ancora caccia alle prostitute
nonostante la Cassazione abbia deliberato che i Comuni "esagerano" con le ordinanze, per cui tutto è diventato un problema di ordine pubblico, non si ferma la caccia, in particolare, alle prostitute. Oggi, addirittura, a Rimini si vuole innalzare un muro in acciaio per evitare che alcune zone siano "invase" da clienti e prostitute.
Basta con le ordinanze ipocrite dei sindaci!
un muro di 40 metri contro le lucciole
“Ma il problema è solo spostato”
Il neo sindaco Andrea Gnassi ha fatto recintare un'area dove le ragazze si appartavano con i clienti. Un segnale di come la capitale della riviera romagnola intende difendersi dalla prostituzione. Ma resta un provvedimento molto simbolico e in soccorsi di alcuni residenti e commercianti che avevano fatto la voce grossa
Vigili urbani in agitazione? Pochi rinforzi estivi? Continue lamentele? Niente paura: tiriamo su un muro di acciaio.
E’ quello che deve aver pensato il neo sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, nel dover affrontare appena insediato a Palazzo Garampi uno dei problemi tipici della riviera romagnola a stagione inoltrata: la prostituzione.
In questo caso siamo a Rivazzurra, Rimini sud, un’area da sempre sensibile sul fronte lucciole. Alla luce del continuo via-vai di prostitute e balordi vari, i residenti, i commercianti e le associazioni varie si sono lamentati a più riprese con amministrazione comunale e forze dell’ordine. Gnassi, in questa sua prima estate da gestire con la fascia tricolore addosso, ha pensato bene di non deluderli.
Ecco allora che, in questi giorni, nelle aree verdi vicino alla fossa Rodella, a ridosso di viale Regina Margherita sul lungomare al confine tra la stessa Rivazzurra e Miramare, l’ultima frazione prima di Riccione, è scattato il blitz. Sentita la Questura e incassata la collaborazione dell’azienda di servizi in house Anthea, il sindaco, dando corpo ad un intervento pianificato da settimane, è passato all’azione.
Per evitare che la zona resti un ricettacolo di lucciole, è stata installata una vera e propria recinzione in acciaio, alta oltre un metro e mezzo e lunga ben 40 metri, con l’obiettivo di impedire l’accesso all’area. Non solo: ad inizio agosto saranno montati pure due cancelli per consentire le operazioni di pulizia e di taglio dell’erba dell’area, affidate ad Anthea.
Gnassi la prende alla larga e mira a sottolineare anche il valore simbolico del blitz: “Con l’intervento per delimitare le aree verdi in fregio alla fossa Rodella si realizza un altro di quegli interventi che, apparentemente piccoli, si arricchiscono di un significato più ampio e simbolico. Un intervento che – ammette il sindaco riminese – nasce dalla sollecitazione dei residenti per un problema reale”.
La logica pare quella del minimo sforzo per il massimo risultato: “Con un intervento anche semplice, restituiamo al decoro urbano e alla vivibilità della nostra città una parte del territorio sottoposto a degrado per lo svolgersi dell’attività di prostituzione. Personalmente mi sono inoltrato in alcuni sopralluoghi sul posto per confrontarmi coi cittadini, verificare con gli operatori le migliori soluzioni da adottare, per poi giungere a questa soluzione che speriamo possa dare i frutti sperati”.
In attesa di capire sei recinti in questione risulteranno o meno un vero deterrente, il fenomeno continua a far dannare gli amministratori riminesi. In primavera, infatti, in città era stata la sentenza della Corte Costituzionale ad abbattersi sulla più recente ordinanza anti-prostituzione, quella del predecessore di Gnassi, Alberto Ravaioli. Varata a febbraio, la norma Ravaioli declassava da 1.000 a 400 euro la sanzione a prostituta e cliente, ma con un piccolo particolare: nel caso di recidiva scattava la denuncia penale.
Non solo. La “legge” riminese prevedeva anche il controllo fiscale. Grazie ad un accordo specifico con la Questura, infatti, era previsto che l’Agenzia delle Entrate si mettesse in moto per una verifica fiscale su quei single, mariti, fidanzati – e non solo – che di notte si radunano sulle vie del sesso a pagamento. Tra “utilizzatori finali” e meretrici, erano state una trentina le sanzioni attivate grazie al protocollo Ravaioli. La Corte Costituzionale, però, giudicando illegittimo l’ampliamento dei poteri su incolumità pubblica e sicurezza nei centri urbani, una sentenza a suo tempo giudicata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni “un errore”, aveva costretto a rivedere tutto.
Ricordando che la Consulta con la sentenza 115-2011 giudicava solo la “parziale illegittimità” della norma specifica del testo unico degli enti locali, Ravaioli aveva adeguato i contenuti del testo anti-lucciole “ai vigenti parametri normativi e recepiti all’interno di un nuovo provvedimento di carattere contingibile e urgente”. L’ex ordinanza a 360 gradi, insomma, era diventata in un batter d’occhio “temporale” e “territoriale”. Quindi, molto meno efficace.
Ora Gnassi ci prova con i muri di acciaio, sperando di non essere scavalcato.
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