e la rabbia pure. Avevo voglia di protestare, di pestare il mostro, ma,dovevamo stare lì ferme per non far sì che qualsiasi mossa sbagliata potesse ritorcersi contro Rosa.

Ore 15,00: finalmente si aprono le porte del tribunale ed entriamo nell’aula. L’ho visto in faccia quell’essere abominevole, quel pus ripugnante.
Rosa aveva chiesto di non essere ripresa, tutte le abbiamo fatto da scudo, ma per poco, perché poi siamo state costrette ad indietreggiare, neanche in questo Rosa è stata rispettata.
Di minuti non so quanti siano stati, ma sicuramente tanti per aspettare il verdetto, in quei momenti ho avuto tutto il tempo per guardarlo in ogni suo movimento; il mostro era lì, sereno, sicuramente consapevole della sua condanna. Tre minuti prima che entrasse il giudice,l ’hanno preso e fatto uscire da una porta laterale per proteggerlo, e lui con grande sfrontatezza e quasi sorridendo ha salutato i suoi due compagni (commilitoni).
Ora il giudice parla ed emette la condanna di otto anni, io personalmente mi sono fermata a “Condanno il Tuccia ad otto anni” il resto non l’ho sentito.
Tutte ci guardavamo con aria attonita, con rabbia negli occhi e la bava alla bocca. Subito siamo corse fuori a gridare agli avvocati “Vergogna! Vergogna!”.
Fuori c’era un’aria che non saprei descrivere, chi si abbracciava e piangeva, chi implorava, chi si mordeva le labbra. Siamo state lì, in quell’aula con tante sagome come un gregge di pecore. Non c’è umanità.
Questa per me è stata un’esperienza terrificante ma anche una leva per ribellarmi e insieme a me tutte le donne unite in una lotta rivoluzionaria.
Basta con l’oppressione, basta con violenze sessuali, basta uccisioni.

“Rivoluzione è l’unica soluzione”

Concetta – Taranto


Anche alla luce della sentenza, degli articoli di stampa, i problemi restano tutti lì.

Potremmo dire che L'Aquila ha rappresentato per Tuccia un luogo “amico”: perchè lì prestava servizio, perchè lì ci sono i suoi commilitoni, anche a presidiare il Tribunale e che ha potuto salutare, sgattaiolando via dall'uscita laterale prima che venisse pronunciata la sentenza perchè, come riferito dalla stampa (che invece non si è preoccupata affatto dello stato d'animo di Rosa, tanto da aver costretto a fare cordone intorno a lei che non voleva essere ripresa durante la lettura della sentenza) “Tuccia, visibilmente teso, ha detto di vivere "molto male" questo momento.”
Ma è lo stesso che, sempre secondo la stampa, si è permesso di dire, durante la deposizione: “ho avuto paura dopo aver consumato l'atto sessuale, e sono scappato dentro la discoteca” E, ancora,"Vedendo la gente attorno alla ragazza non mi sono preoccupato".
“Resti comunque una merda” gli ha urlato una donna.

Rimane la oppressiva militarizzazione del territorio che per le donne significa rinchiudersi sempre più dentro le mura domestiche.
Rimane questa sentenza che non riconosce il tentato omicidio.
Rimane, sempre secondo la stampa, l'intenzione dell'avvocato difensore di voler ricorrere in appello.
Rimane una città, ma anche, un paese intero che non ha dato vita ad un'adeguata mobilitazione in questo caso emblematico, come in generale, ogni violenza sessuale contro le donne, ogni uccisione di donne non trovano la necessaria ribellione, in grado di contrastarle, sul campo e quotidianamente.
Per questo pensiamo che la mobilitazione per/su L'Aquila deve continuare, rendere “inospitale” quel territorio per Tuccia e suoi simili. Rendiamo concrete le parole d'ordine;” Stupratore non lo dimenticare la furia delle donne dovrai scontare”

Giovanna – Milano

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