martedì 18 marzo 2025

pc 18 marzo - “Solo l’Occidente conosce la Storia” - le nuove indicazioni 2025 targate Meloni/Valditara, aberrazioni reazionarie che vanno contestate con un movimento reale

.... Aberrazioni di cui innanzitutto andrebbe ricordato il più noto dei responsabili. È Ernesto Galli della Loggia il coordinatore del gruppo che si è dedicato a delineare questi primi materiali di dibattito su cosa dovrebbe essere l’insegnamento della Storia a ragazze e ragazzi, fino ai 14 anni.

Galli della Loggia è quello che a ottobre scrisse, in difesa del genocidio perpetrato da Israele sui palestinesi, che la democrazia si deve assumere la responsabilità dei più efferati crimini per affermare i suoi principi. Tra i casi da lui ricordati ve ne sono due della Seconda guerra mondiale, cioè il bombardamento di Dresda e l’uso delle atomiche: non a caso, due crimini di guerra.

Ma, appunto, per Galli della Loggia va bene tutto, finché serve ad affermare la ‘democrazia’, fatta piattamente coincidere con il dominio occidentale sul resto del mondo. Non lo ha nemmeno nascosto quando, a dicembre, ha fatto una disamina proprio di questi

crimini nel diritto internazionale, in sostanza concludendo che se si deve dar retta a tali costrizioni ogni guerra è nei fatti impedita. Che è poi uno degli scopi per cui è nato il diritto internazionale…

In pratica, Galli della Loggia ci sta dicendo che l’Occidente non è possibile (non può, non vuole, ecc) condurre alcun conflitto senza lasciarsi andare a violenze efferate. 

Questa è la figura che ha coordinato i lavori per elaborare quale Storia andrà raccontata a dei bambini, o poco più. Già inquietante di suo, se solo non fosse che il documento licenziato dal governo è ancora più preoccupante. Perché questo tipo di suprematismo occidentale è già messo in bella mostra nella prima frase della sezione relativa: “Solo l’Occidente conosce la Storia“. 

Non dovrebbe essere nemmeno necessario spiegare come la perentorietà di questa affermazione mostra alla luce del sole un senso di “superiorità” – culturale e d’altro tipo –  tale da sfiorare il razzismo, che in genere dovrebbe sposarsi male con la pretesa di essere ‘la democrazia’. Ma questo è il segno dei tempi, in cui la crisi egemonica dell’Occidente costringe chiunque ad affermare – o negare – la separazione/contrapposizione tra ‘giardino’ e ‘giungla’.

Il discorso degli estensori del documento prova a giustificare, minimalizzandolo, tale obbrobrio. A loro avviso, “altre civiltà hanno conosciuto qualcosa che alla storia vagamente assomiglia, come compilazioni annalistiche di dinastie o di fatti eminenti succedutisi nel tempo; […] altre civiltà, altre culture, hanno assistito a un inizio di scrittura che possedeva le caratteristiche della scrittura storica“.

Come a dire, le comunità del passato erano poco più che primitivi con sassi e clave, che a malapena riuscivano a concepire e registrare, figuriamoci a problematizzare, lo scorrere del tempo e il legame tra gli eventi del passato con quelli del presente. Da questo discorso è escluso, guarda caso, l’Occidente, che da due mila anni invece spadroneggia intellettualmente sul resto del mondo. Scrivono proprio questo:

È attraverso questa disposizione d’animo e gli strumenti d’indagine da essa prodotti che la cultura occidentale è stata in grado di farsi innanzi tutto intellettualmente padrona del mondo, di conoscerlo, di conquistarlo per secoli e di modellarlo.

Ripeto: non stanno nemmeno più nascondendo il suprematismo razzista, e anzi ci dicono che bisogna insegnarlo a dei bambini. E lo fanno inoltre con una manipolazione culturale sinceramente vomitevole. Ma non starò qui a elencare tutti gli errori in quel che è scritto nelle “indicazioni” della Commissione del ministro Valditara.

Anche io, nelle righe qui sopra, ho chiaramente semplificato dei nodi molto complessi, e perciò finirei col dover scrivere più un trattato di metodologia e storia della storiografia piuttosto che un articolo, e naturalmente non mi sembra il caso. Ma due parole debbono esser dette sulla volgare strumentalizzazione di Marc Bloch.

Bloch – tra molti capolavori della storiografia moderna – è l’autore di un saggio incompiuto, su cui ha lavorato durante la Seconda guerra mondiale: l’Apologia della storia o Mestiere di storico. Un saggio che ancora oggi rappresenta le fondamenta della metodologia per tutti gli storici, e perciò citare Bloch è come voler conferire una sorta di alone di autorità indiscutibile a quel che si dice per affermare tutt’altro.

La citazione estrapolata da quel testo sembra quasi voler istituire una sorta di filo conduttore tra gli antichi greci, l’Impero Romano e il cristianesimo, in un gioco di continuità tra i fasti di Roma e la religione cattolica che, peraltro, ritorna in tante parti del documento. E che ha un chiaro sapore di nostalgia del Ventennio.

Ma, al di là di questo, usare una frase in maniera così decontestualizzata è una vera e propria violenza contro il lavoro di Bloch, che era appunto un lavoro di attenta problematizzazione del ruolo dello storico e della ricostruzione storiografica. A confermare la malafede e anche l’ignoranza di chi c’è dietro questo documento ci pensa una frase a pagina 69:

La storia, come si mostra nei grandi testi che l’hanno raccontata, intesa cioè come indagine e ragionamento intorno agli avvenimenti, al loro svolgimento, alle forze che li hanno prodotti e alle qualità dei loro protagonisti, si è sempre accompagnata anche a un giudizio morale su quanto era oggetto del suo racconto. In questo modo essa ha rappresentato una pagina decisiva del modo come si è costruita non solo la nostra comprensione del mondo, ma la stessa nostra consapevolezza del bene e del male.

Il rimando allo scontro tra il “bene” e il “male” va bene per la messa domenicale, o per alimentare la logica dello scontro tra blocchi geopolitici. Ma Bloch non avrebbe saputo che farsene di un discorso del genere, se messo in relazione all’insegnamento della storia. Scriveva infatti del lavoro dello storico:

Ci sono due modi di essere imparziali: quello dello studioso e quello del giudice. […] Quando lo storico ha osservato e spiegato, il suo compito è concluso. Al giudice tocca ancora emettere una sentenza. […] Ebbene, per lungo tempo lo storico è stato considerato una specie di giudice degli inferi, incaricato di distribuire elogi o biasimi agli eroi morti. […] Siamo davvero tanto sicuri di noi stessi e del nostro tempo, da separare, nella folla dei nostri padri, i giusti dai dannati?

Lo storico non deve giudicare, ma deve comprendere: è questo il messaggio fondamentale di Bloch. Lo studio della Storia deve servire a comprendere il passato, a formare una coscienza critica del presente nel futuro membro di una collettività. Associargli l’atto del giudizio morale significa cancellare la determinazione storica del sistema culturale e di valori del periodo studiato.

È chiaro che, però, dare una lettura moralistica del passato, valida per ogni tempo e luogo, facilita la legittimazione del suprematismo occidentale: se oggi l’Occidente viene propagandato come il “bene“, in quanto casa della ‘democrazia’ e dei ‘diritti’ (che peraltro va cancellando a velocità crescente), allora ogni momento della sua storia lo deve aver portato a questo fine. E dunque, anche i crimini di guerra passati e magari futuri possono essere scusati in quanto “utili”.

Tutti noi, leggendo dei fatti e delle figure del passato, abbiamo dato un’opinione. Ma non va confuso il giudizio morale (obbligatorio per tutti) che si impone nel documento governativo con la valutazione politica (ovviamente discrezionale e soggettiva; libera, insomma). Pensare e problematizzare il passato per tentare di avere migliori strumenti per agire nel presente in funzione dell’emancipazione e della pace è invece un atto tutto politico. Nobile, peraltro.

Chiudo ricordando gli ultimi anni di Bloch, che sono un po’ una sorta di esemplificazione di quel che ho detto qui sopra (senza pretendere che Bloch sarebbe stato d’accordo con me in tutto, non mi chiamo Galli della Loggia e non resuscito i morti per inculcare ai vivi le mie visioni). Lo storico che affermava che il suo compito era quello di comprendere, non di giudicare, è morto fucilato dai nazisti. Non per caso…

Bloch, di origini ebree, è entrato nella resistenza francese a cavallo tra il 1942 e il 1943, a 56 anni. Ha svolto ruoli attivi e centrali nella lotta condotta nei dintorni di Lione. È stato catturato dalla Gestapo, torturato per 3 mesi e infine fucilato. È stato uno storico che voleva comprendere il passato, ma quando è stato necessario è stato anche partigiano nel suo presente, contro il nazifascismo.

Un esempio per tutti noi, non certo per Valditara e Galli della Loggia…

Nessun commento:

Posta un commento