mercoledì 19 marzo 2025

pc 19 marzo - Processo Ilva - venerdì 21 ricomincia a Potenza - Impediamo che si cancelli la memoria di tutto quanto è successo nella fabbrica di Taranto e in città - Un commento del Pres. di PeaceLink

Dal "Quotidiano":
Abbiamo detto subito che la decisione della Corte d'Appello di annullare il processo di 1° grado “Ambiente svenduto”, conclusosi con pesanti e giuste condanne contro padron Riva, capi, individuati come gli autori materiali e contro i complici istituzionali e politici del disastro ambientale, delle morti sul lavoro nella nostra città, è stata molto grave. Questo processo aveva visto una forte spinta verso le condanne, e aveva anche portato ulteriormente alla luce la gravità della questione Ilva 
in generale e della questione rapporto salute e lavoro in particolare.

La grave decisione di spostare il processo a Potenza ha già portando a far uscire dal nuovo processo, che inizierà con l’udienza preliminare il 21 marzo, ben 24 imputati per “prescrizione”.

In questa occasione andremo a Potenza, per depositare le nostre parti civili e per conosce direttamente i magistrati, e per capire come intenderanno procedere non solo nei tempi, ma nei modi.

Useremo il tempo che ci separa da questo per sviluppare una campagna nazionale nelle città che sono interessate ai grandi processi di inquinamento, Torino, Milano, Palermo, ecc. In vista di un convegno nazionale che cercheremo di fare quando inizierà il processo.

Questo processo è stato importante per la città, per il paese, per i lavoratori come per i cittadini e quindi in nessuna maniera possiamo accettare di cancellarlo.

La prima cancellazione sarebbe quella di cancellarne gli atti, la memoria e così via.

Per questo abbiamo preparato un libro dossier “Un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze dal 2014 al 2021” che costituisce un rapporto fra il processo che si è fatto e il processo che si farà, e il libro fa da memoria e da canale di comunicazione in questa direzione.


ALESSANDRO MARESCOTTI Presidente di PeaceLink

Questo libro: “Processo Ambiente svenduto - Un lungo processo raccontato attraverso 7 anni di udienze dal 2014 al 2021” è l'occasione per riflettere da una parte sulla nostra lotta, sul futuro di questo processo, ma è anche l'occasione per trasformare questo lungo periodo di iniziative in memoria storica.

E’ importante il libro, proprio perché è il primo probabilmente tentativo di risistemazione di una enorme quantità di documentazione prodotta proprio dal processo.

Sono stati scritti tanti libri, ma un libro che nascesse dagli atti del processo mancava; ed è questa la

prima occasione per incominciare a dare una sistemata all'enorme quantità di informazioni che questo processo ha generato e di atti che ci consentono di analizzare e di riorganizzare.

Ognuno darà in futuro di questo processo la sua interpretazione. Ed è importante che noi diamo la nostra interpretazione. Un'interpretazione che faccia del processo non solamente qualche cosa relativo agli addetti ai lavori, ma sia l'occasione per trasformare questo libro in un canale di comunicazione, in un veicolo di memoria. Per fare in modo che questo processo penale si trasformi in un processo storico e politico. Un processo che ha alla base un sistema di potere economico che ci ha governato malamente in questi anni.

Quindi noi partiamo dal processo per incominciare a costruire una prima fetta di analisi storica, perché se noi andiamo a guardare tutte queste carte ci accorgiamo che non siamo più di fronte semplicemente alla cronaca, ma stiamo uscendo fuori dalla cronaca e stiamo entrando pienamente dentro la storia, ci consente di guardare al passato e di dare un giudizio non più solamente agli imputati, ma ad un intero sistema di potere che ha consentito a queste persone di fare quello che volevano.

Ed ecco allora che troverete dentro questo libro tante pillole. Questo è il lavoro di partenza per ulteriori lavori, ulteriori lavori di approfondimento e di ulteriore sintesi.

Io, nonostante conoscessi l'argomento, ho scoperto cose che non sapevo. C'è per esempio tutta la parte relativa ai sindacati, ci sono tutti i dati della vicenda “vaccarella” che, sì si sapeva, ma qui escono fuori i propri numeri, i miliardi, eccetera. Le risposte date a metà, o date date malamente dai segretari sindacali.

Quindi da questo punto di vista è importante che noi questo libro lo prendiamo in mano, ce lo leggiamo e lo trasformiamo in uno strumento di analisi storica e di lotta politica.

Riallacciandomi alla visione che giustamente è sottesa a questo libro, cioè che dietro tutta questa vicenda c'è un capitalismo di rapina. Ma anche qualche cosa di più, è un capitalismo che saccheggia l'ecosistema e che scarica i propri costi sulla collettività e sulle generazioni future.

Io mi sono laureato e ho letto diverse cose relative al marxismo, ma oggi si sono sviluppati gli studi in ambito marxista che hanno fatto emergere degli analisti che hanno preso maggiormente consapevolezza del rapporto fra sistema capitalistico e inquinamento del pianeta, inquinamento della società.

Studiosi come John Foster, Paul Barchett, Andrea Smallman, John Angus, un bravissimo studioso giapponese con i Saito Jason Moore sono studiosi che hanno incominciato ad aggiornare le categorie del marxismo. Marx non poteva vivere nell'epoca odierna, però le cose che diceva hanno ancora un significato. Perché uno dei concetti fondamentali che noi ritroviamo qui - l'altro lo troviamo alla base dell'analisi marxista - ossia che il sistema capitalistico è un sistema che esternalizza i costi non li assume nel proprio bilancio, non paga i conti con l'ecosistema. Il rapporto che analizzava Marx era: io non ti pago il dovuto, quindi ti sto sfruttando. Ma c'è anche: io non saldo i miei debiti con l'ecosistema, con l'ambiente. E scarico sull'ambiente tutti quei costi che avrei dovuto sostenere che si trasformano in profitti, e in certi casi, in profitti illeciti. Parte di questo è il processo al sistema Riva che esporta clandestinamente tantissimi capitali all'estero nei paradisi fiscali.

Una prima cosa che sarebbe bene incominciare a vedere. La famiglia Riva ha spesso minacciato di chiudere la propria attività se si facevano certi lavori di risanamento ambientale, se si rinnovavano gli impianti; e in un certo senso il movimento sindacale è come se avesse subito questa retorica, quasi credendoci. Ma oggi, alla luce degli atti di questo processo, risulta che la quantità di capitali portati nei paradisi fiscali è tale che in teoria Riva avrebbe potuto rimettere a nuovo l'Ilva due volte e avrebbe comunque portato capitali all'estero.

Quindi. I sindacati hanno subito questa retorica, del tipo: non facciamo questa cosa, altrimenti si chiude. Una sorta di ricatto, del tipo: oltre a questo livello non si va.

Gli studiosi del CNR stanno cercando di fare un'analisi della vicenda Ilva dal punto di vista giuridico. E la la cosa che mi hanno chiesto è il perché Riva non mettesse a norma gli impianti; se avesse messo a norma gli impianti, dato che ce li aveva i soldi avrebbe evitato che si attivasse la magistratura, avrebbe fatto i suoi interessi. E allora perché? Io ho detto, probabilmente perché non volevano cedere il potere, perché questa richiesta la facevamo noi, la faceva la popolazione, la facevano le forze della cittadinanza attiva, dell'opposizione sociale. Del tipo: questa penna dovrebbe essere messa così, è giusto, ma siccome lo stai dicendo tu gli stai praticamente togliendo un pezzo di potere, perché questo lavoro lo devono fare loro, non lo devi fare tu. Cioè spostare questa cosa, realizzare questo deve essere qualche cosa che discende dalla loro benevolenza e dalla loro decisione.

È stata quindi probabilmente una lotta di potere. Fuori da ogni logica di tipo economico

La base su cui su cui poggia l'intero sistema di gestione di Riva è sostanzialmente lo specchio globale del capitalismo nella sua forma più selvaggia, quello per cui in nome di un profitto privato viene inferto un danno pubblico, che è enormemente superiore rispetto al profitto. Cioè, io guadagno 100 ma provoco una distruzione di 1000, che già è una diseconomia globale all'interno di un sistema.

La vicenda dell'Ilva di Taranto è una vicenda che va inquadrata nel ciclo globale dell'acciaio, un ciclo globale che è caratterizzato dalla devastazione, ad esempio, della foresta amazzonica. Per prendere i minerali di ferro è stata devastata una parte della foresta amazzonica, è stata danneggiata la vita di tante persone. C’è un villaggio molto simile al quartiere Tamburi di Taranto. Una nostra volontaria è andata in quel villaggio della foresta amazzonica e le immagini che ha fotografato sono state le mani di polvere nera dei bambini. Bambini che si ammalavano per problemi di carattere polmonare. Sembrava il quartiere Tamburi spostato nella foresta amazzonica. E il quartiere Tamburi è lo specchio di quella devastazione portata però nei luoghi della produzione siderurgica.

Questo importante materiale, che è l'acciaio, ha un valore d'uso elevato; l'acciaio è una delle materie più importanti e nobili e durature all'interno del ciclo capitalistico, dovrebbe essere qualcosa di indistruttibile. Viene collocato invece all'interno di un processo di obsolescenza programmata, per cui le cose vengono programmate per guastarsi prima. Chiedete semplicemente a chi vi viene ad aggiustare la lavatrice e la prima cosa che vi dirà è: non sono più le lavatrici di una volta… E l'acciaio che dà forma alla lavatrice, è l'acciaio che proviene dall'Ilva o da acciaierie come quelle dell'Ilva. Quindi noi abbiamo un processo che globalmente, dalla fase estrattiva alla fase della produzione siderurgica, fino alla fase dell'obsolescenza programmata, tende ad alimentare se stesso. In un processo che su cui Marx avrebbe moltissimo da dire, perché è un processo in cui il valore d'uso si perde all'interno di un processo che valorizza unicamente il capitale.

Per concludere, noi ci troviamo quindi all'interno di un processo in cui Taranto è un punto di snodo di un ciclo globale e quindi dobbiamo vedere la questione tutta all'interno della globalizzazione, dal processo estrattivo fino alle forme più degenerate del consumismo.

Dall'altra parte, oltre a questo processo transfrontaliero c'è un processo transgenerazionale. Noi abbiamo presentato quest'anno l'unico esposto alla Procura che ci sia stato in Italia, che noi sappiamo, per denunciare che con questo tipo di processo produttivo noi avremo da qui al 2100, 1800 morti l'anno di persone di cui non conosceremo assolutamente la faccia, il nome e la nazionalità. Potranno essere in Marocco, in Canada, in Brasile, in Bangladesh.

Noi stiamo andando verso un processo di surriscaldamento del pianeta. Noi ce ne stiamo accorgendo, ogni estate è sempre più calda. Sono state quantificati gli eccessi di mortalità dovuti ad ogni frazione di grado. E il processo produttivo dell'Ilva di Taranto così come strutturato oggi per le emissioni di CO2, che non sono di per sé velenose, non sono di per sé tossiche, ma concorrono a questo innalzamento, e porteranno ogni anno, fra 10 anni, fra trent'anni, fra 35 anni,1800 morti per ondate di calore. E si realizzerà con una frequenza e una pesantezza ancora maggiore. E quando parliamo di ondate di calore non dobbiamo considerare il dato medio, ma dobbiamo considerare i picchi che si intervallano tra un dato e l'altro. Quindi noi stiamo attivando attraverso questo sistema un debito ecologico e un problema di giustizia intergenerazionale, cioè chi viene dopo di noi ci chiederà: ma perché avete fatto questo?

Il processo Ilva deve essere l'occasione per riflettere su questo problema che oltre che di natura etica, è un problema di natura sociale, di natura politica.

Io ringrazio Margherita Calderazzi per questo lavoro veramente pregevole che è stato fatto e che, a mio parere, merita di essere valorizzato ancora di più e trasformato in dibattiti proprio per risollevare l'attenzione sulla vicenda Ilva che ovviamente, se non la solleviamo noi, nessuno, ha grande interesse a sollevare. È una vergogna cittadina, è una vergogna nazionale.

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