Studenti di
nuovo in piazza. Sono i collettivi delle scuole superiori ad annunciare –
con striscioni in alcuni istituti bolognesi – una nuova manifestazione,
il 15 febbraio, dopo le contestazioni dell'autunno scorso. “Così
continua la nostra lotta, rilanciamo il movimento studentesco contro le
politiche di austerità e contro un intero modo di intendere la politica,
la società e la scuola”, dicono i collettivi degli studenti medi, l'ala
più radicale del movimento.
I "tecnici" spingono per l'università di classe
Blitz del governo: un decreto per tagliare le borse
di studio agli stuidenti "meritevoli e bisognosi". Un taglio di classe
per eliminare "i poveri" dalle vie della conoscenza.
Altro che “merito”! Il governo dei “tecnici” si rivela più classista e reazionario di quelli berlusconiani.
La denuncia arriva dall'Udu, ma – appunto – è molto più importante “il merito” che non la provenienza.
Il governo intende tagliare le borse di studio per gli studenti “meritevoli e bisognosi”. Il colpo di mano sta per avvenire, con l'approvazione in extremis del decreto sul “diritto allo studio universitario” (hanno imparato la “neolingua” orwelliana senza neanche leggere 1984), previsto dalla riforma Gelmini.
Lo schema di decreto verrà esaminato il 7 febbraio dalla conferenza Stato-regioni, aprendo così la strada al varo definitivo da parte del ministero dell'istruzione.
Le nuove norme previste dal decreto irrigidiscono i criteri per l'accesso alle borse di studio, in modo da ridurre il numero dei possibli beneficiari di circa il 45%.
Vergognoso il confronto con quanto investono invece, nell'identico istituto di supporto agli studenti, gli altri paesi europei. Senza andare tanto lontano, verso l'inarrivabile coppia Germania-Francia, basti sapere che la povera Spagna in piena crisi – e con una popolazione molto minore – spende il triplo dell'Italia: 900 milioni l'anno invece dei 332 di casa nostra.
Per un totale, nell'ultimo anno, di appena 112.000 borsisti.
Per ridurre il numero dei beneficiari, gli “strateghi” del governo hanno abbassato la soglia di reddito certificata dall'Isee e l'hanno differenziata per regione (dalle “gabbie salariali”, ora in via di ricostruzione, questi signori hano preso più di un'idea). Attualmente il limite di reddito è di 20.124,71 euro in tutta Italia; con le nuove norme, per esempio in Sicilia, potrebbero avere una borsa di studio solo gli studenti di famiglie con 14.300 euro annui. In ogni caso, in quasi tutte le regioni i nuovi limiti reddituali sono più bassi degli attuali (ecidentemente, secondo i “tecnici” del governo, il costo della vita sta diminuendo...).
La seconda leva selettiva consiste invece nell'aumentare drasticamente il numero di “crediti” da accumulare in un anno. Anche qui molte e complicate differenziazioni, ma in alcuni casi si arriva praticamente a raddoppiare il numero.
Infine, ma non è davvero l'ultima dimostrazione di ferocia classista, viene diminuito anche l'importo stesso della borsa di studio: in media trra il 7 e il 12%.
Naturalmente, uno schema del genere può avere un solo effetto: diminuire il numero degli studenti universitari su base censitaria. Che i poveri restino ignoranti, così non sapranno dove battere la testa e nemmeno trovare i modi per ribellarsi. Ai ricchi la conoscenza, che serve per far soldi e gestire “il volgo”. Se non è classismo questo...
Altro che “merito”! Il governo dei “tecnici” si rivela più classista e reazionario di quelli berlusconiani.
La denuncia arriva dall'Udu, ma – appunto – è molto più importante “il merito” che non la provenienza.
Il governo intende tagliare le borse di studio per gli studenti “meritevoli e bisognosi”. Il colpo di mano sta per avvenire, con l'approvazione in extremis del decreto sul “diritto allo studio universitario” (hanno imparato la “neolingua” orwelliana senza neanche leggere 1984), previsto dalla riforma Gelmini.
Lo schema di decreto verrà esaminato il 7 febbraio dalla conferenza Stato-regioni, aprendo così la strada al varo definitivo da parte del ministero dell'istruzione.
Le nuove norme previste dal decreto irrigidiscono i criteri per l'accesso alle borse di studio, in modo da ridurre il numero dei possibli beneficiari di circa il 45%.
Vergognoso il confronto con quanto investono invece, nell'identico istituto di supporto agli studenti, gli altri paesi europei. Senza andare tanto lontano, verso l'inarrivabile coppia Germania-Francia, basti sapere che la povera Spagna in piena crisi – e con una popolazione molto minore – spende il triplo dell'Italia: 900 milioni l'anno invece dei 332 di casa nostra.
Per un totale, nell'ultimo anno, di appena 112.000 borsisti.
Per ridurre il numero dei beneficiari, gli “strateghi” del governo hanno abbassato la soglia di reddito certificata dall'Isee e l'hanno differenziata per regione (dalle “gabbie salariali”, ora in via di ricostruzione, questi signori hano preso più di un'idea). Attualmente il limite di reddito è di 20.124,71 euro in tutta Italia; con le nuove norme, per esempio in Sicilia, potrebbero avere una borsa di studio solo gli studenti di famiglie con 14.300 euro annui. In ogni caso, in quasi tutte le regioni i nuovi limiti reddituali sono più bassi degli attuali (ecidentemente, secondo i “tecnici” del governo, il costo della vita sta diminuendo...).
La seconda leva selettiva consiste invece nell'aumentare drasticamente il numero di “crediti” da accumulare in un anno. Anche qui molte e complicate differenziazioni, ma in alcuni casi si arriva praticamente a raddoppiare il numero.
Infine, ma non è davvero l'ultima dimostrazione di ferocia classista, viene diminuito anche l'importo stesso della borsa di studio: in media trra il 7 e il 12%.
Naturalmente, uno schema del genere può avere un solo effetto: diminuire il numero degli studenti universitari su base censitaria. Che i poveri restino ignoranti, così non sapranno dove battere la testa e nemmeno trovare i modi per ribellarsi. Ai ricchi la conoscenza, che serve per far soldi e gestire “il volgo”. Se non è classismo questo...
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