“Il
virus non ferma le esercitazioni: attività militare intensa dal 6
aprile al 9 giugno. Ecco dove finiscono i soldi sottratti alla sanità:
da domani due mesi di esercitazioni sui cieli della Sardegna. In barba
all'emergenza sanitaria e alla crisi economica.”
Così inizia la denuncia AFORAS, movimento contro l’occupazione militare della Sardegna, in un comunicato diramato domenica sera. Contemporaneamente il governo sardo tenta, attraverso una delibera, di mettere la maggioranza della popolazione “[a]gli arresti domiciliari”.
Così inizia la denuncia AFORAS, movimento contro l’occupazione militare della Sardegna, in un comunicato diramato domenica sera. Contemporaneamente il governo sardo tenta, attraverso una delibera, di mettere la maggioranza della popolazione “[a]gli arresti domiciliari”.
A
sostenere quest’accusa non è un qualche ‘pericoloso movimento
antagonista’ bensì l’ex presidente della prima sezione civile della
Corte d'Appello di Cagliari: Gian Giacomo Pisotti. Questa evidente
ingiustizia fa emergere la condizione di subalternità coloniale alla
quale la
Sardegna è sottoposta. La popolazione a casa mentre i militari arrivano dall’Italia e, probabilmente anche dall’estero, per fare i loro giochi di guerra.
Sardegna è sottoposta. La popolazione a casa mentre i militari arrivano dall’Italia e, probabilmente anche dall’estero, per fare i loro giochi di guerra.
Mentre
il governo nazionale è impegnato a decidere cosa e quando riaprire c’è
un settore che non va mai in crisi il cosiddetto comparto della difesa,
l’industria della guerra. In piena emergenza sanitaria lo
stato Italiano si prepara a spostare un gran numero di uomini e mezzi
nell’isola per esercitazioni militari, con buona parte della popolazione
sull’orlo del baratro economico e sociale, costretta a tirare la
cinghia e restare segregata in casa. Proprio in un momento in cui “i nostri ospedali hanno un disperato bisogno di risorse economiche per far fronte alla crisi.” Questa è la denuncia di AFORAS che ha fatto una richiesta semplice: più ospedali e meno militari, basta con lo sperpero inutile di soldi pubblici.
In questo contesto la politica della giunta regionale è continuare
a diffondere il panico tra la popolazione e inasprire i divieti per
nascondere il disastro sanitario nel quale è stata lasciata l’isola. Come
testimonia il divieto assoluto imposto dalla regione agli operatori
sanitari di parlare pubblicamente delle carenze nel sistema sanitario
locale. Un vero e proprio bavaglio corredato di minacce di provvedimenti
disciplinari per il personale in prima linea per combattere il virus.
Intanto
in Sardegna aumentano le restrizioni ma solo per la popolazione civile.
La regione attraverso l’ordinanza del presidente Solinas (n. 17 del 4
aprile 2020) dispone nuove limitazioni che tenta di mettere agli arresti
domiciliari la popolazione. “Uscire dalla propria
abitazione è consentito, per l’approvvigionamento alimentare a una sola
persona del nucleo familiare una sola volta al giorno. Impone
ai possessori di orti, vigneti o attività di coltivazione il permesso
di uscire a un componente per nucleo familiare anche questo non più di
una volta giorno e solo se questa attività è indispensabile per la
sussistenza della famiglia.” Infine consente la
possibilità di uscire in prossimità della propria abitazione solo in
caso di “persone affette da gravi patologie, che, per certificazione
medica, richiedano la necessità di uscire una volta al giorno”
.
Il tentativo, seguendo la denuncia pubblicata sui social network dall’ex presidente della Corte d'Appello di Cagliari, sarebbe quello di segregare la popolazione, impedendo anche “la modesta attività motoria sotto
l’abitazione, consentita dall’ordinanza nazionale”. Su questo punto
controverso si è dovuto esprimere lo stesso presidente della regione
specificando che: “L’autorizzazione esplicita è necessaria solo per i
soggetti che non possono stare soli per motivi terapeutici. Per tutti
gli altri funziona il buon senso: si può fare la passeggiata entro i 200
metri, possibilmente con la mascherina e mantenendo il distanziamento”.
Un’evidente retromarcia per la pioggia di critiche che avrebbero potuto
investire la regione per l’ennesima restrizione proprio quando paradossalmente, lo stato proseguirà con lo spostamento di contingenti militari verso l’isola.
Come quelli che si sono spostati l’otto marzo dalla Sicilia per
arrivare in Sardegna, tra l’altro scatenando il panico a Palermo. Si
preparano esercitazioni militari in un periodo in cui le stesse nazioni
unite hanno chiesto un cessate il fuoco su scala globale per
concentrare i propri sforzi nella lotta al virus.
Mezzi militari attraversano Palermo 8 marzo 2020
AFORAS sostiene che proprio la quarantena per la popolazione consentirà ampia libertà di manovra ai mezzi militari e che: “L'istituzione
del corridoio aereo in questione, non è un fatto comune: avviene
soprattutto in occasione di grandi esercitazioni, come durante la Joint
Stars svoltasi tra il 13 e il 31 maggio 2019.” “In quell’occasione più
di 2 000 uomini, non solo dell’esercito italiano invasero l’isola”, il
controsenso è evidente si chiede un grande sacrificio sociale a tutta
la popolazione con limitazioni e restrizioni enormi per evitare la
diffusione del virus ma si spostano migliaia di militari nell’isola.
Quali sarebbero i rischi per la popolazione se tra il personale militare
ci fossero delle persone infette? Queste risorse utilizzate per spese
militari non sarebbero potute essere invece impiegate per interventi
nella sanità di cui, non solo l’isola, c’è un urgente bisogno,
specialmente in un periodo di emergenza come questo?
Inoltre
la Sardegna dovrà utilizzare i posti letto degli ospedali privati a
fronte dell’indisponibilità del ministero della difesa a mettere a
disposizione gli ospedali militari nell’isola per la popolazione civile. La
regione intende pagare per utilizzare i diversi ospedali privati come
il Mater Olbia Hospital, il Policlinico Sassarese e la Clinica Città di
Quartu. Stando alle informazioni che circolano su diversi quotidiani
locali il costo che la regione dovrà sborsare per ogni posto letto arriverà sino a 900€ al giorno.
Una spesa notevole a fronte di reparti che non sono ancora pronti per
ricevere i malati per l’assenza di: macchinari per la diagnosi;
apparecchiature per le terapie intensive; personale medico. Infatti i
macchinari saranno comprati con soldi pubblici e il personale si
troverà, come già avvenuto ad Olbia e a Sassari, tra le fila dei medici
militari.
Tutto
questo nonostante la Sardegna abbia un numero enorme di posti letto
disponibili negli ospedali militari, ben 1065 su un totale di 5723 su
tutto il territorio dello stato. Tuttavia a inizio marzo il sottosegretario alla Difesa Giulio Calvisi,
ha dichiarato che le strutture ospedaliere-militari sarde accoglieranno
solo i militari di stanza nell’isola. Una presa di posizione che è
possibile comprendere solo alla luce delle manovre militari che si
stanno preparando in questo periodo.
Questi sono i fatti, per quanto possano sembrare surreali. Tali contraddizioni svelano il vero volto di un dominio coloniale dello stato sulla popolazione sarda. Popolazione che combatte contro l’epidemia con le pochissime risorse disponibili. In
un momento di crisi medica, ma soprattutto sociale, enorme lo stato
getta la maschera e mostra tutta l’indifferenza per le necessità della
popolazione. Il vero interesse nei confronti della Sardegna è lo
sfruttamento del territorio per fini bellici e strategici, oggi come
ieri, anche a scapito delle finanze regionali e della salute pubblica.
Pensiamo sia giusto concludere rilanciando le rivendicazioni che il movimento AFORAS ha da tempo formulato rispetto all’occupazione militare nell’isola: Smettere, dismettere e bonificare, blocco delle esercitazioni, la completa dismissione dei poligoni, il risarcimento delle popolazioni da parte di chi ha inquinato e la bonifica dei territori compromessi.
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